Sequestro Moro, Pino Casamassima rifiuta l’audizione in Commissione: incompetenti

Il mondo alla rovescia. Visto che la nuova Commissione Moro gira a vuoto perdendo tempo appresso ad attività e testimonianze tra il poco serio e il faceto chi qualcosa avrebbe da dire di serio e documentato si rifiuta di andarci. E’ il caso di Pino Casamassima che, in merito al sequestro, è tra i giornalisti più informati e lucidi. Lo rende noto con un lungo statement sul suo profilo facebook:

Riservandomi di inviare alla attuale commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro una memoria in cui spiego i motivi che mi portano a non riconoscere a quella commissione l’idoneità – visto i suoi componenti – a indagare nuovamente (e inutilmente) sul caso, e a rifiutare di conseguenza d’essere audito da essa, ne anticipo alcuni punti: quelli che vengono utilizzati da Gero Grassi, componente della commissione, per portare in giro per l’Italia la (sua) verità sul caso Moro.

Sono ben 39 i punti di contestazione. Un elenco puntiglioso a tratti ma esemplare della sciatteria e della cattiva informazione dilagante:

1. «Ho letto e studiato i 2 milioni di pagine del caso Moro: processi e commissioni». Il numero delle pagine è ben maggiore di 2 milioni. Comunque, assegnando almeno 2’ a ogni pagina, verrebbero fuori 4 milioni di minuti, cioè 66666 ore. Che lavoro!
2. Carlo Bo non è mai stato rettore di Siena, ma di Urbino.
3. Kissinger non ha mai detto “testualmente” né nel ’74, né mai – come sostiene Grassi – «Il mio è un avvertimento ufficiale» a smettere la politica di apertura al Pci altrimenti l’avrebbe pagata «a caro prezzo».
4. Moro non viene fatto scendere dall’Italicus da agenti dei servizi segreti ma da due funzionari del ministero degli Esteri da lui retto in quel momento.
5. Non è vero che «la polvere pirica usata per piazza Fontana è la stessa di piazza Loggia e Italicus»! (a disposizione – a detta di Grassi – di Gladio)
6. È pretestuoso usare una delle tante scritte sui muri del ’77 (contro Publio Fiori, gambizzato) per annunciare l’uccisione di Moro. Si sa che non c’era “papavero” democristiano che non fosse minacciato sui muri (Kossiga docet).
7. Non è vero che Gallinari (che nel suo guazzabugliesco pamphlet che Grassi spaccia per suo libro mentre si tratta di stralci di audizioni riportate alla rinfusa scambia per Maccari) fu fatto evadere dai servizi e da Hyperion!
8. La faccenda di Antonino Arconte (il gladiatore agente G. 71) e del documento consegnato a Beirut, firmato 2 marzo 1978, in cui si chiedeva la mobilitazione per la liberazione dell’ancora non sequestrato Moro, è stata ampiamente chiarita e sbugiardata. Ma Grassi ne fa uno dei suoi punti cardini nella sua “requisitoria” che porta in giro per l’Italia.
9. Non è vero che il percorso di Moro da via del Forte Trionfale 79 cambiasse sempre, anzi, era sempre lo stesso, con una sola variante in caso di intasamento del traffico! Lo dice il responsabile delle scorte del ministero dell’Interno Guido Zecca, che Grassi tira in ballo capovolgendo le sue parole (basta leggere le deposizioni di Zecca e degli abitanti di via Fani).
10. Le BR tagliano le gomme del fioraio Spiriticchio perché non intralci l’agguanto l’indomani proprio perché sanno che Moro passerà da via Fani perché è quel che risulta dall’inchiesta fatta dalle BR dopo che Bonisoli aveva visto un giorno scendere da lì Moro e la sua scorta. Grassi utilizza pretestuosamente questa conoscenza affermano che le BR erano state avvertite da “qualcuno” (delle istituzioni) che Moro quella mattina avrebbe fatto quel percorso.
11. Giuliano Conforto non era «il capo del Kgb in Italia», ma un agente.
12. Affermare che l’Austin Morris (una macchinetta) fosse stata messa dai sevizi lì, in via Fani, per impedire alla 130 di Moro di trovare una via di fuga sulla destra nell’agguato significa avere doti di “preveggenza”: sapere cioè che lì, proprio lì, si sarebbe fermata la 130 di Moro – con tutte le variabili che un’azione avrebbe potuto comportare. Che idioti poi questi servizi a usare una macchinetta come quella e non una ben più ingombrante Volvo SW! C’è poi la considerazione che usare una macchina “di servizio” sarebbe stato idiota. Ne sarebbe stata rubata una apposta per quella azione.
13. Il tamponamento della Fiat 128 di Moretti c’è stato. I fendinebbia posticci, in caso di tamponamento, non si rompevano come sostiene l’ignorante (automobilistico) Grassi, ma si piegavano, proprio perché posticci (accadde a me proprio con una Fiat 127 tamponata da un’Alfa: i miei fendinebbia posticci si piegarono).
14. Non è vero che una sola arma esplose 48 colpi in via Fani: è una menzogna che, seppur smentita dalle perizie, Grassi continua a usare!
15. Non c’era bisogno di un super killer – come sostiene Grassi – perché la distanza fra i BR e le macchine era di centimetri, non di metri, e chiunque non avrebbe sbagliato da quella distanza. Ecco anche perché riescono a evitare di colpire Moro!
16. Marini non «viene sparato» come dice testualmente Grassi, che sa bene come il teste Marini sia stato smentito su questo punto da una fotografia.
