18.4.74, le Brigate Rosse sequestrano a Genova Mario Sossi

mario sossi

Il 18 aprile, lo stesso giorno dell’insediamento di Agnelli alla presidenza della Confindustria, un nucleo delle BR sequestra Mario Sossi. Con questa azione le BR tendono ad uscire dalla logica fabbrichista e particolaristica che le aveva caratterizzate fino a quel momento, per portare direttamente l’attacco allo stato colpendo quello che ritengono il suo anello più debole: la magistratura.

Le ragioni della scelta

Più tardi, in un opuscolo spiegheranno.

contro ogni tendenza difensivista o liquidazionista che assume la crisi a pretesto per rinunciare alla lotta e cercare il compromesso, abbiamo voluto, colpendo la figura del sostituto procuratore dottor Mario Sossi, colpire un centro vitale del processo di controrivoluzione. E siamo passati all’attacco proprio ora, in questo cupo clima del referendum, perché siamo convinti che la Classe Operaia e il Movimento Rivoluzionario si trovano di fronte proprio ora ad una fase nuova della guerra di classe. Una fase in cui noi delle Brigate Rosse riteniamo che:
– all’accerchiamento strategico delle lotte operaie si risponde estendendo l’iniziativa rivoluzionaria ai centri vitali dello stato; – questa non è una scelta facoltativa, ma una scelta indispensabile per mantenere l’offensiva anche nelle fabbriche;
– al processo di controrivoluzione che si presenta come movimento globale va contrapposto un movimento di resistenza strategica.

Una figura di secondo piano

È Sossi una figura di secondo piano, un mediocre magistrato che ha avuto tuttavia l’occasione di andare piú volte alla ribalta della cronaca come elemento di punta della repressione giudiziaria contro la sinistra. Già appartenente all’organizzazione fascista FUAN, e di questa rappresentante eletto al parlamentino universitario di Genova, è ora iscritto all’UMI, la piú a destra delle associazioni dei magistrati.
Tutte le più grosse inchieste sulle piste rosse passano per la sua scrivania. È stato il dottor Sossi a far arrestare il partigiano Lazagna, Ciruzzi, Marisa Calimodio e Vittorio Togliatti nel 1972. E’ lui che, in un momento di euforia, aveva dichiarato di poter far arrestare 5.000 extraparlamentari in pochi minuti e che, dopo l’uccisione di Calabresi, si era procurato una pistola dicendo che avrebbe sparato al primo che lo avesse guardato “storto.”

Il dottor Manette

E’ ancora lui a far pervenire avvisi di procedimento a Dario Fo e Franca Rame, per la loro attività di assistenza ai carcerati, ed a coinvolgere una studentessa che sull’argomento stava preparando la tesi di laurea. Il suo rigore inflessibile, il suo puritanesimo lo avevano portato a processare decine di giornalai colpevoli di vendere giornali ritenuti osceni e a rendersi protagonista di episodi sconcertanti come quello in cui contestava due contravvenzioni per guida pericolosa e sorpasso in curva ad un conoscente che, credendo di fargli una cosa gradita, gli aveva offerto un passaggio in automobile.

Il processo 22 ottobre

Ma il suo capolavoro era ritenuto senza dubbio il processo contro il 22 Ottobre, da poco concluso. In quella occasione aveva chiesto quattro ergastoli e molti secoli di galera, tentando anche di coinvolgere nella montatura tutta la sinistra italiana. Nell’occasione arrivava a definire il gruppo 22 Ottobre la punta di un “iceberg polipiforme.”
Per tutti questi motivi si era guadagnato il soprannome di dottor manette. Tutta Genova, specialmente nei quartieri proletari, era piena di scritte che esprimevano odio verso di lui: SOSSI FASCISTA SEI IL PRIMO DELLA LISTA; SOSSI SEI NERO TI ASPETTA IL CIMITERO; SOSSI BOIA ecc.

