Secessionisti veneti, la Lega cambia passo. Salvini mobilita la piazza: liberi tutti

salviniNotevole, nella vicenda del blitz anti-venetista, il cambio di approccio dela Lega Nord. All’epoca Bossi scese giù durissimo parlando subito di “provocazione”, salvo poi correggere il tiro quando emerse sia il ruolo dei quadri dei Serenissimi nella Liga veneta, sia il forte legame con il territorio e il movimento padano dei secessionisti veneti. Oggi invece Salvini scende giù durissimo in difesa degli arrestati e chiama alla manifestazione di piazza domenica pomeriggio a Verona.

Ecco il paragrafo sulla Lega e i Serenissimi in Fascisteria 2:

L’emersione clamorosa di un indipendentismo veneto e antipadano mette in fibrillazione Bossi, da tempo impegnato con l’indocile leadership locale – sospettata di simpatie poliste – in un duro braccio di ferro. Il leader del Carroccio – come al solito – ha la lingua più veloce del cervello, ma stavolta il celebre intuito tattico non funziona e sbaglia registro nel commentare a caldo l’assalto: “Sceneggiata. Una vera sceneggiata che non sta in piedi. Ma vi sembra possibile che in Piazza San Marco arrivino un blindato, o un arnese simile, e 8 persone armate senza che una sola persona, un solo carabiniere se ne accorgano”[i]. La sua liquidazione della “tamurriata napoletana” scatena il dibattito nelle sezioni venete. Parecchi strizzano l’occhio – “hanno realizzato il nostro sogno” – molti contestano apertamente Bossi – “non ha capito niente, è gente nostra altro che servizi”– e Maroni, che aveva provato a fare lo spiritoso (“più che il problema della secessione si riapre il problema della riapertura dei manicomi”[ii]). La responsabile di Montebelluna, Maria Paola Corrias, svegliata alle 8 da Paglierini per fornire i numeri di telefonino dei dirigenti veneti, ammette il cedimento sentimentale: “Io, quando ho accesso la tv e li ho visti là sul campanile, mi sono messa a ridere come una pazza”. Il segretario nazionale (cioè veneto) Comencini, già prima del blitz del Gis, è tempestato di telefonate di solidarietà con i “patrioti” e ammette che il gruppo dirigente ha faticato a imporre il punto di vista federale (cioè nazionale) ai militanti. A ogni buon conto il titolo dell’editoriale sulla “Padania” è nel segno della paranoia: “Le vere vittime siamo noi”. Per il leader veneto, un ex rautiano, i responsabili della “grande manovra orchestrata dal Grande Fratello romano” sono noti: “Settori deviati dai servizi segreti o comunque gente in grado di usare ragazzi con le teste un po’ calde, più vicini all’estrema destra che alla Lega”[iii]. Un’ammissione pesante per uno che da quei lidi è emigrato solo nel ‘91. Anche il senatore trevigino Antonio Serena, già impegnato nella difesa del Fronte nazionale di Freda (sarà poi espulso da An, in cui era transitato, per un gesto di solidarietà al capitano Priebke), è un ex missino. Il segretario della Liga dopo qualche settimana corregge il tiro. E’ “sempre più convinto che ci sarà qualcuno che sta unendo alcuni gruppi del Veronese e della Bassa padovana. Abbiamo visto un gruppo di venetisti della prima ora che faceva le carte con i nomi scritti in veneto e che cercava la tradizione veneta, unirsi ad un gruppo di ragazzotti del Veronese, capelli a spazzola che non erano stati accettati dalla Lega, dalla nostra sezione di zona, perché questa gente veniva ad affermare che noi eravamo troppo moderati, che bisognava usare i mitra”[iv].Bossi traccia il discrimine: la Lega fa la rivoluzione ma è contro il terrorismo. Quando a mobilitarsi per gli Otto sono gli ultrà patavini di Gioventù nazionale, un gruppo di 100 fuoriusciti dalla Fiamma, che poi confluirà in Forza nuuova, Rauti puntualizza: i ragazzi di destra dicono no alla secessione ma solidarizzano contro la repressione, molti simpatizzanti sono ex missini da tempo passati alla Lega. Il leader Paolo Caratossidis concorda con la presidente della Life una campagna di mobilitazione per gli Otto ma anche contro Papalia, comune nemico di venetisti, neofascisti e integralisti. Gli altri due dirigenti sono più noti per episodi di violenza calcistica che politica. Tra i supporter atipici ci sono anche i militanti d’Azione giovani – ferocemente antileghisti – che presidiano il tribunale per la prima udienza. Spiega Raffaele Speranzon, 25 anni, studente universitario, componente dell’esecutivo nazionale (e dirigente regionale d’An): c’è un malessere diffuso. Quindi solidarietà per gli Otto, in nome del federalismo, ma distanze nette dai “neonazisti” di Gioventù nazionale. Per Adriana Degan, segretaria della Liga della Bassa Padana, il santuario dei “Serenissimi”, “sono gente di casa nostra”. La Lega promuove subito cortei contro il terrorismo di Stato in molte città e una manifestazione nazionale a Venezia, a una settimana dall’assalto. La prudenza è giustificata da una scadenza strategica: per il 25 maggio è in programma il referendum per l’indipendenza della Padania e il gruppo dirigente del Carroccio, convinto della sua valenza rivoluzionaria, teme provocazioni dei servizi segreti: “Il disegno è preciso – spiega Bossi – dipingerci come terroristi per aprire la strada ad un nuovo partitino nel Nord Est e dividerci. No, noi non cadremo in trappola”[v]. E così annuncia il ritorno sulla scena politica romana, disertata da tempo. La linea è rapidamente adeguata al sentimento della base: solidarietà militante per i patrioti e banalizzazione giuridica dei reati commessi. “Vogliono – accusa Beggiato – creare i presupposti per una repressione di stampo cileno, blindare il Veneto con un carrarmato in ogni piazza”[vi]. Anche il consigliere leghista di Padova (dove la condanna dell’attacco è unanime) Elio Franzin ammette un “fenomeno spontaneo di solidarietà” ma non cambia idea:“il rifiuto è inequivocabile sull’uso simbolico o reale delle armi”.

