Strage di Bologna: una lectio magistralis da Anna Di Vittorio e Giancarlo Calidori

Perciò! Va’ pure inerme

Attraverso la vita, e nulla temere!

 HÖLDERLIN

 

Ugo carissimo,

torniamo insieme in questa lettera, l’una accanto all’altro, per quello che siamo: sposi. E ci siamo sposati, nel 1983, perché la gente come noi due si coniuga, non si declina.

Anna è nata a Roma, Gian Carlo in Umbria. Nessuno dei due ha avuto i natali in Toscana. E dunque sbaglia – di molto – chi vuole pensare, “toscaneggiando”, che noi siamo “buoni tre volte”. Sbaglia – assai – chi vuole scambiare la nostra gentilezza per debolezza.

Ragioniamo, ora, per punti salienti, sulle affermazioni contenute nella lettera che Valerio Fioravanti ha voluto scrivere e indirizzarti.

Prima di tutto, però, dobbiamo farti una domanda. Nella propria lettera, Valerio cita – per quattro volte, addirittura – un certo “Marco di Vittorio” – testuale. Noi due non conosciamo persone con questo nome. Tu, per caso, sai chi è, chi può essere questo “Marco di Vittorio”?

Per carità, niente di male: ognuno, in fondo, ha il diritto di avere il proprio “amico del cuore”. Valerio Fioravanti, anche.

Valerio parla di imbarazzo – suo e di Francesca – nel riceverci a casa loro: ma non erano obbligati a farlo; noi due non lo abbiamo chiesto, sono stati loro a volerci invitare, e noi abbiamo accettato.

Poi, parla di una sua impressione di una nostra delusione. Facciamo subito chiarezza: noi due non facciamo gli psicanalisti, e Valerio sbaglia nel voler “proiettare” su di noi il suo proprio inconscio. Noi non siamo abilitati – professionalmente – a gestire questo “transfert-controtransfert”.

Ma tutto questo può essere una novità degna di nota. Forse è possibile che in qualche ex terrorista – perché, per fortuna esiste questa “categoria”, quella di “ex vittima” no – è possibile che stia avvenendo il passaggio – epocale, addirittura – dalla fase del totus politicus a quella dell’umanizzazione psicologica del soggetto giuridico a cui viene contestato il reato di “omicidio politico”; di “strage”, addirittura. Ed è possibile, anche, che alla contestazione del reato seguano processi che si concludono con una sentenza di condanna – definitiva e passata in giudicato, addirittura. Son cose che capitano.

È una fase, questa, che può e deve essere seguita e analizzata dagli esperti in materia, quali non siamo noi due, però. Ci vuole lo “strizzacervelli”.

Finalmente, dopo quest’incipit, intimistico-crepuscolare, Valerio comincia a parlare di “politica”: materia, questa, che gli piace tanto – a noi molto, molto poco.

Sostiene Valerio di aver parlato con Enzo Raisi – suo amico di vecchia data – per farci avere la “raccomandazione” per incontrare Gianfranco Fini: già presidente della Camera dei Deputati, già presidente del partito politico FLI – già.

Non sappiamo se ciò corrisponda al vero, perché è la prima volta che sentiamo questa storia.

Corrisponde al vero, però, che Francesca e Valerio ci hanno parlato del loro amico on. Alfredo Mantica: dandoci il suo numero di cellulare e invitandoci a telefonargli e, se il caso, a scrivergli. Abbiamo fatto entrambe le cose, trovando in Alfredo Mantica una persona che ha voluto accoglierci con stima e rispetto. Cosa analoga non possiamo dirla per l’ex on. Enzo Raisi.

Che Francesca e Valerio avessero delle ottime entrature nell’entourage di quell’ex Presidente della Camera, ce l’hanno detto loro, sostenendo di sentirsi spesso al telefono con la dottoressa Rita Marino, già Capo della Segreteria Particolare dell’ex Gianfranco Fini.

Tutto vero, o qualcuno millanta credito? Lo ignoriamo.

Ma noi non facciamo gl’investigatori, in ruolo nella Polizia Giudiziaria; non facciamo i magistrati, in ruolo in qualche Procura della Repubblica; non facciamo i Giudici, in ruolo in qualche Tribunale.

Dunque: non spetta a noi indagare, inquisire e incriminare, rinviare a giudizio, processare e pronunciare una sentenza di condanna: in Primo grado, in Appello, in Cassazione.

Noi siamo cittadini italiani: cittadini semplici, vittime educate e gentili, “guaritori feriti”. Solo questo, tutto qui.

