Strage di Bologna: Colombo ovvero la sinistra che piace perché nega il principio di realtà

L’angelo della morte, che in certe leggende si chiama Samaele e col quale si racconta che anche Mosè dovesse lottare, è il linguaggio. Esso ci annuncia la morte – che altro fa il linguaggio? Ma proprio quest’annuncio ci rende così difficile morire. Da tempo immemorabile, da quando dura la sua storia, l’umanità è in lotta con l’angelo, per strappargli il segreto che egli si limita ad annunciare. Ma dalle sue mani puerili si può cavare soltanto quell’annuncio, che, del resto, egli era venuto a portarci. Di questo l’angelo non ha colpa, e solo chi capisce l’innocenza del linguaggio intende, anche, il vero senso dell’annuncio e può, eventualmente, imparare a morire.

GIORGIO AGAMBEM, Idea della morte in: Giorgio Agamben – Idea della prosa – Quodlibet, seconda edizione ottobre 2013, pp. 136, € 16,50

 Ugo carissimo,

                          come dicono gli esperti in materia, non c’è niente di più nuovo del già pubblicato. Ecco, dunque – trovato in “rete”, e dove, sennò? – un articolo di Andrea Colombo datato – fa fede la “copertina” – 3 agosto 2012 (!). Ringraziamo Andrea Colombo – e Piero Sansonetti, insieme con lui – perché il “3 agosto” è il compleanno di Anna, ma, dal 1980 in poi, il “3 agosto” è il (nostro) day after;  la “vigilia” del “4 agosto” (1974).

Il lettore legga pure l’articolo in questione: esercitando – liberamente – la propria facoltà di critica e giudizio.

A noi due sia concessa la possibilità di esprimere qualche considerazione, come suol dirsi, a margine – ai margini della Vita.

La “dissennata teoria” dell’Autonomo Romano piace “anche” a sinistra: a quella sinistra che, quando non sa che fare, attacca la vittima.

François de Tonquédec dice: quando un metodo è sbagliato, lo è sempre. Ma Andrea Colombo – che erra e persevera – non capisce l’orrore del proprio errore. Ah, cuore di tenebra – ma senza “From ritual to romance”, di Jessie Weston.

Questa è la sinistra che piace, perché nega il principio di realtà: la sentenza definitiva e passata in giudicato; perché evita di camminare lungo la Strada Maestra dello Stato di Diritto: chiedere la revisione del processo; perché accusa “questa vittima” di disturbare il carnefice.

«Quis tulerit Gracchos de seditione querentes?», «chi avrebbe potuto sopportare i Gracchi quando si lamentavano di una sedizione?». Con buona pace di Andrea Colombo, queste cose Giovenale le dice meglio di lui – ma ci vuole poco.

I fratelli Gracchi, si sa, sono stati uccisi. Tiberio, addirittura, a colpi di bastone.

«Date, date calci al Gracco boccheggiante,

mettendo in dubbio la costituzione stessa della sua moralità

come di persona infida, perché a voi non consustanziale (della stessa pasta),

quasi appartenente ad altro gruppo o razza

Ma tutto questo a Andrea Colombo non basta. C’è un altro morto, per lui, da mettere sotto accusa: Francesco Cossiga, di cui Colombo scrive così: «… Francesco Cossiga, che della vicenda doveva sapere parecchio dal momento che nell’agosto 1980 era presidente del Consiglio nonché uno dei principali artefici del depistaggio che sin dalle prime ore addossò ai neofascisti la responsabilità della strage».

Francesco Cossiga autore del “depistaggio” che addossa ai neofascisti la responsabilità della “Strage di Bologna”?

Francesco Cossiga: nostro concittadino; già presidente della Repubblica Italiana; defunto, e dunque – per ovvie ragioni – impossibilitato a difendersi.

Anna Maria e Giuseppe Cossiga vogliono difendere la memoria del proprio padre?