Il 26 giugno il pm fa cacciare dall’aula i deputati leghisti che applaudono il commando. Comencini non si schioda: normale manifestazione di solidarietà. I legami con gli ultrà cattolici emergono ben presto. Maurizio Ruggiero, animatore del veronese Sacrum Imperium, ammette che il pulcino del commando, il ventenne Moreno Menini frequentava le manifestazioni tradizionaliste: “Gli ho procurato il libro sulla Vandea italiana. Parlava in dialetto, era affascinato dal mondo dell’insorgenza contro le armate napoleoniche, (…) [dalla] Repubblica veneta, ma gli dicevo che non sarebbe stato possibile restaurarlo se si prescindeva dallo spirito cattolico tradizionale che ne era stato il presidio”[vii]. E’ proprio al “Bocia”, capelli a spazzola rossicci, che si riferiva Comencini: le camicie verdi lo avevano rifiutato dopo un colloquio ritenendolo una “testa calda”. Dopo una settimana dall’assalto due noti integralisti leghisti sono indagati: lo storico militare Maurizio Grassi, consigliere comunale veronese, responsabile della consulta cattolica, già indagato da Papalia per istigazione all’odio razziale e il carrozziere Guglielmo Carnovelli, presidente del consiglio comunale di San Bonifacio. Grassi ammette rapporti con Peroni e Viviani (“ritenevano la Lega troppo moderata”) e si difende con puntiglio: indipendentista sì, ma padano, il Veneto è piccolo. Lui è lontano dai metodi ma non dagli ideali degli Otto.



[i] Fabio Cavalera Bossi: l’assalto è un messaggio dei servizi, Il Corriere della Sera, 10 maggio 1997

[ii] F. Cav. Maroni: altro che opera nostra, qui bisogna riaprire i manicomi, Il Corriere della Sera, 10 maggio 1997

[iii] Fabio Cavalera Bossi:“Andrò a Venezia con le camicie verdi”, Il Corriere della Sera, 11 maggio 1997

[iv] Neofascisti per la secessione, La Repubblica, 2 giugno 1997.

[v] Fabio Cavalera Bossi: l’assalto, cit.

[vi] Roberto Bianchin Caccia al “serenissimo esercito”, La Repubblica, 16 maggio 1997.

[vii] Elisabetta Rosaspina “Armata”,cit.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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