Strage Italicus, perché non funziona la pista rossa

strage italicus

Quello che segue è uno dei miei rari pezzi inediti, sulla strage Italicus. E’ riaffiorato nel ciclico riordino dell’archivio che normalmente facevo in agosto (vecchia nevrosi e bioritmo da deskista). Oggi lo ripropongo nel lavorio di aggiornamento e integrazione tra i due blog. E’ il commento (critico) dell’intervista di Pino Casamassima a Mario Tuti sulla “pista rossa” per l’Italicus. La propose a gli Altri per il 35° anniversario della strage (2009), Pino. Ma ben sapeva quello a cui sarebbe andato incontro. Mi chiese perciò preventivamente un “pezzo di appoggio” ma anche di messa a fuoco e presa di distanza.

Il pur spregiudicatissmo Piero Sansonetti non osò tanto e non se ne fece niente. Un  anno dopo avevo da poco aperto il mio primo blog. Per Fascinazione avevo scelto una linea editoriale abbastanza aggressiva per la fase di lancio. Così mi offrii di pubblicare il pezzo, senza avvertire l’esigenza di procurarmi il bollino blu antifascista. Perciò il mio intervento rimase nell’hard disk. La mia linea editoriale era infatti quella di suscitare dibattito non di autovalidare la mia correttezza politica. La stessa operazione fatta sulla “pista palestinese” sulla strage di Bologna, a ben vedere…

Una discussione molto aspra

La polemica ci fu comunque, con numerosi interventi. E uno scontro  feroce tra lo zio di Alceste Campanile e alcuni ex compagni di Lotta Continua, che misero a posto l’anziano malmostoso. Il tutto è assemblato in questo fascicolo della serie “I pdf di fascinazione”. Comunque la provocazione di Tuti ha suscitato polemiche a distanza anche di anni: da 24emilia a contropiano.

A rileggere oggi quest’ultimo pezzo viene da chiedersi come mai l’Adnkronos lo abbia rilanciato a un anno e mezzo dalla pubblicazione. E a distanza dalle scadenze rituali delle rievocazioni storiche. La tesi di Tuti è stata poi rilanciata da Gabriele Adinolfi. Il fondatore di Tp ha recentemente evoluto il suo negazionismo sulle stragi nere in una fantasmagorica tesi sulle “stragi rosse”. Ad ogni buon conto questo è quanto scrivevo molti anni fa in merito …

Tuti, la strage Italicus e il paradosso di Epimenide

Mario Tuti, da toscano maledetto e colto ha il gusto della beffa e della provocazione. Alla fine dell’intervista suggerisce che solo l’arte – nella sua fattispecie il teatro – può in qualche modo saldare l’inevitabile crasi tra verità giudiziaria e realtà effettuale delle cose. In fondo era stato un intellettuale non corrivo con la fascisteria a parlare di “stragi antifasciste” per Brescia e per l’Italicus. In contrapposizione alla matrice fascista di Piazza Fontana.

Pierpaolo Pasolini sapeva già, anche senza averne le prove. Trentacinque anni dopo, a prescindere dai fatti è evidente che il suo ragionamento filava. Al di là e contro le intenzioni di chi l’ha suscitata e agita, la strategia della tensione, infatti, anziché ricacciare indietro la lunga marcia nelle istituzioni del Pci, ha finito per consentire ai comunisti italiani di raggiungere l’apogeo politico dentro le sovradeterminazioni geopolitiche dell’Europa di Yalta. Ma da questo a giungere alle conclusioni che le stragi, una strage in particolare, l’abbia fatta la Gladio rossa, la strada è molto lunga. E forse, più che alla letteratura come superiore forma di conoscenza della verità storica – per dirla con Sciascia – conviene attenersi all’epistemologia.