Valerio mente – ancora una volta – quando sostiene che del rapporto, epistolare e non solo, con noi due, lui e Francesca non hanno mai voluto parlare con la stampa.

Infatti, porta la data del 3 agosto 2008, l’intervista a Valerio, raccolta e pubblicata da Gian Marco Chiocci – altro loro amico, così ci hanno detto – su “Il Giornale” di Milano.

Lo stesso giorno, Giovanni Bianconi pubblica, sul “Corriere della Sera”, il proprio articolo. E vale la pena raccontarla per bene, questa storia.

Il 9 maggio del 2008 andiamo al Quirinale – ufficialmente invitati dal presidente Napolitano – per partecipare alla prima celebrazione de “La Festa del Ricordo”, istituita dal Parlamento Italiano – dopo nostra lunga e perseverante sollecitazione – per ricordare, senza differenza alcuna, le vittime dei terrorismi: tutte e tutte insieme.

Parliamo con Bianconi e gli raccontiamo la nostra storia. Lui si dice subito interessato a scriverla sul “Corriere”. Gli diciamo sì con riserva: prima dobbiamo parlarne con Francesca e Valerio.

Loro due si dichiarano subito favorevoli alla cosa. E questo per due ragioni: loro stimano Giovanni Bianconi, perché lo considerano un giornalista serio e senza pregiudizi ideologici; Bianconi, poi, in passato gli ha dedicato un libro che a loro è molto piaciuto. Quindi, noi due possiamo dare a Bianconi le carte relative al nostro comune scambio epistolare, così lui potrà farsi un’idea precisa di questa vicenda, e scrivere l’articolo con cognizione di causa.

Va bene, dunque: il nostro rapporto con Giovanni Bianconi si consolida e Giovanni, il 3 agosto del 2008, pubblica il proprio articolo sul “Corriere”.

Nel suo articolo, Giovanni inserisce, tra l’altro, la foto del “Melograno” che il 15 maggio del 2007 – in occasione del primo anniversario della sua presidenza – avevamo donato al presidente Napolitano, con tanto di “targa esplicativa”. Il presidente Napolitano ha poi fatto piantare il “Melograno” nella tenuta presidenziale di Castelporziano. Quando raccontammo, nel 2008, questa storia del “Melograno” a Francesca e a Valerio, Valerio ha voluto fare un suo commento: così, a Castelporziano, quell’albero non lo vede nessuno. Noi due abbiamo evitato di replicare.

Il 3 agosto del 2008, Francesca e Valerio ci telefonano per dirci che l’articolo di Giovanni Bianconi non gli è piaciuto, ma non ci spiegano – in modo chiaro – le ragioni di ciò. Però, ci chiedono il favore di parlare con la giornalista Maria Giovanna Maglie, che è loro amica personale e nella quale loro due ripongono totale fiducia.

La sera stessa, la signora Maglie ci telefona e registra la nostra conversazione con lei. La signora Maglie ci tiene subito a dirci che lei non è “innocentista”, lei è “certa” dell’innocenza di Francesca e Valerio in relazione alla “Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980”. Le prove a sostegno di questa affermazione sono, naturalmente, inutili.

Quando si è “certi” – come la signora Maglie – si è “certi”. Basta così.

Il giorno dopo, 4 agosto 2008, Francesca e Valerio ci telefonano ancora.

Stanno in vacanza, nell’isola di Ventotene, ma l’argomento di cui ci devono parlare è serio, importante, urgente.

Ci chiedono il favore di sfogliare il libro che il Quirinale ha fatto distribuire – gratuitamente – quel “9 maggio”, per ricordare le vittime dei terrorismi. Ci sono, in quel libro, i nomi di alcune vittime del terrorismo “arabo-palestinese” in Italia? Sfogliamo accuratamente il libro. No, quei nomi non ci sono.

Il giorno dopo, su “Il Giornale” di Milano, Maria Giovanna Maglie pubblica l’articolo – è il “fondo” – che ti alleghiamo, in cui la Maglie critica il Quirinale per queste “mancanze”.

Ovviamente, noi due non abbiamo le prove per sostenere che Francesca e Valerio hanno “passato”, alla loro amica Maglie, le informazioni ottenute da noi due. Però, si dà il caso che la “sostanza” del “fondo” della Maglie coincide con quelle informazioni che loro due hanno chiesto a noi. Su questo “fatto”, non abbiamo commenti da fare.

Quando siamo andati a casa di Francesca e Valerio, Valerio ci ha chiesto un favore: una lettera di “buona condotta” per Francesca. Che significa “buona condotta”?

Francesca, in quel periodo, stava chiedendo la libertà condizionale, assistita dall’avvocato Michele Leonardi, che abbiamo conosciuto di persona.