In circostanze analoghe, la signora Marianna Scalfaro ha scritto una lettera al “Corriere della Sera”, per difendere la memoria di suo padre.

Anna Maria e Giuseppe Cossiga vogliono manifestare la medesima dignità – umana e civile – di Marianna Scalfaro?

Intanto, ci siamo noi – due, soli – a scrivere lettere: e la lettera è un documento.

Ma chi siamo noi due, per poter fare questo? Chi siamo noi due, per poter esistere; per vivere, addirittura? Noi due, chi siamo?

Siamo due cittadini provvisti – appunto – di “identità civica”, quella che ci deriva dal fatto che stiamo nello Stato-di-Diritto, non nello Stato-di-Eccezione.

Siamo due “Individui Sacrali”. Ma non possiamo essere sacrificati – dall’esterno – perché i “sacrifici umani”, sono stati “ufficialmente” aboliti (però, possiamo praticare, liberamente, l’auto-sacramental). Siamo due Individui provvisti di sostanza poetica, perché il Poeta dice che l’Individuo è il Fenomeno Democratico. La nostra Identità (umana, culturale, civile) consiste nell’essere-nel-linguaggio: “mortali”, dunque, sì, ma solo dal punto di vista “empirico”; “eterni”, dunque, sì, nel Linguaggio che Testimonia l’eternità di ogni essente.

Per quanto umile e umbratile possa essere  la nostra esistenza, questa non può essere “giudicata/condannata” da Andrea Colombo e da quelli della sua stessa pasta.

Ma viene il tempo in cui Andrea Colombo – anche lui, sì – è chiamato nella Valle di Giosafat. Lì, Colombo tace, privo di Linguaggio, ignaro della Parola-che-Salva: PERDONO.

Adonai lo affida all’Arcangelo Samael: la “mano sinistra di Dio”, l’esattore del karma.

Samael accompagna Andrea Colombo – con vibrazione impietosa e sferzante per l’errore, la pigrizia, la noncuranza dei doveri – nella Valle della Gehenna, dove in tempi arcaici Moloch chiedeva-accettava-gradiva i bambini sgozzati e bruciati, in olocausto, per lui.

Noi due siamo già lì, prima che Andrea Colombo fosse. È nostro Dovere assisterlo, sostenerlo, mentre l’Arcangelo Samael gli mostra la “sequenza primaria”: i “sacrifici umani”, il “pasto arcaico”.

Noi due siamo già lì. È nostro Dovere pronunciare – per lui, sì, per lui – la Parola-che-Salva: PERDONO.

Noi due siamo già lì. È nostro Dovere indicare – a lui, sì, a lui – il Linguaggio che insegna a imparare a morire.

Noi due siamo già lì. Perché i Doveri vanno adempiuti, ai diritti si può anche rinunciare. E noi abbiamo rinunciato – da tempo e per sempre – al diritto di provare l’umano sentimento del rancore per le violenze patite.

Noi due siamo già lì: postumi.

Grazie, Ugo carissimo, per lo spazio che, ancora una volta con incontrovertibile generosità, ci offri. Con l’occasione ti salutiamo, come sempre, con affetto-stima-rispetto.

Anna Di Vittorio e Gian Carlo Calidori

Post scriptum

Per chi volesse approfondire lo studio del tema degli angeli, si suggerisce la lettura di questo agile libretto: (a cura di) Giorgio Agamben e Emanuele Coccia – Angeli. Ebraismo Cristianesimo Islam – NERI POZZA la quarta prosa, 2009, pp. 2016, € 70,00.

