In morte di Pannella: ringraziamenti dal cattiverio

..mi è sempre piaciuto Pannella e pure il partito Radicale…un raro esempio di libertà intellettuale…e ne ho avuto la conferma quasi dieci anni fa…venni indagato e rinviato a giudizio per la legge scelba/mancino, immediatamente Fini chiese la mia espulsione (che non ottenne), chiesero le mie dimissioni da capogruppo di aenne, che non ottennero….Nel mentre, nell’etere radio radicale mi difendeva e attaccava la legge liberticida sui reati di opinione e lo stesso faceva sul web…poco contano due righe di tributo sulla morte di Una persona ma non possiamo ignorare la sua azione per la vera libertà , liberi di condividerla o meno…
Checco Lattuada (consigliere comunale di AN a Busto Arsizio, Processato per la Legge Mancino per una festa in birreria)

In ricordo di Marco Pannella.
Mi rendo conto che per i più “la riconoscenza è il sentimento della vigilia” ma siccome io non voglio essere fra i più, non posso dimenticare quanto mi sia stato vicino il partito radicale – nell’occasione voglio anche ricordare la strenua difesa nei miei confronti fatta da Tomaso Staiti – in occasione dell’ingiustizia perpretata nei miei confronti per Brescia. Sempre presenti i radicali e sempre pronti ad esprimere grosse perplessità relative all’inchiesta. Non solo me hanno aiutato, altri camerati hanno fatto sentire meno soli. E dire radicali significa dire Pannella le cui scelte politiche molto raramente mi hanno trovato d’accordo, ma per quanto mi riguarda questo è un altro discorso, specie ora che è morto. Senza contare che accanirsi su un cadavere ancora caldo non è certo un esercizio di stile.
Cesare Ferri

(…) Avevo vent’anni o giù di lì (e ne sono passati trenta ormai) ed ero, pomposamente, il segretario provinciale di Democrazia Proletaria. Cioè, più o meno, di me stesso.
Il camerata, come si diceva allora, Paolo Signorelli era al tempo detenuto per qualcosa che aveva a che fare con la strage di Bologna ed era in assai precarie condizioni di salute.
Il partito radicale, in compagnia, tra gli altri pochissimi, del Manifesto, lanciò uno sciopero della fame a staffetta che coinvolse migliaia di persone in tutta Italia per chiederne la scarcerazione per motivi di salute sulla base del principio che nessuno può morire in carcere e che un detenuto, prima di essere tale, è un uomo. Con la dignità e il diritto di rimanere un essere umano.
Io, con uno sparuto gruppo di viterbesi, diedi il mio contributo di fame per i tre giorni previsti dalla staffetta.
Come sempre in questo strano paese, vista la compagine che teneva insieme politicamente tutto ed il contrario di tutto, come in molte delle iniziative radicali, la cosa passò per un gesto provocatorio soprattutto in quei tempi lontani in cui l’identità, quella politica a maggior ragione, andava portata con immutabili certezze nel cuore per tutta la vita.
Era tutto un fiorire pubblico di distinguo, di solidarietà ‘mi raccomando’ solo in privato, di sorrisi a mezza bocca per la scelta di non mangiare per tre giorni, di ‘chissà poi se è vero che lo fanno’ e di scarsa o nulla partecipazione.
Certo erano Pannella e il suo Partito Radicale, certo era il Manifesto a promuovere l’iniziativa, certo era un fascio a stare male.
Dopotutto erano sempre quei tempi in cui indossata una bandiera, sticazzi del mondo che cambia, di un uomo che muore se non indossa i miei colori e via enumerando l’elenco delle stupidità di noi personcine a modo.
Ecco, lì, in quella triste e fredda piazza delle Erbe, attorno ad un banchetto ancora più triste, ricordo Giulio Signorelli, Franco Grattarola e qualcun altro il cui volto si confonde nella memoria di giorni ormai lontani.
Ripensandoci ora che scrivo, mi sono tornati alla mente (per ambienti e protagonisti) un incontro di anni dopo con lo stesso Paolo Signorelli ormai ristabilito e, a cascata, un singolare capodanno, di quello stesso periodo, trascorso insieme a Filippo Rossi e ripescato dalle ombre della memoria di una notte fredda in riva al lago, che insieme hanno dato inizio a quel gioco dei ricordi che più di ogni altra cosa segna l’incedere del tempo che passa.
Per me Marco Pannella è stato ed è questo. E anche molto altro. (…)
Massimiliano Capo (segretario di Democrazia proletaria a Viterbo nel 1987)

Certa cosi’ detta “Fascisteria”, non perde occasione per dar prova di cialtroneria. Sempre guardie bianche della reazione bigotta, clericale e borghese. (…) Quando lo slogan imperante era “Uccidere un Fascista non e’ reato…!” Chi alzo’ la voce gridando “Nessuno tocchi Caino !” MARCO PANNELLA !!!!
Correva l’anno di disgrazie 1975. (…) Per gli smemorati, professionisti dell’insulto gratuito.
Rammento agli smemorati “Il vituperato Marco Pannella, con i radicali, indisse il referendum per abrogare la Legge Reale, emanazione peggiorativa della sciagurata e transitoria legge Scelba, che colpisce il “reato” di ricostituzione del disciolto Partito Nazionale Fascista. Almirante e il M.S.I. votarono e si schierarono a favore della legge Reale e pretesero l’applicazione della “doppia pena di morte” contro i militanti Nazional-Rivoluzionari, incarcerati dalla criminale partitocrazia antifascista, con l’accusa di “reati d’opinione” Insultare i defunti son cose meschine. Ogni altro commento e’ superfluo. Amen
Stefano Trentin (imputato nel processo contro Avanguardia nazionale, del cui collegio difensivo fecero parti gli avvocati radicali Mellini e De Cataldo)

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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