22 novembre 1975. De Luca: Pietro Bruno l’ho mandato a morire io

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Il 22 novembre 1975 i carabinieri uccidono, con colpi di arma da fuoco alla schiena, Pietro Bruno. Il 18enne militante di Lotta Continua della Garbatella, aveva partecipato a un attacco dimostrativo all’ambasciata dello Zaire. Sono passati 45 anni da quel giorno maledetto. Erri de Luca, si è fatto carico di quella tragedia e non riesce a perdonarsi. Anche per questo merita tutto il nostro massimo rispetto. Invece ogni volta che rilancio questo vecchio post innesco la reazione stizzita delle vestali della purezza ‘antisionista’ che addebitano allo scrittore il tradimento della causa palestinese e l’ “intelligenza con il nemico”. Sarebbe invece il caso di provare a ragionare sulla “misura in cui” la violenza poliziesca con cui venivano repressi attacchi simbolici (l’ambasciata dello Zaire, il ministero della Giustizia pochi mesi dopo) abbia contribuito a determinare una precipitazione lottarmatista dello scontro

(…) Non si parte, non si emigra dal sangue, questo so. A differenza dei suoi sparatori, del comunista ragazzo posso declinare le generalità. Si chiama Pietro Bruno ed ha sempre 18 anni. Abitava nel quartiere Garbatella e studiava in un istituto tecnico. Veniva dalle mie fila e su quella salita ce l’ho mandato io. Doveva fare una cosa poco più che innocua, buttare delle bottiglie accese a benzina contro un cancello di una ambasciata. Era stata sguarnita apposta, era una trappola e non ce ne siamo accorti, nè noi nè la staffetta mandata a controllare. A morire ce l’ho mandato io. Se non so perdonare nessuno è perché non sopporto di essere perdonato, né per lui né per altro.

La trappola all’ambasciata

Così quel giorno 22 di novembre dell’anno ’75 una bella folla ingorgava Roma tra Piazza S. Maria Maggiore e Piazza Navona per un motivo oggi inconcepibile: che l’Italia riconoscesse ufficialmente l’Angola, paese africano che si era appena dispensato, con le armi, da qualche secolo di servitù coloniale. Vent’anni fa c’erano ancora le colonie. E c’erano gli studenti che si occupavano in strada di politica estera e andavano a fare una fiammata sul cancello dell’ambasciata dello Zaire che insieme al Sudafrica attaccava l’Angola che si era liberata dal dominio portoghese. E c’era una polizia che sparava su di loro, ed era così che si viveva e si moriva. Non voglio indignare nessuno con lo scambio ineguale tra bottiglie e proiettili. Esso è apparente, perché nessuna folla sa mantenersi inerte nella sproporzione. O si scioglie o va a coprire il disavanzo. La vedemmo in quegli anni ispessirsi e rispondere.

Novembre, il mese dei morti

In quello stesso mese di novembre  un gruppo di fascisti  ammazza sotto casa un ragazzo, Antonio Corrado. Lo avevano scambiato per un nostro compagno. Un mese prima, un altro gruppo di fascisti, aveva sequestrato, violentato, ed ammazzato una ragazza, Rosaria Lopez, al Circeo. C’erano i fascisti, venti anni fa. E la gente chiedeva Zaire, Angola, cosa sono? Poi trovava la risposta non in televisione, ma in casa, perché in ogni famiglia c’era almeno uno di questi ragazzi comunisti e se non c’era, peggio per chi non l’aveva, perché quella era la parte migliore della gioventù di questo paese, dal dopoguerra in avanti. La parte migliore compresa quella che è andata alla malora con il terrorismo e con l’eroina. La peggiore è rimasta a casa in quegli anni, la pessima è sugli schermi.

FONTE: coreonline.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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