Julius Evola, il Rinoceronte sull’Asfalto

Anni fa ho tentato di inquadrare la questione del neofascismo italiano da un punto di vista antropologico anziché politico.

Una tesina da primo anno di università: si trattava semplicemente di mettere insieme un po’ di buon senso e quegli strumenti che ormai si applicano a qualunque questione, dalla formazione dei primi regni nell’Antico Egitto alla diffusione dei musulmani neri negli Stati Uniti.

Un testo certamente pieno di imperfezioni, scritto in fretta, e troncato nelle conclusioni perché sono passato poi ad altro.

E’ quindi pazzesco pensare che pare che in Italia nessun altro abbia fatto uno studio del genere.

Cioè, viviamo in un paese di sessanta milioni di persone, dove la quantità di scritti sul neofascismo riempirebbe una piccola biblioteca, e in sessantacinque anni, nessuno ha mai fatto uno studio antropologico sui neofascisti, nemmeno arrivando a conclusioni diverse dalle mie. [1]

E questo ci porta a capire una cosa ben più importante della marginale comunità neofascista italiana.

Esiste un dispositivo che permette di discutere all’infinito di certe questioni, purché entro binari prefissati.

Un meccanismo che si regge sull’autocensura permanente da entrambe le parti.

Nel caso di cui stiamo discutendo, un approccio antropologico alla questione neofascista è impossibile, per la tacita complicità dei contendenti.

Un neofascista può sentirsi nemico del mondo, ma non può mai accettare di essere oggetto di studi antropologici.

Viceversa, l’antifascista ribolle di sdegno e sospetto verso chiunque osi sottovalutare il nemico: l’antifascismo, in fondo, è tanto più urgente più è temibile e incomprensibile l’avversario che lo definisce.

Poi c’è il vecchio vizio umanista italiano, per cui ogni scontro deve essere uno scontro di Idee, che solo casualmente hanno portatori umani; che si mescola paradossalmente con il vizio dietrologico: non c’è da chiedersi perché le persone fanno le cose, ma solo Chi Le Paga.

Torno sull’argomento, perché un nostro amico ha passato allo scanner un articolo di molti anni fa – del 1963! – che crediamo sia una delle cose più interessante mai scritte su Julius Evola, un autore il cui nome viene spesso associato al neofascismo italiano.

Bisogna sempre distinguere gli autori dai lettori, come sa chiunque si sia occupato di Karl Marx e dei suoi variopinti autonominati seguaci.

Questo vale anche per Julius Evola, irrequieto autore italiano morto una quarantina di anni fa, dopo aver pubblicato alcuni testi di difficile lettura presso case editrici marginali.

Evola è stato letto da un numero relativamente ristretto di persone, che se ne sono entusiasmate per una serie di motivi propri, e lo hanno ricostruito a modo loro.

E’ stato letto anche da due o tre critici, che non avrebbero mai rivolto la parola né a lui né ai suoi seguaci: siamo in Italia, e col nemico non si parla. Si sono perciò limitati a leggere i libri di Evola, trattandoli come un “pensiero”, un’astrazione, dove cercare poi di isolare i presunti “cattivi insegnamenti“.

Secondo me, i libri non ci fanno il lavaggio del cervello. Parlano sempre a qualcosa che c’è già in noi, ed è a quel qualcosa che diamo il nome dell’autore.

Evola a me personalmente non comunica nulla; e comunque le cose che diceva cambiavano, come è giusto, di libro in libro.

Molto di più, mi interessano gli evoliani, che credo che nessuno abbia mai studiato.

L’articolo che pubblico (guardatelo in modalità Fullscreen) è decisamente specialistico, e adopera un linguaggio e riferimenti facilmente comprensibili solo a chi ha letto le opere di René Guénon; perciò ne consiglio la lettura solo a chi fosse seriamente interessato.

Si tratta di una critica al pensiero di Julius Evola, mossa dalla Rivista di Studi Tradizionali (vicina al pensiero di René Guénon) nel lontano 1963.

Questa critica è diversa da tante altre, perché l’autore mette da parte le sterili discussioni sulla Seconda guerra mondiale. Proprio perché conosce da vicino le strutture interne del pensiero di Evola, quelle che rendono affascinante Evola a certi ambienti, riesce a smontarle.

Leggendo tra le righe si colgono i percorsi di non pochi disastri umani e le storie di parecchie vite sprecate.

Nota:

[1] Qui intendiamo “antropologico” nel senso della ricerca di principi generali che regolano lo strutturarsi di una comunità umana. Poi c’è l’incredibile lavoro di ricerca di Ugo Tassinari, unico autentico esperto di neofascismo in Italia, che però fortianamente cerca le storie e non i principi.

Evola Rinoceronte Su Asfalto

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8 Responses to Julius Evola, il Rinoceronte sull’Asfalto

  1. Francesco says:

    Premesso che non ho capito affatto cosa intendi per antropologia (ma sono un semplice e senza esempi non ci arrivo quasi mai), posso darti la mia descrizione di fessacchiotto borghese:
    Neofascisti: una manica di stronzi decerebrati che, oltre a essere modestamente molesti, danno occasione ai rossi di giustificare la propria nociva presenza e le proprie malefatte, comprese quelle violente.

    Ammetto che è una sintesi eccessiva, andando dagli anni ’70 del secolo scorso a oggi.

