Il Movimento Skin: da figli della classe operaia a cacciatori di stranieri e nemici degli ebrei

 

Gli Skinhead nascono alla fine degli anni 60 in Gran Bretagna tra i giovani della classe lavoratrice britannica, tant’è che per far riferimento ai principi fondativi di questo movimento si parla di spirit of 69. Ci vorranno più di dieci anni perché gli skinhead inizino ad essere etichettati come razzisti e neonazi/fascisti. In mezzo c’è la nascita della subcultura punk, che innesca conflitti e sinergie, l’intervento politico del National Front che dà vita alle sigle Combat 18 (militante) e Blood & Honour (rock anticomunista), e soprattutto i danni prodotti dalla crisi del welfare determinata dalle politiche ultraliberiste di Margareth Thatcher, che diventa premier nel 1979, e innesca la guerra sociale tra bianchi e “neri” poveri.
DA FANATICI DEL REGGAE A PICCHIATORI – Il movimento skin fondamentalmente nasce e rimane su base sociale (proletaria e sottoproletaria) piuttosto che politica. E’ un’evoluzione del movimento mod, una delle subculture giovanili più diffuse e popolari negli anni ’60, e ne esprime le istanze più radicali, di opposizione all’imborghesimento della working class, i cui valori tradizionali sono attaccati dal consumismo. L’abbigliamento caratteristico, dagli scarponi da lavoro ai jeans a tubo, è tipico degli operai dei cantieri edili e navali. Ma i gusti musicali dimostrano che i primi skinhead non sono dei fanatici della “preferenza nazionale”: dai rude boy, figli degli immigrati delle colonie caraibiche, ereditano la passione per la musica giamaicana. La colonna sonora degli original è ricca di colori e di ritmi: dal reggae allo ska, dal soul al R&B. Musiche decisamente “negroidi”. Manca proprio la creazione del genio britannico: il rock più o meno duro che nella seconda metà degli anni 60 ha conquistato il mondo. La politicizzazione a destra di una frangia significativa del movimento, i “bonehead” (dal cranio pelato che portano per distinguersi dagli originals che usano invece il basettone), quelli che saranno etichettati come i naziskin, genera per reazione la nascita di due diverse componenti: i rash, skin antirazzisti, che difendono le comunità di immigrati dalla ronde violente, e i redskin, anarchici e comunisti.

BANDE ROSSE, MILITANTI NERI – Il movimento skin in Italia nasce agli inizi degli anni ’80 sull’onda musicale del punk più duro, l’oi! La scena si arricchisce di bande importanti come i bolognesi Nabat, i savonesi Klasse Kriminale, i romani Banda Bassotti, formata da operai edili impegnati in iniziative di solidarietà internazionale, che si radicheranno nel centro sociale Forte Prenestino ed evolveranno verso musicalità ska punk. In pochi mesi, tra autunno 1982 e primavera 1983 sono ben tre i raduni musicali nazionali. Sono gli anni del grande riflusso, dopo la sconfitta del terrorismo e la fine dei movimenti politici giovanili, e così mentre le principali band si spostano a sinistra è nella sonnacchiosa provincia veneta, che è attraversata da un’impetuosa ondata di industrializzazione diffusa e di boom economica, che nasce la prima aggregazione bonehead. E’ il 1985, l’anno di fondazione del Veneto Fronte Skinhead. Il leader è il titolare di una fabbrichetta di Lonigo (Vicenza), Piero Puschiavo. Per il proselitismo e la costruzione di rapporti politici sono fondamentali le presenze alle varie tappe del circuito Rock against communism, ricco di decine di band dei vari paesi europei. L’altro canale di diffusione della cultura e della pratica skin è il tifo ultras. Gli Skin diventano una delle sigle più importanti della curva nerazzurra: nella seconda metà degli anni Ottanta lo stadio diventa un luogo privilegiato dell’avanzata della destra radicale. Uno dei capi del gruppo, Marcello “Metallica” Ferrazzi, un fattorino 23enne, è arrestato e accusato dell’omicidio di un tifoso dell’Ascoli, Nazzareno Filippini, ucciso nell’autunno dell’88 davanti allo stadio della città marchigiana, al termine di uno scontro tra ultras. Gli arrestati sono cinque ma è la sua foto, con i capelli a spazzola e gli imponenti bicipiti nudi e tatuati, che trionfa sulle pagine dei giornali. Il processo finirà in un nulla di fatto.