Spesso sui muri era raffigurata la sua effigie impiccata. Durante il processo d’appello del 22 Ottobre veniva affisso per tutta Genova, ed anche nei pressi della sua abitazione, un manifesto di AO – LC – Manifesto che cosí ammoniva: “SONO I SOSSI, GLI SPAGNUOLO, I CALAMARI CHE DEVONO RISPONDERE OGGI DELLE LORO PERSECUZIONI ANTIPROLETARIE, DELLE LORO MACCHINAZIONI REAZIONARIE.”
Era insomma, come riferisce “Gente,” “l’uomo piú odiato d’Italia.”
Ciononostante, o forse proprio per questo, le reazioni al suo sequestro sono tutte di condanna.

La condanna dei gruppi

Lotta Continua, la quale aveva in buona parte contribuito a rendere famoso il personaggio e da questi aveva ricevuto diverse querele per articoli ritenuti diffamatori, si considera oggetto di una provocazione che tende a coinvolgerla. Non tarda quindi ad esprimersi con una chiara presa di posizione: “questa azione ha uno squisito sapore di provocazione […]. Si tratta di un personaggio scelto su misura per accreditare la tesi di un sequestro politico programmato e compiuto dalla sinistra.” (…) Ma il più duro di tutti è senz’altro “il Manifesto” con un titolo a tutta pagina in larghezza e un terzo di pagina in altezza: I PROVOCATORI FASCISTI CHE HANNO RAPITO SOSSI MINACCIANO DI UCCIDERLO FINGENDO UN RICATTO POLITICO. È LA STESSA MANO DELLA STRAGE DI STATO CHE ORA SFRUTTA LA TENSIONE DEL REFERENDUM.

Il comunicato n.1

Alle 7,45 del 19 aprile viene diffuso il primo comunicato:

