L’ultimo servizio

[commento per la morte di Falcone]

giovanni_falconeE' difficile - sotto l'impatto emotivo della terrificante strage del cavalcavia- non ritornare con la mente al 16 marzo 1978, quando le Brigate Rosse rapirono a Roma il presidente democristiano Aldo Moro, massacrandone la scorta.
La risposta immediata che diede il Palazzo fu il varo - quella mattina stessa - del governo della non sfiducia, un monocolore dc guidato da Andreotti, che altrimenti avrebbe avuto più di una difficoltà a prendere il largo.
E così in queste ore sembra accomunare le reazioni del mondo politico e giudiziario un clima da union sacra, un'indignazione lucida e rabbiosa, da cui traspare in filigrana il senso di colpa per lo spettacolo da "A Roma si discute, a Sagunto si muore" che il gran collegio elettorale di Montecitorio - per le precise responsabilità del Barnum democristiano e del demenziale peggiorismo di Occhetto - sta dando in questi giorni.
E' probabile che l'ultimo servizio che Falcone offre allo Stato sia proprio quello di sbloccare una situazione politica che oscilla ormai tra il patetico e il grottesco, con un irrefrenabile discredito per le istituzioni che rischia di ulteriormente delegittimare di fronte alla nazione l'intero ceto politico.
Eppure è difficile resistere al dubbio che se Falcone fosse rimasto l'idolo dello schieramento dei professionisti dell'antimafia, ora staremmo già a sentire i soliti sciacalli lanciare alti gridi sulle responsabilità di Cossiga e di Craxi per aver lasciato isolato San Giorgio contro il drago. Sciacalli che invece si sono distinti nei mesi scorsi nell'impedire la nomina di Falcone alla Superprocura revocandogli quei titoli di merito che gli avevano riconosciuto a suo tempo per bypassare l'ostruzionismo del Csm che gli aveva negato un'anticipata promozione ai vertici della Procura di Palermo. Così non può essere.
E non solo perché Falcone aveva compiuto una precisa scelta di campo nel suo percorso di paladino della lotta antimafia, per non restare ostaggio dell'immaginetta edulcorata ma impotente in cui amici interessati volevano ingabbiarlo. Ma anche perché non è più applicabile l'autoprofezia di Della Chiesa che Bocca trasformò immediatamente in teorema: la mafia uccide chi è isolato dal potere politico.
Certo, le caratteristiche militari dell'attentato autorizzeranno più di un esperto a ipotizzare la partecipazione di qualche agenzia dello spietato sottobosco criminale, braccio armato della lobby del traffico di armi e di droga intrecciate con i servizi segreti di mezzo mondo. Qualche altro discetterà del nuovo salto di qualità operativo e politico della mafia o si impegnerà a disegnare dietrologie e fantascenari. Ma avvertiamo con forza la sensazione che si tratti del solito chiacchiericcio di chi strilla per farsi coraggio e coprire il vuoto a perdere mentale che rischia di inghiottirlo.
23 maggio 1992 Giornale di Napoli

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