1 dicembre 1980: ucciso Giuseppe Furci, direttore sanitario di Regina Coeli, vittima assai dubbia delle Br

 Il 1° dicembre 1980 un commando assassina Giuseppe Furci, direttore sanitario del centro clinico del penitenziario di Regina Coeli a Roma. L’agguato sotto la sua abitazione, con due colpi di pistola alla nuca. Le Brigate rosse rivendicano l’omicidio ma gli inquirenti dubitano: una telefonata troppo lunga e con particolari eccessivi, ben diversa dalle stringate comunicazioni dei brigatisti doc.

Già il 5 ottobre 1980 aveva subito un attentato: avevano collocato un rudimentale ma potente ordigno  davanti la porta del suo studio. La miccia si era spenta prima di raggiungere l’esplosivo. Era un medico dalla schiena diritta. Più di una volta aveva negato il trasferimento in ospedale a “Lallo lo zoppo”, il noto boss della mala romana Laudavino De Santis così come si era scontrato con i “tossici. Non voleva somministrare metadone e morfina
Oggi l’Associazione delle Vittime della Memoria e la rete degli Archivi per non dimenticare gli riconoscono la qualifica  di “vittima del terrorismo”. La sua scheda, infatti, compare nel volume, edito a cura del Quirinale, in occasione della istituzione della giornata della memoria per le vittime del terrorismo. Le vicende giudiziarie hanno avuto esito discordante. Il boss de Santis alcuni anni dopo confessò il delitto ma ciò nonostante fu assolto in appello per insufficienza di prove.

I dubbi degli inquirenti sulla rivendicazione

L’articolo della Stampa del 3 dicembre 1980  esprime già tutti i dubbi sulla responsabilità dei brigatisti rossi:

«Qui le Brigate rosse. Abbiamo ammazzato noi il dottor Furci di Roma. Lo conosciamo bene perché prima era a Milano. Adesso il primo sarà Bettino Craxi perché ha fatto arrestare un nostro compagno». 
Questo il messaggio che una donna, che parlava con accento settentrionale, ha fatto poco dopo le due dell’altra notte al centralinista dell’.Unità di Milano. Convinti della matrice politica dell’omicidio del direttore dell’infermeria del carcere di Regina Coeli, gli inquirenti hanno molti dubbi sull’autenticità di questa telefonata. E fanno osservare che mai in precedenza i brigatisti nei loro comunicati avevano reso noto quale sarebbe stato il loro prossimo obiettivo. Le indagini sono ferme al punto di partenza. Durante tutta la giornata, nel corso di una vasta operazione che ha portato tra l’altro all’arresto di numerosi aderenti alle Formazioni Comuniste Combattenti, carabinieri e agenti della Digos hanno perquisito le abitazioni di estremisti alla ricerca di indizi per far luce sul delitto.

Accanto al corpo supino nell’androne di via Bartolomeo Gosio 115, sono stati trovati frammenti dei due proiettili che hanno colpito a morte il medico di Regina Coeli. Da un primo esame dovrebbero essere calibro 38, sparati da un revolver a distanza ravvicinata. “Stiamo seguendo tutte le piste — ha detto ieri mattina il procuratore capo della Repubblica di Roma Achille Gallucci —. Non sappiamo ancora chi possa aver commesso il crimine e per quale motivo”.
«Il medico di Regina Coeli — ha affermato un funzionario della Digos — era un obiettivo facile per i terroristi. Si muoveva sempre senza scorta e le sue abitudini erano conosciute da tutti. Pur senza avere alcun potere particolare, era sufficientemente simbolico». 

Chi era Giuseppe Furci?

Per quale motivo era diventato un obiettivo nel mirino dei terroristi? Per il ruolo che ricopriva, direttore sanitario da sei anni del centro clinico di Regina Coeli, era un uomo che lavorava all’interno della struttura carceraria e, già solo per questo, era nel numero delle possibili vittime di un attentato politico.
Come medico del carcere romano lavorava molto a contatto con i detenuti. A lui spettava redigere le cartelle cliniche sulle loro condizioni di salute. Sulle sue relazioni si orientavano le decisioni del direttore del carcere e dei magistrati in ordine alla concessione di permessi e ricoveri nelle strutture ospedaliere civili. Ma, anche da parte di chi spesso si è trovato a condurre battaglie a favore dei diritti del detenuto, il suo modo di lavorare non viene giudicato criticamente.

La pista dei tossicodipendenti

Pare che i carcerati di Regina Coeli poche volte si fossero lamentati di lui e sembra anche che i suoi accertamenti siano stati sempre tempestivi e corretti. Ma sappiamo che questo non è mai stato un titolo di merito agli occhi dei terroristi.

Nella loro mentalità folle un uomo che lavora con scrupolo è tanto più da colpire perché dà credibilità alle strutture dello Stato. Gli investigatori, comunque, non escludono — anzi la seguono con interesse—la pista dell’omicidio maturato nell’ambiente dei tossicomani.

Il dottor Furci. infatti, si interessava anche della cura e dell’assistenza dei tossicodipendenti ed era contrario, a quanto sembra, all’uso del metadone in carcere per curare i reclusi vittime dell’eroina. Si era pronunciato anche contro la somministrazione della morfina.
Dure accuse gli furono rivolte per questo qualche mese fa e proprio una ritorsione da parte del mondo dei tossicodipendenti si pensò quando, nell’ottobre scorso, misero un potente ordigno, rimasto inesploso, davanti alla porta del suo studio privato in via Giulio Romano 11, nei pressi di piazza del Popolo.

La rivendicazione della Walter Alasia

La pista su cui gli inquirenti stanno cercando di andare più a fondo possibile resta quella di Maurizio Jannelli. Il terrorista militante nelle Br catturato a Roma in viale Libia il 22 novembre dopo una sparatoria con gli agenti. Nell’occasione un complice riuscì invece a far perdere le proprie tracce. A tarda sera anche la «colonna Walter Alasia» ha rivendicato l’uccisione del direttore dei servizi sanitari del carcere di Regina Coeli.

Uno sconosciuto ha chiamato il centralino della sede romana del quotidiano «La Repubblica» e ha chiesto di poter parlare con qualcuno della cronaca. Alla precisazione che a Roma non esiste il settore cronaca, lo sconosciuto ha dettato direttamente al telefonista il suo messaggio. «Qui la colonna Walter Alasia. Rivendichiamo noi l’attentato di ieri sera contro il medico di Regina Coeli. Seguirà comunicato».

Dopo aver profferito alcuni slogans contro la ‘dittatura di Stato» e contro «la repressione proletaria», l’anonimo interlocutore ha tolto la comunicazione. Non ha dato tempo al centralinista di chiedere altre precisazioni. Poco dopo una identica telefonata è stata fatta alla cronaca romana del -Corriere della Sera».

Post scriptum

Fin qui La Stampa. Una rivendicazione farlocca, in tutta evidenza. Proprio in quei giorni infatti, la Walter Alasia balza agli onori della cronaca. Per l’omicidio Mazzanti e la rivendicazione che portava alla ribalta la spaccatura nelle Br. Ma in tutta la storia brigatista non esiste che una colonna agisca fuori dal suo territorio.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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