Comunicato n. 1

Un nucleo armato delle Brigate Rosse ha arrestato e rinchiuso in un carcere del popolo il famigerato Mario Sossi, sostituto procuratore della repubblica.
Mario Sossi era la pedina fondamentale dello scacchiere della controrivoluzione, un persecutore fanatico della classe operaia, del movimento degli studenti, dei commercianti, delle organizzazioni della sinistra in generale e della sinistra rivoluzionaria in particolare.
Mario Sossi verrà processato da un tribunale rivoluzionario. Sin da giovane, Sossi si è messo “a disposizione” dei fascisti presentandosi per ben due volte nella lista del FUAN. Divenuto magistrato, si schiera immediatamente con la corrente di estrema destra della magistratura.
Dicembre 1969: bombe di piazza Fontana. All’interno di un piano di rottura istituzionale ordito dall’imperialismo, l’anticomunista Sossi fa la sua parte e ordina una serie di perquisizioni negli ambienti della sinistra genovese. Applicando le norme fasciste del codice Rocco, fa arrestare l’intero comitato direttivo del PCd’I (m-1), una ventina di compagni, sotto l’accusa di “cospirazione contro lo stato.” Non sazio, fa sequestrare nelle case dei compagni libri di Marx, Lenin, Stalin, Mao e persino dischi di musica popolare.
Febbraio 1970: si scatena la polemica sul diritto di sciopero dei dipendenti dei pubblici servizi. La destra vuole che tale diritto venga negato. Sossi non perde tempo e denuncia l’intera commissione interna degli ospedali psichiatrici di Quarto e Cogoleto per “abbandono collettivo del posto di lavoro.”
Sono i mesi seguenti all’autunno caldo. L’attacco al diritto di sciopero è ciò che chiede a gran voce la borghesia impaurita. E Sossi, da servo ossequioso, esegue! Sarebbe troppo lungo fare il conto delle istruttorie contro operai, sindacalisti e avanguardie politiche.
Ottobre 1970: il movimento di lotta degli studenti non si arresta. Attaccare gli studenti è la parola d’ordine della reazione. Sossi fa arrestare con l’imputazione di rapina tre studenti, rei di aver fatto consumare il pasto gratis ai loro compagni nella mensa della Casa dello studente.
Novembre 1971: è la volta dei giornalai. Ne fa arrestare 9 e li fa processare per direttissima con l’accusa di “avere esposto pubblicazioni oscene.” Il nostro moralizzatore al processo dichiara: “Non abbiamo paura della folla e dei sindacati. I movimenti di piazza non ci spaventano.”
Agosto 1972: il 6 agosto i giornali fanno filtrare la notizia dell’imminente concessione della libertà provvisoria per il comandante partigiano Giovambattista Lazagna, provocatoriamente incarcerato in seguito al caso Feltrinelli. Sossi è in ferie, ma viene immediatamente richiamato in sede da “qualcuno” del SID che, in base all’infame “memoriale” del provocatore Pisetta, lo invita ad emettere un nuovo mandanto di cattura.
Novembre 1972-marzo 1973: processo di primo grado contro il gruppo rivoluzionario 22 Ottobre. Di questo processo, sui retroscena, sugli intrighi politici, sulle varie complicità, daremo la nostra versione alla fine dell’interrogatorio. Per ora, ci basta sottolineare che Sossi, in armonia con tutte le forze della controrivoluzione, mette immediatamente a fuoco la questione centrale che deve essere oggetto del processo: non si tratta di crimini determinati, ma di giudicare e condannare il “crimine” per eccellenza: quello di essersi rivoltati con le armi in pugno all’ordine e alle leggi della borghesia. Siamo al processo di regime!
Marzo 1974: i compagni del processo di appello del gruppo rivoluzionario 22 Ottobre gridano: “Sossi fascista sei il primo della lista.” Lui li denuncia tutti. Ma non serve a nulla: tutti i muri di Genova sono pieni di scritte rosse che ripetono lo stesso concetto. E la sinistra rivoluzionaria, oggi, ha detto basta!
Compagni, la contraddizione fondamentale è oggi quella che oppone la classe operaia e il movimento rivoluzionario al fascio delle forze oscure della controrivoluzione. Queste forze tramano per realizzare, dopo la prova del referendum, una rottura istituzionale e cioè una “riforma costituzionale” di stampo neogollista. E il neogollismo è un progetto armato contro le lotte operaie. Nessun compromesso è possibile con i carnefici della libertà. E chi cerca e propone il compromesso non può parlare a nome di tutto il movimento operaio.
Compagni, entriamo in una fase nuova della guerra di classe, fase in cui il compito principale delle forze rivoluzionarie è quello di rompere l’accerchíamento delle lotte operaie estendendo la resistenza e l’iniziativa armata ai centri vitali dello stato.
La classe operaia conquisterà il potere solo con la lotta armata!
Contro il neogollismo portare l’attacco al cuore dello stato!
Trasformare la crisi di regime in lotta armata per il comunismo!
Organizzare il potere proletario!
Aprile 1974
Avvertiamo poliziotti, carabinieri e sbirri vari che il loro comportamento può aggravare la posizione del prigioniero.

FONTE: Soccorso rosso, Brigate rosse, Feltrinelli, 1976.

Una loquacità spiazzante

Dice Franceschini: «Avevamo sequestrato Sossi nella previsione che non avrebbe parlato e che tutto si sarebbe ridotto ad una trattativa con lo stato per lo scambio di prigionieri. Invece lui cominciò a parlare, ad aprirci nuovi orizzonti, le lotte interne alla magistratura, i rapporti fra servizi segreti e polizia, e noi dovemmo decidere le iniziative immediatamente, senza informare la base. In un certo senso l’esperienza del gruppo storico è finita lì, quel che è venuto dopo è sempre storia delle BR, ma è un’altra cosa».
«E’ così», conferma Semeria, «in quell’episodio non si manifestò solo la contraddizione fra la base e il vertice. Si capì che c’erano delle diversità verticali, due modi di intendere la guerriglia».

FONTE: Giorgio Bocca, Noi terroristi

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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