18 aprile 1978: farsa del lago della Duchessa e scoperta di via Gradoli

lago della duchessaIl corpo di Aldo Moro è stato affondato nel lago della Duchessa.
La notizia contenuta in un comunicato delle Br avvia febbrili consultazioni in casa dc e fa sospendere i lavori del comitato centrale comunista. Qualche esponente politico esprime già preoccupazione per il dopo-Moro.

Un falso grossolano

Il comunicato n.7 delle Br è un falso grossolano validato dal Viminale per simulare lo “scenario di morte”. Vi si annuncia l’avvenuta uccisione mediante “suicidio” di Aldo Moro. La sua salma sarebbe stata affondata nei “fondali limacciosi” del lago della Duchessa in provincia dì Rieti. “E’ soltanto l’inizio di una lunga serie di  ‘Suicidi’», scrivono le presunte Br. “Il suicidio non deve essere soltanto una prerogativa del gruppo Baader Meinhof“.

Su questo episodio non è mai stata fatta piena luce. Ci chiediamo come mai i tanti cultori dei misteri di Moro si siano poco applicati a questa grottesca vicenda. Hanno ripestato all’infinito la stessa acqua limacciosa della “caduta” del “covo” di via Gradoli, successa in perfetta coincidenza con questa operazione sporca.
Il messaggio era manifestamente inattendibile per molti motivi. A partire dalla semplice evidenza che in un lago ghiacciato un cadavere non può affondare. Eppure il Viminale accredita il volantino e invia centinaia di uomini e ingenti mezzi che restano sul posto per molte ore.

La provocazione di Paghera

Sull’origine del comunicato, all’inizio, fra le ipotesi più accreditate ci fu quella di un falso. Redatto però dalle Br, per distrarre l’attenzione delle forze dell’ordine al fine di trasferire Moro in un’altra prigione. Altri affermarono potesse trattarsi di un messaggio redatto dai servizi segreti. Per disorientare le Br, come suggerito a suo tempo dal giudice Claudio Vitalone. Varie ipotesi, più o meno verosimili, sono state avanzate nel corso degli anni per spiegare l’episodio.

Tra le tante va segnalata quella prospettata dal “pentito” di Azione rivoluzionaria Enrico Paghera. Il collaboratore di giustizia dichiarò al giudice PierLuigi Vigna di ignorare l’autore del famoso comunicato. La telefonata di rivendicazione del volantino, con l’annuncio dell’abbandono del cadavere di Moro nel lago, era stata però fatta in sua presenza da un compagno di Azione rivoluzionaria, Gugliermo Palleja.

Questa ipotesi è stata raccolta dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Moro. Tuttavia nel giugno 1988 Paghera confesserà a una giornalista di Panorama di aver a suo tempo ricevuto in carcere la visita di un capitano dei carabinieri. L’ufficiale con il quale egli era in contatto gli avrebbe ordinato di fornire al giudice la falsa informazione.

Il falsario Chicchiarelli

Nel frattempo, le indagini sulla rapina alla Brink’ s Sekurmark, avvenuta a Roma nel marzo 1984 (bottino 34 miliardi) hanno rafforzato l’ipotesi che l’autore del famoso comunicato sia stato Tony Chichiarelli, poi ucciso in circostanze misteriose. L’uomo, legato ai servizi segreti e alla banda della Magliana, era l’organizzatore della rapina. Durante il “colpo” erano stati lasciati cadere alcuni oggetti, pallottole, ritagli di foto polaroid, ecc … chiaramente riferibili al caso Moro.
Chichiarelli risultò autore anche di alcune schede fatte trovare, insieme ad oggetti che alludevano al caso Moro, in un borsello scoperto in un taxi e poi consegnato ai carabinieri. Emerge insomma una vasta azione ricattatoria i cui contorni non sono chiari, e sembrerebbero suggerire collegamenti fra criminalità organizzata, servizi segreti e caso Moro.

Il covo di via Gradoli

Su segnalazione dei pompieri, intervenuti per una perdita d’acqua, la polizia perquisisce finalmente l’appartamento di via Gradoli 96 usato da Mario Moretti per i suoi pernottamenti romani. Il “leader” brigatista conduce gli interrogatori al “prigioniero del popolo” ma non dorme mai a via Montalcini, in osservanza delle norme di sicurezza per la “riduzione dei rischi” connessi a un’operazione così complessa e che ha scatenato una straordinaria mobilitazione delle forze dell’ordine.

Gli agenti scoprono armi, esplosivo e un quantitativo tale di altro materiale (compresi documenti riservati) che nei verbali di sequestro sono annotate ben 1115 voci. La perizia sulle cause dell’incidente domestico esclude del tutto i film Luce prodotti a raffica in questi anni: non c’era nessun marchingegno per forzare l’allagamento. Del resto sarebbe stata del tutto incomprensibile e demenziale una decisione dei brigatisti di far scoprire il covo.

Cadono infatti materiali logistici e documenti politici tanto utili all’organizzazione quanto preziosi per gli inquirenti sul piano investigativo. Le circostanze della scoperta (perdita d’acqua per rubinetto lasciato aperto, intervento dei Vigili del fuoco per chiamata dell’inquilino del piano di sotto, comportamento della polizia che avrebbe ignorato precedenti segnalazioni) susciteranno molte polemiche che non troveranno riscontri positivi.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “18 aprile 1978: farsa del lago della Duchessa e scoperta di via Gradoli

  1. Salve Ugo,in questi tempi di tanto,troppo tempo libero mi sono messo a rileggere sulla presunta,agli atti giudiziari “vera”, prigione del popolo di Aldo Moro in via Montalcini…Un vero mistero….E’ probabile che sia stato in 3 o 4 “prigioni” ma in realta’ il” carcere del popolo” fantasma in via Montalcini e’ diventato un mito,l’inconscio di tutti noi…ognuno ha un luogo oscuro dove nasconde i suoi punti piu’profondi,le paure…

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