    E che sull’origine in sè degli stessi si astiene ma è una cosa che noi borghesi facciamo spesso, un pò come a dire “shit happens” e la questione è pulire, non pretendere di capire.

    Ciao

  2. Daouda says:

    Anche Piero Fenili non ha scherzato…

  3. Roberto says:

    Scusate l’ot ma ho appena sentito alla radio questa curiosa richiesta del primo ministro francese a ebrei e musulmani: per favore cambiate le vostre tradizioni che non sono più valide.

    En pleine polémique sur la viande halal, François Fillon a provoqué lundi la colere du Crif en suggérant aux juifs et aux musulmans de revenir sur les “traditions ancestrales” d’abattage rituel des animaux, qui ne correspondent plus aujourd’hui “à grand-chose”. Lundi matin, le Premier ministre, s’exprimant à titre personnel, a estimé sur Europe 1 que “les religions devaient réfléchir au maintien de traditions qui n’ont plus grand-chose à voir avec l’état aujourd’hui de la science, l’état de la technologie, les problèmes de santé”.

  4. Sculacciatopi says:

    Non serve uno studio antropologico!
    E’ noto che i neofascisti hanno le corna e la coda mentre gli antifascisti sono individui con la pelle rosea e l’aspetto da cherubino, anche da un punto di vista comportamentale si differenziano, i neofascisti prendono le loro donne alla pecorina e gli antifascisti alla missionaria per mediare tra componente laica e cattolica, un neofascista scorreggia apertamente e ridacchia con gli amici, un antifascista lascia andare terribili loffe e poi tenta di attribuirle al vicino, un neofascista pensa che lo stato sia suo e ruba direttamente dalle casse pubbliche e assume tutta la famiglia allargata, un antifascista preferisce complicatissimi giri di consulenze e mazzette estero su estero o mediante finti compromessi di compra vendita.
    Fà eccezzione la comunità ebraica di Roma che è sia fascista che antifascista per cui nei ristoranti tipici è facile incontrare contemporaneamente le due specie, pericoloso parlare male di Israele perché in quel caso si coalizzano e scoreggiano sia apertamente che in modo occulto mandando il pasto del malcapitato di traverso.
    Insomma si tratta di due visioni della vita diametramelmente opposte e inconciliabili!
    Il ministro François Fillon è stato mandato in avanscoperta dal nano Sarkò alla disperata rincorsa degli elettori di destra per cui ha fatto i conti, perdo un quid di voto ebraico (gli arabi se lo beccano lo macellano halal in senso figurato) e quadagno un tot di voto di destra , valutando che tot è maggiore di quid.

  5. jam says:

    ..il rinoceronte é sull’asfalto a causa del bracconaggio. Ai rinoceronti tagliano il corno o i corni sia per farne una polvere medicinale afrodisiaca tanto cara ai cinesi che ingurgitano le cose più strane, sia per i pugnali yemeniti che dovrebbero davvero cambiare corni. Mentre Shiva il distruttore, Re del Caos, nell’azzurro magico della sua pelle livida perché divina, cavalca la tigre seminando caotico terrore, ma insegnando anche ad ammaestrarlo questo caos senza purtanto mai eliminarlo perché senza tempeste il mare sarebbe marcio e senza caos l’uomo non potrebbe conoscere l’armonia. E dove mettiamo, la bellissima dissonanza?
    Giovanni Ponte critica il concetto evoliano della supremazia dell’Azione rispetto alla Conoscenza, che invece non é cosi sbagliato perché il “Sé divino”, oltrepassa la Conoscenza, anzi non lo si raggiungerebbe mai tramite soltanto la Conoscenza, perché il conoscere dell’anima e delle dimensioni metafisiche é un conoscere intuitivo e visionario, basato su un’esperienza effettiva, cioé un’Azione. La conoscenza non é della conoscenza, se la conoscenza non é vivificata dalla “follia”attiva dell’Amore e della visione, cioé dell’Azione sincera.
    Molla Sadra Sadroddin Shirazi 1571-1640, come Sohrawardi professava l’idea che una filosofia che non conduce alla realizzazione spirituale e all’esperienza mistica é conoscenza inutile, per quanto saggia possa essere. Senza l’unione della conoscenza con l’esperienza vissuta dal conoscente, non c’é conoscenza, non c’é completezza, non c’é Sé divino. Corbin dice : “é una theo-sophia che guida il ricercatore dalla conoscenza astratta del filosofo, ad una visione diretta, l’illuminazione di una presenza che si alza all’oriente dell’anima. Non é una conoscenza rappresentativa, ma presenziale, ‘ilm hodûri, é una conoscenza orientale perché é illuminativa, e illuminativa perché é orientale. La stessa professata da Zarathustra e i saggi dell’antica Persia…
    ciao

    • Francesco says:

      concordo (il che è già insolito) ma credo anche di aver compreso (il che è eccezionale)

      ciao

      • daouda says:

        Eheh!
        Io mi associo al tuo giudizio Francé ma lo correggo così : una manica di piagnoni decerebrati, stucchevolmente molesti e modestamente pericolosi.

        Comunque no Jam. Azione è un termine che guénonianamente è inteso con un’accezione precisa.
        Tu fai riferimento all’agire.

        Shiva il tras-formatore suona meglio comunque!

        p.s. un plauso allo sculacciatopi ed un saluto ai deicidi.

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