Qualche dubbio sulla vulgata della strategia della tensione

[Un appunto di un paio di anni fa su quello che non funziona negli schemi storici dominanti sulla strategia della tensione]

i dubbi di giannuli

Partiamo allora dalla reazione Giannuli sul deposito del Viminale all’Appia commissionata da Salvini.

Lì il professore sottolinea l’opportunità di superare la rozza idea dei servizi segreti americani come monade e si spinge oltre evidenziando come, tra le diverse espressioni strategiche, l’apparato Cia in Europa era il più “progressista”. I veri duri erano gli apparati della Marina operativi nello scenario del Pacifico, teorizzatori e realizzatori del rollover con il comunismo. In questo quadro concettuale Giannuli evidenzia la necessità di retrodatare la data della nascita della strategia della tensione dal 1965 al 1961, combinando un ragionamento politico e geopolitico e quindi descrive il primo congresso anticomunista, in cui hanno un ruolo da protagonisti intellettuali antifascisti o proprio ex comunisti come Mieli sr., come la prima tappa del percorso.

A questo punto aggiungo io un particolare: nel 1962 un medio ufficiale della controguerriglia Usa, il colonnello Amos, elabora la dottrina della resistenza senza capi, come scenario operativo in caso di invasione sovietica nel territorio americano (è l’epoca della crisi dei missili). Non serve e resterà nel cassetto fino a quando non la rigenera Loius Beam, il teorico militare del movimento delle milizie, e fornisce il modello organizzativo per la destra radicale anti-Zog ativa da Waco a Oklahoma city…

Lo stesso discorso contro lo schematismo va applicato alla vulgata italiana sulla strategia della tensione, fondata sulla dicotomia: AA.RR versus SID/Difesa, Avanguardia nazionale contro Ordine nuovo, ecc. ecc., apparati atlantisti vs. militari interventisti/”europeisti”, in cui le coppie oppositive sono poi imprescindibilmente connesse (i primi termini contro i secondi).

Lo schema non funziona. Perché la composizione del convegno Pollio vede assieme antifascisti legati a filo doppio agli apparati americani, come Pacciardi o Mieli sr. e fascisti che invece sono legati all’ala antiamericana dell’Esercito.

Nello scontro De Lorenzo-Aloja, il primo, il golpista, è di rigorosa ortodossia atlantica e antifascista e di spregiudicata operatività mentre il secondo prevede che per assicurare un efficace maggior ruolo politico dei militari bisogna prima lavorare sulla riqualificazione delle risorse umane, e quindi corsi di arditismo, collaborazione dei professorini fascisti, Le mani rosse sulle forze armate, la lettera dei Nuclei di difesa dello Stato. De Lorenzo è funzionale a una linea trasversale della Dc che va dal destro Segni al “sinistro” Moro. E questa capacità tutta democristiana di etero direzione (vedi il ruolo di Andreotti nel 73 74) sarà una costante.

Così per gli intrecci tra diversi quadri operativi: Ordine nuovo di Rauti collabora con Borghese (che è uomo di Angleton, che è il padrino di D’Amato, che fa operazioni coperte con Caccola che gestisce l’apparato operativo del Fronte nazionale) almeno fino al rientro nel Msi ma la cosa non può essere liquidata con la teoria del ripiegamento e dell’ombrello, se si prende per buona la dottrina Salvini: perché, checché ne pensi Taviani (che così giustifica lo scioglimento forzato giuridicamente del Movimento politico ordine nuovo nel 73), i quadri operativi stragisti RIENTRANO NEL MSI…

2 Comments on “Qualche dubbio sulla vulgata della strategia della tensione

    • Il primo paragrafo va approfondito appunto sulla relazione di Giannuli sul deposito del ministero degli Interni trovato sull’Appia nel 1996.
      Il secondo paragrafo è sviluppato in un capitolo di In God we Kill.
      Il resto è affrontato nelle due edizioni di Fascisteria nel capitolo dedicato al partito del golpe

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.