Ci si chiedeva, dunque, di scrivere ancora una lettera, nella quale avremmo dovuto dire che Francesca ci aveva accolti bene, stabilendo con noi due un buon rapporto.

Abbiamo scritto anche questa lettera di “buona condotta” e l’abbiamo mandata – come le precedenti, del resto – all’avvocato Leonardi. Sarebbe stato, poi, compito dell’Avvocato far avere questi materiali ai giudici competenti in materia. I quali giudici hanno voluto tener conto di tutto questo per concedere la libertà condizionale a Francesca. E questo sta scritto nel documento del “Tribunale di sorveglianza di Roma”.

Dunque, il “NON” e il “NONOSTANTE” che Valerio scrive nella lettera che ti indirizza, sono – per dirla con Gadda – “gnommeri”: che attengono – esclusivamente – alla coscienza di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. E la coscienza della “persona umana” e del “cittadino dello Stato di Diritto” sono insondabili. Chi osa farlo, commette reato. Non è questo il caso nostro.

Quanto a noi – sempre “gaddianamente” – ci facciamo bastare la nostra “Cognizione del Dolore”.

Ora, ci è doveroso fare appello al “demone dell’analogia” – così caro a Simone Weil.

Come ha già fatto, nel 2012, l’ex on. Enzo Raisi, anche Valerio Fioravanti vuole dire la sua sulla Procura di Bologna: «la nuova Procura di Bologna», la chiama Valerio.

Questa locuzione era sgradevole e offensiva in Raisi, e resta sgradevole e offensiva in Fioravanti.

Raisi ha voluto sostenere, sul “Corriere” di Bologna del 28 luglio 2012 (articolo a firma di Alessandro Mantovani), che Roberto Alfonso è meglio del suo predecessore Enrico Di Nicola. Di Nicola, infatti, andava in giro per Bologna con “l’Unità” sotto il braccio, mentre di Alfonso si dice che sia vicino alle posizioni di “Magistratura indipendente”, la corrente conservatrice dell’Anm.

Chi dice queste cose, cosa vuol sostenere? Che Di Nicola era un magistrato “amico” dei partiti di sinistra, e Roberto Alfonso – in quanto vicino a “Magistratura indipendente” – DEVE essere “amico” dei partiti di destra?

Tutto questo è offensivo. Due volte. Offende l’Ordinamento Giurisdizionale della Repubblica Italiana (articoli 104 e successivi della nostra Costituzione). Offende, personalmente, il Procuratore capo Roberto Alfonso.

Il magistrato Alfonso non ha bisogno di “difensori d’ufficio”, così come non ha bisogno di ricevere offese. Se dovesse commettere errori, di questo se ne occuperebbe il Csm. E anche questo sta scritto nella nostra Costituzione.

Nessuno, in Italia, deve poter essere offeso. Neppure l’ultimo dei cittadini italiani: per quanto umile e umbratile possa essere la sua condizione umana.

Se Francesca e Valerio volevano prendere le distanze dalle “tesi dissennate” dell’ex on. Raisi, avrebbero dovuto farlo per tempo. Cioè subito.

Invece, Valerio ha voluto rilasciare un’intervista a Maurizio Gallo, apparsa sul quotidiano romano “Il Tempo” (ora diretto da Gian Marco Chiocci, amico personale di Francesca e Valerio), il 10 ottobre del 2013. In questa intervista Valerio, a proposito della “Strage di Bologna” dice che «tra i morti, poi, ci sono un ragazzo dell’autonomia operaia, ecc.».

E Francesca ci manda una delle sue e-mail proprio per invitarci a leggere “questa” intervista di Valerio.

La locuzione “autonomia operaia” era stata già usata dall’ex on. Raisi nell’intervista rilasciata alla cronaca di Bologna del “Carlino” in data 8 aprile 2012.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, ha chiesto l’archiviazione per quest’indagine. Ora, è un po’ tardi per giuocare a fare i voltagabbana.

Adesso – per dirla con François de Tonquédec – les jeux sont faits; rien ne va plus. Insomma: la ricreazione è finita.

Ora, tutti e ognuno sono chiamati a rispondere di quanto hanno voluto pensare-dire-fare-omettere: davanti alla propria coscienza; davanti a un’opinione pubblica finalmente liberatasi da stucchevoli “lusinghe attoriali”; davanti alle Istituzioni della Repubblica Italiana. Ché l’Italia è, e resta, il nostro Stato di Diritto.

Una penultima considerazione. Valerio scrive che noi due siamo «persone molto di sinistra». Lui lo ha scritto.