IL BIG BANG DELL’89 – Pochi mesi dopo, nel giugno 1989, una rissa al cinema Capranica tra estremisti di destra e di sinistra porta alla ribalta nazionale i “naziskin”. I “rossi” hanno la peggio e sono arrestati in Svezia due giovanissimi neofascisti, i gemelli Stefano e Germano Andrini. Accusati di tentato omicidio, saranno condannati per lesioni gravi. La stessa vittima parlerà di “una bufala giornalistica” a proposito di “naziskin”: Stefano ha i capelli lunghi.
E’ questione però, oramai, solo di pochi mesi e l’emergenza naziskin diventa una realtà europea. Ci vogliono il crollo del muro di Berlino, la dissoluzione dell’Impero sovietico, le grandi ondate migratorie dall’Est europeo per scatenare nel ricco Occidente il panico sociale. L’estate del 1990 resta nell’immaginario collettivo, oltre che per la delusione tremenda di Italia ’90, per le immagini delle carrette del mare che arrivano sulla costa pugliese cariche di migliaia di albanesi in fuga dalla dittatura e dalla miseria. L’unificazione tedesca è foscamente illuminata dai roghi degli ostelli appiccati dalle “teste pelate”, in guerra contro gli asylanten, nella ex Repubblica democratica.

LA RESISTIBILE ASCESA NEONAZI – I piccoli gruppi della destra radicale ne ricevono una potente scossa adrenalinica: Franco Freda, assolto dopo 15 anni di carcere per la strage di piazza Fontana, fonda una formazione d’elite, il Fronte nazionale, allo scopo di “fermare l’invasione allogena”. Il Veneto Fronte Skinhead, insieme ai milanesi di Azione Skinhead, dà vita, con i romani di Movimento politico, l’unico gruppo extraparlamentare superstite dalla catastrofe degli anni 80, a Basi autonome, un coordinamento nazionale che aggrega decine di realtà locali. Nel giro di qualche anno entrambi i movimenti finiranno per incagliarsi nelle maglie di ferro della legge Mancino, la legge contro la discriminazione razziale introdotta nel 1993 proprio per dare rilievo penale alle loro pratiche ed idee. Le campagne contro l’invasione che incoraggiano le pratiche violente di decine di “ciurme” di skin scatenate nella “caccia allo straniero” e nella difesa tribale del territorio. L’ostinata difesa del “revisionismo storico” sulla Shoa e in particolare la corrente radicale che sostiene che non esisteva un piano di sterminio intenzionale degli ebrei e che le camere a gas non erano destinate all’esecuzione di massa. Così Movimento Politico e Azione Skinhead sono sciolti d’ufficio mentre il Veneto Fronte se la cava perché ha statuto di associazione culturale. Freda ritorna in galera per qualche mese, con gli altri dirigenti del sodalizio e il gruppo viene sciolto. Pochi anni dopo gran parte delle sue tesi sul contenimento del fenomeno immigratorio entreranno nell’agenda politica mainstream attraverso il portone della Lega Nord. Anche sul piano della semplice efficacia in ordine pubblico la legge Mancino si rivela improduttiva: senza il freno degli attivisti politici che canalizzano le energie su più fronti, nel biennio 1994-1995 si succedono episodi di violenza xenofoba particolarmente brutale. I razzisti possono già fare a meno della fascisteria

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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