Roma, domenica 26 ottobre 2014

 

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

4 Comments on “Strage di Bologna: Colombo ovvero la sinistra che piace perché nega il principio di realtà

  1. Ferma restando la solidarietà nei confronti dei parenti di Mauro Di Vittorio, resto tuttavia attonito di fronte ad alcune affermazioni fatte su questo blog, piene di citazioni latine, bibliche e poetiche che nulla hanno a che vedere con la specificità dei fatti.
    Mi chiedo come sia possibile affermare sulla base di una sentenza giudiziaria, non necessariamente certezza di “verità vera”, che la “pista palestinese” sia completamente campata per aria, né che il “lodo Moro” altro non fu se non una bufala.
    Mi chiedo anche il motivo che indusse la redazione di Lotta Continua a dedicare un ampio articolo, se non era un militante della sinistra estrema, a Mauro Di Vittorio alcuni giorni dopo la strage.
    Mi chiedo anche come sia possibile pensare che l’allora presidente del Consiglio, a cui i servizi fanno obbligatoriamente riferimento, non fosse coinvolto nei depistaggi, né cosa si potrebbe attendere in proposito dai di lui figli. Mio padre, ufficiale di carriera inquadrato per un periodo nel SIOS (Servizio informazioni operative e situazione) aeronautica, e certo non parlava in famiglia delle operazioni cui era comandato.
    Mi chiedo, infine, il senso di concedere il perdono a coloro (Mambro e Fioravanti) che di quella orribile strage furono solo capri espiatori.
    Con rispetto

    • Paolo, provo a rispondere ai tuoi dubbi.
      Nessuno, in questo blog, ha mai sostenuto che la pista palestinese è completamente campata in aria (tant’è che per definire sinteticamente Pelizzaro, Paradisi e de Tonquedec li definisco gli sherpa, cioè gli scopritori di una pista) mentre è di tutta evidenza che il lodo Moro è una realtà. Il fatto è, Paolo, che persino gli scopritori della pista palestinese hanno liquidato come del tutto infondate le accuse lanciate da Raisi a Mauro Di Vittorio.
      Lotta continua dedica un articolo a Mauro Di Vittorio perché era un compagno noto nel quartiere anche se non più attivo da tempo per problemi familiari (doveva lavorare avendo perso presto il padre) e a Torpignattara era ancora attivo un nucleo di militanti di Lotta continua per il comunismo, il gruppo sopravvissuto al congresso di scioglimento
      Non è automatico che un depistaggio sia gestito direttamente dal governo o sia ad esso funzionale: i servizi spesso rispondono a logiche proprie o a padroni terzi. E poi qual è il depistaggio? Il primo depistaggio riconosciuto come tale – la cosiddetta pista libanese – scatta un mese dopo, quando già c’è stato il blitz del 28 agosto.
      Sulla questione del perdono ti sei perso qualche passaggio. Tu, io e molti giornalisti e intellettuali ritengono Mambro e FioraVANTI non colpevoli della strage ma per la legge, i libri di storia e il senso comune sono condannati definitivamente. Proprio questo dato di fatto è stato oggetto di una discussione tra Valerio e Anna, proprio in questo blog. Valerio insiste che loro quel perdono non lo volevano perché innocenti. Anna e il marito hanno replicato che all’epoca li avevano perdonati su loro sollecitazione e comunque all’interno di un loro percorso di liberazione dalla schiavitù della condizione di vittime a prescindere se fossero o non fossero colpevoli. Una fonte terza, Bianconi, non ostile a Mambro e Fioravanti, all’epoca sottolineò che il perdono di Anna fu l’elemento decisivo per la concessione della libertà condizionale a Mambro.

