17 dicembre 1981. Speciale Dozier/1. I preparativi del sequestro

Non c’è dubbio che la valanga che ha travolto e distrutto le Br abbia avuto origine dalla liberazione, da parte dei reparti speciali della polizia,  James Lee Dozier, il 28 gennaio 1982, a Padova. Il livello della sfida lanciato dalle Br infatti innesca una risposta radicale dello Stato.
La tortura, finora applicata sporadicamente (il nappista Alberto Buonoconto, il br romano Enrico Triaca), viene praticata metodicamente. Prima per scoprire il covo, poi per ottenere le confessioni dei prigionieri. Dopo le prime denunce l’impunità è garantita.
A rapire Dozier, il 17 dicembre 1981, è un nucleo della colonna veneta delle Brigate Rosse-Partito comunista combattente. Ecco la storia dei preparativi del sequestro. La racconta, al giornalista Nicola Rao, il responsabile della colonna e membro dell’esecutivo brigatista, Antonio Savasta. Catturato nella prigione dell’ufficiale americano, si pente immediatamente e la sua collaborazione ha effetti devastanti

La decisione del sequestro

Una mattina di ottobre fu convocato al «centro», il covo-base di via Verga. I suoi tre colleghi avevano deciso che era ora di alzare ulteriormente il tiro contro il capitalismo e l’imperialismo. e realizzare un’azione che avrebbe oscurato per sempre quelle dei compagni concorrenti, facendo parlare tutto il mondo di loro. «Il momento è arrivato», disse Sara [Barbara Balzerani] con solennità. «abbiamo sempre saputo che prima o poi avremmo dovuto affrontare direttamente il nostro nemico principale. Gli americani stanno sempre più militarizzando il paese. avete visto che stanno piazzando dei missili nucleari in Sicilia, a Comiso? Dobbiamo dare un segnale forte. Mandare un messaggio alle altre formazioni combattenti in europa. Dobbiamo rapire un militare americano.»

Nella stanza calò il silenzio. Tutti sapevano che sarebbe stato lo scontro finale. che lo Stato avrebbe reagito senza esclusione di colpi. Ma sapevano anche che attaccare gli Stati Uniti era stato il loro sogno di adolescenti. a Emilio [Antonio Savasta] tornarono in mente i poliziotti bastardi visti in Fragole e sangue tanti anni prima. e poi ancora i servizi dei telegiornali sulla sporca guerra in Vietnam. Ma c’era anche dell’altro: il legame diretto con la resistenza tradita.

La parole e i pensieri di Savasta

«Dobbiamo completare la seconda fase della resistenza partigiana», disse Emilio rompendo il silenzio, «continuare la lotta di liberazione tradita dal Pci e dai sovietici che hanno svenduto il nostro paese agli americani. Dal dopoguerra gli Stati Uniti hanno aperto unilateralmente uno scontro durissimo con il proletariato di tutto il mondo. Sono i veri burattinai dello Stato italiano, una pseudodemocrazia eterodiretta che fa dell’antiguerriglia il suo strumento di politica costante.»

Il linguaggio brigatese era ormai talmente entrato nella sua testa che, per quanto talvolta cercasse di parlare «normalmente», questo prendeva sempre il sopravvento. Era come se qualcuno parlasse al suo posto. Ma quando, nell’incontro successivo, gli dissero che le zone a più alta concentrazione di generali americani erano quelle del Triveneto e che quindi il responsabile dell’operazione sarebbe dovuto essere ancora lui, i suoi incubi si materializzarono all’istante.
In pochi secondi si rivide a fare la stessa cosa che aveva fatto a Taliercio. Il suo umore cambiò immediatamente. «Sentite», replicò, «io ho già fatto la mia parte. Se dovessimo trovarci nella stessa situazione di Taliercio, vi dico subito che stavolta toccherà a qualcun altro. Io non lo rifarò.» Ma mentre lo 
diceva, sapeva bene che, se fosse accaduto, non avrebbe potuto evitarlo. Sarebbe stato il responsabile del sequestro. e quindi doveva assumersi tutte le responsabilità dell’operazione. Fino in fondo.

La scelta della vittima e la riunione della DS

A fine ottobre l’esecutivo aveva individuato la «vittima». era il generale dell’usaf, l’aeronautica statunitense, William cooney, comandante della forza aerea operativa a Vicenza. Ma dopo i primi pedinamenti si capì subito che l’operazione non era fattibile. l’obiettivo era scortato e imprevedibile nei suoi spostamenti. così si decise di cercarne un altro.

