La strage di Secondigliano una dimostrazione di geometrica potenza

[Una strage di camorra di vent'anni fa. In un quartiere ben noto alle cronache, Secondigliano. Ai danni di un clan ancora famoso: uno dei sopravvissuti dei Prestieri è infatti il pentito che ha inguaiato il superpoliziotto napoletano, il vicequestore Pisani, di cui era confidente]. 
La geometrica potenza dimostrata dal gruppo di fuoco che ha massacrato il clan Prestieri a Secondigliano dovrebbe essere di grande aiuto per gli inquirenti, quantomeno per individuare il contesto - se non gli autori materiali - della strage.
Non bisogna farsi ingannare dall'impatto emotivo del massacro: ogni paragone con l'efferata vendetta di sangue di Acerra sarebbe fuorviante. La determinazione militare messa in campo non deve essere scambiata infatti con la ferocia incontrollata del boss Di Paolo, impazzito di rabbia per la morte del fratello.
La violenza scatenata a Secondigliano è semplicemente quella ritenuta necessaria e sufficiente per portare a compimento l'operazione. L' attacco al cuore di un clan pienamente autonomo ma inserito nella costellazione di uno degli astri montanti della camorra napoletana, quel Licciardi arrestato un paio di mesi fa a Secondigliano e considerato il mandante dell'esecuzione della strage dell'autostrada contro la famiglia di Misso. 
scampia330Il primo scenario da esaminare è quindi quello della punizione da parte dei luogotenenti di Licciardi contro un gruppo che avrebbe tentato di guadagnare posizioni approfittando di una situazione di vuoto di potere. Ma occorre ricordare che i Prestieri erano stati già lacerati un paio di anni fa da una faida intestina nel quale avevano perso la vita tutte le altre figure del clan che ne era uscito sfiancato e ridimensionato: è quindi difficile ipotizzare che in tempi relativamente brevi possano aver tentato il colpo di mano espansionista.
Ci sono invece più convincenti ragioni per privilegiare l'ipotesi che i killer di Via Monte Rosa vengano da lontano e vadano lontano. Lo dimostrano l'armamento usato - i Kalashnikov sono le armi preferite dai più abili miliziani della mafia, in Campania i killer dei clan preferiscono le più maneggevoli mitragliette Uzi; le modalità operative - l'uso della bomba a mano per coprirsi la fuga anche in assenza della minima reazione avversaria ricorda in qualche modo il lancio dei fumogeni dopo alcune azioni dei commando mafiosi-; e - a contrario - il presumibile sbandamento nelle file di un clan in cui il ruolo carismatico della "Scigna" come comandante militare era indiscusso.
Certo, dietro il braccio in trasferta ha agito un cervello indigeno, un cervello dalle caratteristiche operative "alte", che ha scelto di liquidare un clan avversario - con una straordinaria messa in campo di forza e di efficienza, anche sul piano simbolico -: al capofamiglia dei Prestieri il colpo di grazia è stato sparato a raffica, per togliergli, materialmente, la faccia. La morte degli "infami".
GIORNALE DI NAPOLI 19 MAGGIO 92

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