16 giugno 1972. La grande retata alla Statale di Milano: 490 fermi, 30 feriti

Serrata all’Università Statale dopo l’aggressione poliziesca di ieri. Sulla porta il rettore ha fatto affiggere il cartello “l’università è chiusa fino a nuova disposizione. All’interno squadre di operai stanno rimuovendo i vetri infranti e le macerie, segno della devastazione compiuta ieri dalla polizia nel suo intervento da regime  sudamericano. Ecco come si sono svolti i fatti.  

Il presidio antifascista

Alle ore 15 era stata convocata dal movimento studentesco della statale un’assemblea per rispondere alla marcia organizzata dai fascisti per lo stesso pomeriggio che avrebbe dovuto concludersi in piazza S. Stefano a due passi dalla Statale. Il corteo fascista era stato preannunciato da una dichiarazione di Pisanò, fatta all’indomani del discorso di Firenze di AImirante, in cui minacciava di scatenare gli squadristi contro l’università se il governo non avesse proceduto a sgomberarla dai « rossi ».

Nei giorni scorsi la questura aveva vietato la manifestazione fascista ed i fascisti avevano accettato questo divieto senza battere ciglio. Ora si capisce anche il perché: la questura aveva la precisa intenzione di compiere direttamente l’assalto, impiegando mezzi ‘e uomini di cui i fascisti non avrebbero mai potuto disporre. Per respingere qualsiasi tentativo di provocazione che potesse venire dai fascisti, il movimento studentesco aveva convocato l’assemblea popolare e aveva deciso per le ore 17 di presidiare in massa piazza S. Stefano. Si aspettavano le squadre fasciste, non potevano immaginarsi di dover fare i conti con interi reggimenti di “nuovi fascisti” armati di tutto punto.

L’attacco a freddo

L’attacco è partito a freddo, in modo preordinato e provocatorio alle ore 16,10. Mentre 3.000 persone erano riunite in aula magna per l’assemblea, il questore Allitto Bonanno si è presentato alla porta della Statale presidiata dal picchetto antifascista del Movimento Studentesco. Ad un tratto si è messo a urlare che non l’avevano lasciato entrare, che si impediva a un libero cittadino di accedere all’università. Alcuni esponenti del movimento studentesco subito accorsi, insieme al compagno avvocato Janni, gli hanno spiegato che non era stato riconosciuto e che il picchetto era necessario per impedire le provocazioni fasciste.

A questo punto il questore ha trovato un nuovo pretesto. Le bandiere rosse esposte alla finestra. Bisognava toglierle immediatamente. Mentre i compagni discutevano con lui e con il commissario della politica Pagnozzi se era legale o no l’ordine di togliere le bandiere, si sono uditi sparare i primi candelotti lacrimogeni. La polizia, che nel frattempo aveva circondato in forze l’università, stava entrando dalla porta n. 3 di via Festa del Perdono. L’assalto è cominciato così: senza preavviso, senza ragione, senza neppure un pretesto plausibile, sparando lacrimogeni a tutto spiano, nei cortili, ma anche al chiuso nei corridoi un primo gruppo di poliziotti è giunto davanti all’aula magna dove si stava svolgendo l’assemblea.

Le testimonianze dei compagni

«Eravamo tutti riuniti lì dentro – raccontano i compagni – quando abbiamo cominciato a sentire i primi spari, mentre l’aria si faceva irrespirabile. Poi i candelotti sono cominciati a piovere dentro l’aula. Questo primo attacco poliziesco è stato respinto. I poliziotti hanno dopo poco dovuto ritirarsi malconci all’esterno dell’università. Nel frattempo la coltre di gas era divenuta così spessa che era impossibile rientrare. I compagni sono sfollati dall’aula magna per non rimanere soffocati, ma non hanno potuto uscire dall’università perché la polizia stava controllando tutte le uscite. Mentre i compagni dentro erano chiusi in trappola, un cordone di poliziotti tutto intorno all’università teneva a bada gli altri compagni che, alla notizia, stavano affluendo da tutta Milano. Fra l’esterno e l’interno era rotta qualsiasi comunicazione.