(…) La direzione strategica non si riuniva da mesi. Urgeva una nuova convocazione. Il sequestro dello yankee sarebbe avvenuto in Veneto, così l’esecutivo decise di darsi appuntamento ai primi di novembre a Padova. proprio a casa di Daniela [Emanuela Frascella]. Quella mattina c’erano tutti: Sara, Alessandro [Francesco Lo Bianco], Romolo [Luigi Novelli] ed Emilio, ovviamente. e poi anche Walter (Remo Pancelli), andrea (Umberto Catabiani), Rolando (Marcello Capuano), Alvaro (Vittorio Antonini) e Fabrizio [Cesare di Lenardo]. Ma il nome della vittima ancora non saltava fuori.
In una successiva riunione dell’esecutivo, a Milano, Emilio portò alcuni nomi di generali americani nelle basi Nato del Veneto. alla fine la scelta cadde su James lee Dozier, generale di brigata dell’esercito, di stanza a Verona. l’inchiesta partì a fine mese. Ma per realizzare un’azione così clamorosa la colonna aveva bisogno di rinforzi, dopo l’uscita di Marcello, Lucia e altri compagni.

Arrivano i rinforzi da Roma

Il «centro» decise di mandarli da Roma. Fra questi c’erano proprio la sua ex, Martina[Emilia Libera], con il suo nuovo compagno: Rolando. Quando Emilio lo seppe non la prese per niente bene. La loro storia era durata molto, ma era finita male. Il fidanzamento di Martina con Rolando proprio non gli andava giù. Per alcuni giorni dormirono tutti nella stessa casa, in via Pindemonte. E la notte gli toccava perfino sentire i due mentre facevano l’amore. Un giorno, mentre erano tutti e tre in macchina e i due cominciarono a scambiarsi effusioni, Emilio fu sul punto di reagire. Si controllò con tutto se stesso per non esplodere. anche perché, si diceva in continuazione, le decisioni dell’organizzazione non possono essere messe in discussione, tantomeno per motivazioni poco politiche. E così Martina e Rolando, con Fabrizio, si occuparono a tempo pieno dell’inchiesta  che prometteva bene.

Dozier era un abitudinario e non era scortato. era l’uomo giusto. La modalità operativa sarebbe stata esattamente quella utilizzata nel sequestro Taliercio. Emilio e Daniele che, con una scusa, entrano in casa. Dietro di loro altri due compagni e di sotto tre di copertura. con due auto e un furgone, che avrebbe trasportato il sequestrato, nascosto in un baule. Ma il covo-prigione di Tarcento non era più disponibile, dopo l’allontanamento dei suoi occupanti dall’organizzazione, e poi il Friuli era troppo lontano.
Occorreva una casa pulita a una distanza non eccessiva. La scelta cadde su quella di Daniela, in via Pindemonte 2, a Padova.

La presa di distanza degli scissionisti

Gli scissionisti veneto-friulani, guidati da Francescutti, non avevano deposto le armi. Sognavano azioni di propaganda armata sempre nel settore fabbriche. Ma quando arrivò loro la notizia che il «centro» stava per rapire un generale americano in Veneto, capirono che la bufera era sul punto di arrivare. e per far sapere a tutti che loro con quella follia non c’entravano niente, decisero di uscire allo scoperto. Il 15 dicembre lasciarono centinaia di volantini davanti al cantiere navale Breda di porto Marghera. poi telefonarono all’Ansa di Venezia, annunciando che due copie degli stessi comunicati si trovavano in una cabina telefonica di piazza XXVII ottobre a Mestre. Erano volantini di tre pagine, intestati Brigate rosse, colonna 2 agosto. l’ennesima scissione.

Nel documento si affermava che «per superare i limiti della campagna Taliercio e sviluppare i contenuti positivi, la parte più matura della colonna Annamaria Ludmann ‘cecilia’ si riorganizza con il nome di ‘colonna 2 agosto’. Vogliamo infatti ricordare a tutti quel 2 agosto 1970 in cui, in lotta per ‘più soldi meno lavoro’, non ci siamo limitati a incrociare le braccia, ma abbiamo sconfitto 5.000 ‘teste di legno’, liberando Marghera della loro presenza». Quando il giorno dopo Emilio lesse del documento sui giornali veneti si disse: avevo ragione. a ogni azione sbagliata perdiamo pezzi. Sempre di più. Sempre più velocemente. Ma ormai era su un treno lanciato in corsa e non poteva fermarlo. e poi era tutto pronto per rapire Dozier.

FONTE: Nicola Rao, Colpo al cuore, Sperling&Kupfer

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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