Le bufale sul caso Moro e il magistero di Sergio Leone: al cuore, Ramon

caso moro
bar Olivetti chiuso il 16 marzo

Tempus fugit. Non ce la possiamo mai fare, accidenti. Uno dei pochi che ha studiato veramente le carte dei processi e delle commissioni parlamentari sul caso Moro – in questo caso Gianremo Armeni, il sociologo che ha pubblicato qualche anno fa “Questi fantasmi. Il mistero di via Fani”, un testo che evoca una delle opere più pirandelliane di Eduardo ma che con rigore filologico smonta il mito dell’ingegnere Maini – non fa a tempo a macellare una bufala che ne spunta un’altra sul caso Moro. Ma procediamo con ordine. Partiamo dalla testimonianza che ieri Armeni offre sulla sua audizione in Commissione (alla fine a qualcosa serve, devo ammettere a malincuore):

Nel corso della mia audizione feci esplicita richiesta al presidente Fioroni di poter visionare il famoso verbale del colonnello D’Ambrosio, sempre sulla bocca di tutti, tuttavia mai uscito dagli archivi dei tribunali. Mi è stato gentilmente inviato dalla segreteria della commissione Moro dopo il parere favorevole dell’Onorevole Fioroni, che ringrazio. Ecco i punti salienti che sfatano le tante mistificazioni comparse sulle pagine della più svariata pubblicistica, di stampo dietrologico nel migliore dei casi, di natura fantasy e infamante nel peggiore:
– D’Ambrosio: “Verso le ore 09:30 è giunto presso la mia abitazione il colonnello Guglielmi Camillo, con sua moglie, che anni prima aveva abitato presso lo stesso stabile e con il quale ero in amicizia. Il colonnello stette presso la mia abitazione con la moglie per tutta la mattinata, e stette con noi a pranzo, e poi nel pomeriggio ripartì per Modena. […[ Non ricordo se il Col. Guglielmi venne presso la mia abitazione per un appuntamento datoci in precedenza, oppure se passò senza appuntamento e poi lo invitai a pranzo. Posso solo dire che con il Col. Guglielmi vi è una grande confidenza”.
– EMERGONO TRE GRANDI VERITA’: 1) Tra i due esisteva un rapporto di amicizia fraterna, tale da consentire al Guglielmi di fare visita al collega in qualunque momento – 2) Non è assolutamente vero che il colonnello D’Ambrosio disse che il collega non era assolutamente atteso, così come tramandato in modo strumentale per 37 anni anche dalle commissioni parlamentari… Riferì semplicemente di non ricordare, cosa del tutto diversa dal negare di aver fatto l’invito – 3) Dulcis in fundo, il colonnello Guglielmi, il mostro graduato che per 8 lustri è stato inserito nelle pagine di storia come il regista della strage, come l’anello di congiunzione tra le istituzioni e le Brigate Rosse, pensate, era a monitorare l’eccidio in compagnia della moglie!
E poi venne il secolo del teatrino creato attorno al bar Olivetti! Achtung, achtung!!!

Bar Olivetti che, diciamolo en passant, risulta rigorosamente chiuso quella mattina, come dimostra la foto scattata la mattina del 16 marzo dalla polizia scientifica, pubblicata negli atti della Commissione Moro e postata stamattina dallo storico Marco Clementi.
Nel corso della discussione sulla pagina facebook di Armeni ecco che arriva ieri sera Paolo Persichetti a metterci in guardia. Siete indietro, ragazzi, ci spiega il blogger di Insorgenze, oggi sugli scudi per lo scoop sui “bravi ragazzi di CasaPound”. L’ultima che si sono inventati è l’autopsia: un killer che ci mette la firma perché di proposito non spara al cuore. Le rivelazioni di un cappellano, anticipate da Dire grazie al trombettiere Grassi, sono state prontamente riprese da Stefania Limiti sul Fatto Quotidiano:

“A don Fabbri dobbiamo essere grati, la sua audizione puo’ essere definitiva di svolta”. Così Gero Grassi, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, dopo la testimonianza di Fabio Fabbri, segretario di Monsignor Cesare Curioni, cappellano delle carceri durante i 55 giorni.
“Don Fabio- spiega Grassi- ci ha dato indicazioni importanti sulla base della confidenza che gli fece Curioni che, foto dell’autopsia alla mano, in particolare quella del cuore, disse ‘io so chi lo ha ucciso, ne riconosco la firma: nessuno dei colpi ha toccato il muscolo cardiaco’. Fabbri ha spiegato che si trattava di un killer professionista che sparava proprio con quella modalita’ divenuta una sua ‘firma’: da ragazzo era stato detenuto al Beccaria di Milano. L’uomo ha vissuto a lungo all’estero. Ora la Commissione compira’ tutti i doverosi passi per seguire le indicazioni di don Fabbri che, alla mia domanda: ci sta dicendo di seguire la pista dell’autopsia?, ha risposto, ‘Proprio cosi’, li’ c’e’ la firma”, conclude Grassi.

In questo caso, però, non serve una particolare conoscenza delle carte processuali o parlamentari. Basta un minimo di cultura cinematografica sui classici del western all’italiana: al cuore, Ramon, se vuoi uccidere un uomo lo devi colpire al cuore

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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