La bustina di Minerva di Eco

A una geniale “bustina di Minerva” di Umberto Eco. L’occasione: lo scandalo dei fondi neri del Sisde. Il professore si divertì a sottolineare che il paradosso di Epimenide (“Tutti i cretesi sono bugiardi. Io sono cretese”) era connaturato al lavoro delle “barbe finte”. Quindi non si potevano prendere per buone le rivelazioni degli indagati contro Oscar Luigi Scalfaro (o era Nicola Mancino?).

Così risponde al vero l’enunciato di Tuti sull’iscritta al Pci protetta di un alto ufficiale. E’ però opinione ampiamente diffusa che Claudia Ajello fosse un’infiltrata dei servizi, diventata comunista per accreditarsi negli ambienti della Resistenza greca. La sua figura è così descritta da Sandro Provvisionato, il redattore capo del Tg5 che qualche confidenza con i misteri d’Italia ce l’ha:

“Claudia Ajello quattro giorni prima che una bomba devasti il treno Italicus sulla linea Firenze Roma, alle porte della piccola stazione di San Benedetto val di Sembro, entra in una tabaccheria e telefona ad uno sconosciuto dicendo: << Le bombe sono pronte. Il treno arriva a Bologna, c’è una macchina che ti porterà a Mestre>>. Chi è Claudia Ajello ? Una funzionaria del raggruppamento controspionaggio del Sid, il servizio segreto militare dell’epoca, inserita nella delicatissima struttura diretta dal gen. Federico Marzollo, già incriminato per la struttura golpista della Rosa dei Venti, in cui compare il nome del col. Amos Spiazzi che sarà condannato e poi assolto per la bomba lanciata dal Bertoli alla questura di Milano”.

Le obiezioni alle congetture di Tuti sulla strage Italicus

Alle congetture di Tuti si potrebbero allora contrapporre:

  • la più consistente coincidenza tra la strage del treno e l’imminente putsch “bianco” promosso da Edgardo Sogno e Luigi Cavallo (allora lo massacrarono ma aveva ragione Luciano Violante: e il progetto abortì solo perché negli stessi giorni Nixon si arrendeva all’onda di sdegno per il Watergate e abbandonava la Casa Bianca);
  • i legami evidenti tra taluni ambienti neofascisti toscani, collusi con i servizi segreti, e il ‘materassaio di Arezzo’;
  • le accuse di un condannato per strage come Vincenzo Vinciguerra (ma non ‘stragista’: colpì i militari, come i terroristi altoatesini e non nel mucchio) che individuò la matrice dell’Italicus nella passione esoterica per il ferro e il sangue dei De Felice, i fratelli che rappresentavano uno snodo tra destra eversiva, massoneria operativa e apparati golpisti.

Ma in questo caso siamo lontanissimi dalla verità giudiziaria (che nega addirittura – con grande sprezzo del ridicolo –  l’esistenza di progetti golpisti nell’Italia degli anni ’70). E lontani da una condivisa verità storica. Tutti i vertici delle manovre eversive della calda primavera estate del 1974, da Sogno a Carlo Fumagalli a Randolfo Pacciardi erano anticomunisti doc ma eroi antifascisti.

L’importanza degli scenari internazionali

E allora forse anche per l’approdo del Pci nell’anticamera dei bottoni bisognerà accontentarsi di più semplicistiche spiegazioni. Bisogna cioè guardare alle dinamiche interne. L’impatto elettorale del lungo ciclo di lotte operaie. Ma anche la necessità del capitale di gestire la grande crisi innescata dalla guerra del Kippur. E come insegnano più recenti esperienze per politiche economiche di destra il coinvolgimento della sinistra è indispensabile.
Ma pure agli scenari internazionali, tra un processo di distensione che stava per mettere capo agli accordi di Helsinki e la violenta crisi finale dei tre regimi autoritari mediterranei che proprio in quei mesi si consumava tra ‘rivoluzione dei garofani’, avventura suicida dei ‘colonnelli’ a Cipro e regime franchista condannato all’eutanasia per mancanza di successori.

Strage Italicus e canzoni di Lolli

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.