Le cariche all’esterno

Anche fuori dell ‘università ci sono state cariche e arresti; verso le 18 in largo Richini, e poi giù fino a Porta Romana, dove gruppi di compagni hanno ingaggiato scaramucce con la polizia. Abbiamo visto gente fermata senza alcuna ragione mentre passava per la strada, ragazzi messi contro il muro, perquisiti ed arrestati, candelotti sparati ad altezza d’uomo.
Frattanto la polizia aveva fatto nuovamente ingresso nella Statale ed aveva dato inizio ad una colossale operazione di rastrellamento. Tutte le persone che sono state trovate all’interno dell’università sono state prese dai poliziotti e ammassate in un cortile interno, mentre in alto sul ballatoio, tutto intorno, gli agenti armati controllavano la situazione. La caccia all’uomo lungo i corridoi e le aule dell’università ha avuto degli aspetti incredibili.

Pestata una professoressa

I poliziotti sono penetrati nei locali dove si trovava il personale non insegnante ed hanno condotto anche loro all’ammasso. Poi ai piani superiori sono penetrati in due aule dove si stava svolgendo la prova scritta di francese, alla presenza dei professori Carofiglio e Baratti. All’irruzione della polizia nell’aula la professoressa Baratti ha detto: «State indietro qui si sta tenendo un esame». «Un esame di guerriglia?” ha risposto l’ufficiale e subito dopo l’insegnante è stata colpita col calcio di un fucile. Tutti gli studenti dell’esame sono stati condotti anche loro nel cortile.

Qui è cominciato lo sgombero. Ad uno ad uno tutti i presenti venivano ammanettati e spinti verso l’uscita tra due ali di poliziotti che li colpivano con manganellate alla testa e sulla schiena. Poi venivano caricati sui pullman della PS. I poliziotti agivano senza alcun freno, bastonavano e sparavano lacrimogeni come più a loro faceva senza rispettare nemmeno le donne incinte. Esponenti del PCI e del PSI, come Enrico Porro e Carlo Cuomo sono stati anche loro ammanettati e portati in questura insieme a numerosi rappresentanti di consigli di fabbrica che erano venuti per l’assemblea.

Allontanati i giornalisti

I giornalisti sono stati allontanati non appena qualcuno, dal loro gruppo, ha gridato: “smettetela” a dei poliziotti che stavano pestando un compagno. Persino il sostituto procuratore della repubblica che in qualche modo cercava di limitare la furia dei poliziotti è stato afferrato per il bavero con fare minaccioso da un commissario della politica.

Per almeno due ore c’è stato l’andirivieni dei pullman della polizia carichi dei fermati, che venivano portati in questura e nella caserma di PS S. Ambrogio. In questo modo la Statale è stata completamente evacuata e chiusa. I fermati, che secondo la polizia sarebbero 490, sono stati tutti rilasciati in serata dopo essere stati identificati, tranne due compagni che sono stati tratti in arresto.

Questo fatto dimostra ancora una volta il carattere di pura e gratuita violenza di tutto l’attacco; ai fermati infatti non avevano alcun reato da contestare. Alla sera si è tenuta un’assemblea convocata d’urgenza dal movimento studentesco alla camera del lavoro, in cui, oltre alle numerose testimonianze sull’assalto poliziesco, è stata portata la solidarietà di alcuni consigli di fabbrica e l’appoggio ufficiale del PCI, espresso dal parlamentare Malagugini. Nel corso dell’assemblea il movimento studentesco ha chiesto ai sindacati di dichiarare sciopero nelle fabbriche contro l’aggressione del pomeriggio.

La rivendicazione del questore

Le prese di posizione ufficiali che si sono conosciute stamattina hanno qualcosa di allucinante (ma non lo sono: la fascistizzazione marcia secondo tappe precise e preordinate). Il questore Allitto Bonanno ha avuto il coraggio di affermare che “in uno stato democratico il compito di garantire l’ordine spetta alle forze di polizia. Per questo ha deciso di riempire di gas una normale assemblea e di sfasciare l’università. Anche il prefetto Libero Mazza, che ieri ha ricevuto una delegazione di sindacalisti, ha sostenuto che la polizia era stata aggredita e che aveva fatto bene a procedere a fermi indiscriminati.Le reazioni delle varie forze politiche appaiono invece più moderate. Lo stesso Partito Liberale ha parole di lievissima dissociazione dall’operato poliziesco. L’unico ad approvare incondizionatamente l’azione del questore e ad additarlo ad esempio è stato il fascista Servello, federale milanese del MSI.
FONTE LOTTA CONTINUA, 18 giugno 1972

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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