  2. Grazie per le utili precisazioni, Ugo.
    Tuttavia in un precedente intervento del tuo blog è stato affermato che

    “Sulla “Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980” esiste una sentenza: definitiva e passata in giudicato. Non è obbligatorio accettarla, da parte di tutti e ognuno. Sarebbe opportuno, però, tenerne conto, non foss’altro che per rispettare il “principio di realtà”.”
    Come a dire, a dispetto delle evidenti forzature e delle altrettanto evidenti menzogne di Sparti (unico test d’accusa insieme, nell’altro filone di indagini su Ciavardini, con Izzo e la Furiozzi): ehi… c’è una condanna passata in giudicato, quindi bisogna tenerne conto per un presunto “principio di verità”. Ma la verità che emerge dalle carte processuali è l’innocenza dei tre condannati e i depistaggi messi in atto.
    Altrimenti con questa logica del “principio di verità” dovremmo anche ritenere inesistente – o perlomeno sospetto d’inconsistenza – il “lodo Moro”, che la recente indagine sulla pista palestinese ha dichiarato mancare di “un riscontro documentale oggettivo”.
    Mi spiace, Ugo, se per la legge e l’opinione pubblica Mambro, Fioravanti e Ciavardini restano i responsabili della strage di Bologna, i libri di storia non si scrivono – e mai sono stati scritti – attingendo acriticamente alle carte processuali.

    E arrivo ai depistaggi. Anche qui mi sento di contraddirti. Il primo avvenne nell’immediato della tragedia, con la diramazione di un comunicato nel quale si imputava la tragedia allo scoppio accidentale di una caldaia. Immediatamente dopo, non potendo ulteriormente sostenere questa fandonia, si addossò in maniera generica la colpa ai fascisti. Poi venne coinvolto Affatigato (nome fatto poco prima per la strage di Ustica), poi Santovito, Abu Ayad, la giornalista Rita Porena, l’operazione Terrore sui treni, ecc. ecc., fino ad arrivare alla Mambro a Fioravanti e, infine, a Ciavardini.
    Dici: “Non è automatico che un depistaggio sia gestito direttamente dal governo o sia ad esso funzionale: i servizi spesso rispondono a logiche proprie o a padroni terzi”. Non gestito dal governo, ma a conoscenza del Primo ministro sì, visto che non ai responsabili dei rispettivi dicasteri (Interno e Difesa) ma a lui e soltanto a lui l’intelligence riferisce e risponde.
    Per come la vedo, non ho mai creduto alla storia dei “servizi deviati”. E nonostante l’esistenza di due diversi atteggiamenti all’interno dei nostri 007 dell’epoca (filo-palestinese o filo-israeliana) ritengo ampiamente improbabile che l’allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga non conoscesse la verità e non avesse dato il proprio bene placet ai depistaggi, messi in opera in maniera così grossolana da non poter passare inosservati agli occhi di un capo di governo, soprattutto se si tratta di un “vecchio volpone” come l’ex picconatore.

    Infine, su Anna Di Vittorio non posso che constatare la sua grandezza morale per aver concesso il suo “perdono” utile alla liberazione definitiva della Mambro.

    Per il momento un saluto, caro Ugo, e grazie per la tua disponibilità e l’apertura a ogni tipo d’intervento.

    • Paolo, capiamoci. Hai ragione, ma hai torto. E’ vero: Affatigato era un depistaggio, il blitz del 28 agosto manda in galera o tiene in galera persone sulla base di false accuse di un discutibile “informatore”. Ma sono episodi che non sono entrati nel processo: terrore sui treni è un depistaggio da manuale ma finisce per costruire uno dei mattoni del muro che schiaccia Mambro e Fioravanti, così come la pista libanese costruisce una verità storica, i fasci dalla parte della Falange che oggi chi ha vissuto quell’esperienza prova a contestare. Tutti falsi ma alcuni si sono estinti con danni limitati altri hanno prodotto effetti di verità più o meno devastanti.
      Chiarito quindi quello che intendevo dire sull’ordine dei depistaggi, entriamo nel vivo della questione.
      Tu, io e quanti hanno letto Foucault e si sono appassionati alla storia dei dannati della terra sappiamo che la macchina giudiziaria produce solo verità giudiziarie ma nel senso comune non è così. La cosa è più complicata. Ma questo merita un post a parte che scriverò appena avrò un po’ di tempo…
      PS: Ieri mi ha commosso vedere sulla scrivania di una delle mie allieve predilette, incrociata per impicci di lavoro, il libro tuo e di Zanetov. Contraccambio l’abbraccio …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.