Il saluto romano a Rastrelli e certa implacabile ipocrisia antifascista

antonio rastrelli

Ha suscitato scalpore, con codazzo di polemiche da parte delle custodi del sacro fuoco antifascista, il rito del presente ai funerali di Antonio Rastrelli. Un ragazzo di Salò approdato al governo della Regione Campania e poi al ruolo di sottosegretario grazie a quel geniale cazzaro di Silvio Berlusconi. Restando intimamente fascista eppur sempre rispettoso della ritualità repubblicana.

Un gentiluomo di antico stampo, come riconoscono gli stessi avversari politici, a cominciare da Antonio Bassolino. Eppure in tanti, e neanche fessi, sono cascati dal pero. Come se l’essere persone garbate, colte, civili, fosse incompatibile con la continuità ideale alla scelta giovanile di stare dalla parte del torto.

Il Pci e il distacco dallo stalinismo

E quindi una riflessione va fatta sul diverso modo di essere postcomunisti e postfascisti in Italia. Perché il Pci ha avuto una lunga decantazione. Da Salerno 1944 all’ottavo congresso, passando per l’epurazione dell’apparato secchiano per lo scandalo Seniga. Così il Pci toglattiano aveva imparato a prendere le distanze dall’opprimente leadership staliniana e stalinista. E quindi, ancora nell’Europa divisa in blocchi, il pupillo di Giorgio Amendola poteva essere accolto come autorevole riferimento per gli apparati atlantici. Così, durante il sequestro Moro, Giorgio Napolitano partiva per un tour nei college americani. Al tempo stesso il vecchio compagno operaio Salvatore Cacciapuoti, responsabile della disciplina di partito, volava a Praga. Con il compito di chiedere ai servizi cecoslovacchi di chiudere il santuario dei profughi secchiani che fungevano da retroterra logistico per le Brigate Rosse. Puoi quindi aver applaudito i carri sovietici che schiacciano i ragazzi di Buda e passare tranquillamente dal Viminale al Quirinale.

Una pena inestinguibile

Dall’altra sponda del fiume, no. La dichiarata volontà di un perfetto notabile repubblicano di essere salutato, nel momento dell’addio, a modo suo, scopre un nervo del “politicamente corretto” all’italiana. Non importa che hai risciacquato i panni neri nelle acque di Fiuggi e hai seguito Fini dopo il muro del pianto di Gerusalemme. Né tantomeno che hai servito le istituzioni repubblicane con onore e dignità per decenni. Se a 90 anni vuoi ancora essere salutato come il “ragazzo di Salò” che sei stato, niente, non meriti pace né rispetto.

Contestata l’implacabilità, del tutto insensata, dell’ortodossia antifascista resta ovviamente aperto il tema di certo nicodemismo neofascista. La scelta di chi ha ritenuto di restare fedele all’idea pur accettando tutti i rituali di purificazione imposti. Viene da sorridere ripensando alla piccola furbizia di Ignazio La Russa e della sua carezza in pugno. E all’incazzatura odierna di certi camerati duri e puri…

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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