17. La lettera a La Stampa di Torino del “moribondo” motociclista Honda è stata ampiamente dimostrata come una bufala tratta da Piazza delle Cinque lune, film di Martinelli uscito nelle sale 6 anni prima!
18. Camillo Guglielmi, alla data del 16 marzo dell’agguato, non faceva parte dei servizi: ci sarebbe entrato solo nell’agosto successivo.
19. Non è vero che «Musumeci mandò Guglielmi in via Fani per proteggere le Br».
20. Non è vero che l’ambasciatore sapesse in anticipo che a rapire Moro fossero state le BR! Dice Grassi: «L’ambasciatore inglese in Italia scrisse un telegramma alle 9,10 per informare il premier britannico che le BR avevano rapito Moro, ma le BR rivendicarono l’attentato solo il giorno dopo». Una dichiarazione che sull’ignavo uditorio che ascolta il suo “verbo” ha un grande effetto. Uno dei punti di maggiore suggestione. Peccato che anche questo sia falso! Le BR rivendicarono il rapimento un’ora dopo l’agguato: esattamente alle 10,10 con una telefonata all’Ansa di Roma.
21. Dice Grassi: «Dopo l’agguato, Licio Gelli disse: “Il più è fatto”». Dove si trova questa dichiarazione del capo della P2?
22. Grassi gioca con la figura di Steve Pieczenik, riportando solo quello che lo stesso psichiatra americano avrebbe poi qualificato come «movie», cinema, fiction, al giudice Palamara nella sua rogatoria. Le affermazioni «Abbiamo ucciso noi Mor, io, Cossiga e Andreotti» furono fatte da Pieczenik per lanciare un suo libro (e poi, appunto, smentite).
23. Noretta Moro non suggerisce di cercare via Gradoli a Roma a Cossiga ma a un funzionario del ministero dell’Interno.
24. In via Gradoli non c’è nessuna «scena raccapricciante» (sic!). La scopa non è messa in piedi per favorire il citofono della doccia contro una mattonella incrinata, ma è stesa sulla vasca da bagno, come risulta dalle fotografie scattate dalla polizia scientifica.
25. Toni Chicchiarelli non era «il vice capo della banda della Magliana». É una affermazione molto suggestiva, ma non veritiera .
26. La segretaria di Mino Pecorelli non era la moglie di Antonio Varisco – come dice Grassi – ma Franca Mangiavacca (che era anche la sua donna).
27. Non è vero che «Massimo Carminati ha ucciso Mino Pecorelli».
28. Quando è stato ucciso, Roberto Peci non era «un ragazzino di 23 anni», ma un prossimo padre di famiglia di 26 anni.
29. Non è vero che sono stati «dimostrati i legami delle BR con mafia, camorra e ‘ndrangheta».
30. Sergej Sokolov non era un agente del Kgb, ma uno studente russo, come dimostrato in più libri con un rigore che ne ha spiegato anche il patronimico.
31. Non è vero che le BR chiesero a Marco Barbone di uccidere Tobagi. (Qui Grassi dimostra tutta la sua ignoranza sulla storia delle BR).
32. Morucci non ha mai detto che «Sossi si “sbracò” davanti a noi», semplicemente perché entrerà nelle BR solo due anni dopo il rapimento Sossi.
33. La perizia non dice che Moro fu ucciso fra le 9 e le 10, ma che morì in quell’arco di tempo.
34. Grassi dice che Moro non fu ucciso nella R4 (ma chissà dove, non lo dice). Porta argomentazioni perlomeno risibili sul piano peritale, anche se – come sempre – molto suggestive sul piano emozionale per un pubblico “ignorante” (che non sa).
35. Grassi afferma che Moro non è stato due mesi in un loculo come la sua prigione perché le sue articolazioni risultavano in perfetto stato. (Perché mai spostarlo?)
36. La morte di Maccari non è affatto «misteriosa», ma dovuta a un infarto in carcere.
37. Curcio non ha mai affermato che Moretti fosse un infiltrato.
38. Il colonnello Umberto Bonaventura morì d’infarto, ma per Grassi «mi dicono giudici seri che esiste un’erba, chiamata Latticitilatis purpurea (di cui pure il web si rifiuta di trovare traccia) che avvicinata al corpo di un uomo gli procura un infarto e non lascia traccia». (E chi è Agatha Christie in confronto?).
39. Dulcis in fundo, Dalla Chiesta non è stato ucciso dalla mafia, ma, ovviamente, dai servizi, per impedirgli di usare – prima o poi – il vero memoriale Moro. Fonte: Totò Riina. Queste chicche sono farina del sacco di Alberto Franceschini, in prigione dal 1974.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

3 Comments on “Sequestro Moro, Pino Casamassima rifiuta l’audizione in Commissione: incompetenti

  1. Vogliamo parlare delle fandonie che l’on. Gero Grassi propina da due anni a sta parte (oltre 200 conferenze svolte in ogni angolo d’Italia) sulla strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973? Una strage dimenticata da tutti e dunque (legittimamente) ignorata anche dal nostro?

  2. Ulteriori omissis i quali tapezzeranno a striscioni neri i verbali facendone dei rebus? Omettere, sottacere la verità? Verità condizionata da ingerenze internazionali, dalla ragion di stato, dalla sicurezza nazionale, dalla protezione delle fonti, da informazioni deviate, da infiltrazioni. Il viaggiante fa fatica ad attraversare questi paesaggi labirintici per carpire la verità.

  3. Grande Pino Casa massima nello sbugiardare quel tizio i per presenzia lista.Bocca disse:”vogliamo continuare a negare il fatto che un pugno di ragazzi poco preparati culturalmente e militarmente sono riusciti a mettere in fibrillazione come mai successo prima lo stato italiano?Continuiamo pure…. “

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