Qualcuno dice che Anna è di “destra”, perché a scuola si ostina a insegnare, ai proprî scolari, l’educazione civica. Materia questa, che qualche insegnante “sé dicente progressista” considera, appunto, di “destra”. E poi, Anna insegna, ogni giorno, il senso e la pratica della disciplina: quando si fanno i compiti, quando si va a mensa, quando si mettono a posto libri e quaderni prima di uscire dalla scuola.

Qualcuno dice che Gian Carlo è di “destra”, perché lui è un appassionato lettore competente delle opere di René Guénon. Lo accusano, anche, di seguire la disciplina dell’Ontologia fondamentale, perché lui è un appassionato lettore competente delle opere di Emanuele Severino.

Ma, si sa: la gente mormora. Tuttavia, in questi casi, è doveroso mettere in pratica l’insegnamento del Poeta: «Non ti curar di lor …».

L’ultima cosa. Come dice, giustamente, Anna Di Vittorio: non capisce chi non vuole capire: Francesca e Valerio hanno voluto “non-capire” il Perdono di Anna. Il Perdono è un “Dono-Per”: per ri-cominciare a ri-farsi una vita, soprattutto quando si è fatta – coscientemente – la scelta di essere, diventare “genitori”. Il nostro Perdono è, e resta, Perdono Assoluto: “ab-solutus/sciolto da” ogni speranza di scambio. Quel che è stato è stato. Quel che è fatto è fatto.

Quanto a noi, perseveriamo. Contrariamente a quello che sembra, è leggero il Giogo che il Destino della Necessità ci ha chiesto di sostenere.

Non sono certo Francesca Mambro e Valerio Fioravanti a fermarci. Non ci fermano l’ex on. Raisi e i pochi amici che gli sono rimasti. Non ci fermano l’ipocrisia e il conformismo imperanti.

Il lavoro della paziente coltivazione, della quotidiana costruzione del percorso che ci porta al cuore della “Verità e Riconciliazione” va fatto. Il Destino ci ha affidato questo compito? Adempiamo i nostri Doveri a viso scoperto e con la schiena dritta. Come dice Anna Di Vittorio: il coraggio chi ce l’ha non se lo può togliere.

Grazie, Ugo carissimo, per l’attenzione, l’ospitalità, il sostegno.

Con affetto-stima-rispetto,

Anna Di Vittorio e Gian Carlo Calidori

Post Scriptum

Tutta la documentazione, a sostegno di quanto abbiamo scritto in questa lettera, è a tua disposizione. Quando ce la chiedi, noi te la mandiamo: con la nostra autorizzazione – scritta – a   renderla pubblica.

ADV e GCC

Roma, giovedì 18 settembre 2014

———————–

Sono ovviamente orgoglioso che il mio blog consenta di mantenere in qualche modo allacciati fili rotti dalla forza della tempesta. Nei prossimi giorni caricherò nella sezione “Dicono di noi” i diversi articoli di quotidiano che i coniugi Calidori Di Vittorio hanno allegato. Intanto posso chiarire l’evidente lapsus: Marco Di Vittorio era uno dei fascisti proletari di Prati, protagonisti tra l’altro dell’assalto alla sezione Esquilino del Pci per cui lo stesso Fioravanti è stato condannato per strage sebbene fosse contrario alla rappresaglia per la morte di Cecchin e non vi avesse preso materialmente parte. A Di Vittorio ho dedicato quattro post sul mio vecchio blog Fascinazione. Quello linkato sopra è appunto il quarto e riprende la testimonianza di Di Vittorio su quel raid, testimonianza raccolta da Nicola Rao

Ps: anche io sono convinto che Anna e Giancarlo siano di destra. Tale, almeno, è, a mio giudizio, il loro ossessivo richiamo al rispetto delle forme e delle istituzioni giuridiche. Idee e valori alti ma per me, vecchio ribelle, profondamente di destra

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “Strage di Bologna: una lectio magistralis da Anna Di Vittorio e Giancarlo Calidori

  1. Se fossero veramente stati Fioravanti e Mambro, non ci sarebbe stato bisogno di nessun manadante:

    http://strage80bologna.wordpress.com/2014/09/13/bolognesi-si-sfoga/

    Gli NAR non avevano mai commesso crimini su ordine.

    Erano dei pazzi criminali, che combattevano contro i loro nemici ideologici, che non erano solo quelli della sinistra, ma anche lo stato italiano.

    Invece a compiere atti terroristici su mandato (specialmente di stati come Libia, Siria, Iraq, Romania,…) era proprio il gruppo di Carlos, Weinrich e Kram, dunque quello della pista archiviata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.