Strage di Bologna e perdono: Anna Di Vittorio e Giancarlo Calidori citano i testimoni

(umt) Mentre lavoravo, con i miei ritmi sempre più messicani, ai link dei vari documenti trasmessi dai coniugi Calidori-Di Vittorio per integrare il testo della loro replica a Valerio Fioravanti, mi è arrivata una nuova epistola, che questa volta chiama in causa numerosi personaggi pubblici, già tirati in ballo nel corso dello scambio epistolare tra i protagonisti di una splendida storia di riconciliazione finita a schifio. Ve la ripropongo, ma stavolta con i link già inseriti. …

È quasi sicuro che questa è la mia ultima poesia in friulano: e voglio parlare a un fascista, prima che io, o lui, siamo troppo lontani.

 È un fascista giovane, avrà ventuno, ventidue anni: è nato in un paese e è andato a scuola in città.

 È alto, con gli occhiali, il vestito grigio, i capelli corti: quando comincia a parlarmi, penso che non sappia niente di politica

 e che cerchi solo di difendere il latino e il greco contro di me; non sapendo quanto io ami il latino, il greco – e i capelli corti. Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.

 «Vieni qua, vieni qua, Fedro. Ascolta. Voglio farti un discorso che sembra un testamento. Ma ricordati, io non mi faccio illusioni

 su di te: io so, io so bene che tu non hai, e non vuoi averlo, un cuore libero, e non puoi essere sincero: ma anche se sei un morto io ti parlerò.

 Difendi i paletti di gelso, di ontano, in nome degli Dei, greci o cinesi. Muori di amore per le vigne. Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.

 Per il capo tosato dei tuoi compagni. Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro parrocchie abbandonate. Difendi il prato

 tra l’ultima casa del paese e la roggia. I casali assomigliano a Chiese: godi di questa idea, tienla nel cuore. La confidenza col sole e con la pioggia, lo sai, è sapienza santa. Difendi, conserva, prega! La Repubblica è dentro, nel corpo della madre. I padri hanno cercato e tornano a cercare

 di qua e di là, nascendo, morendo, cambiando: ma son tutte cose del passato. Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci! Che la tua camicia non sia

 nera, e neanche bruna. Taci! Che sia una camicia grigia. La camicia del sonno. Odia quelli che vogliono svegliarsi, e dimenticarsi delle Pasque…

 Dunque, ragazzo dai calzetti di morto, ti ho detto ciò che vogliono gli Dei dei campi. Là dove sei nato. Là dove bambino hai imparato

 i loro Comandamenti. Ma in Città? Là Cristo non basta. Occorre la Chiesa: ma che sia moderna. E occorrono i poveri.

 Tu difendi, conserva, prega: ma ama i poveri: ama la loro diversità. Ama la loro voglia di vivere soli nel loro mondo, tra prati e palazzi

 dove non arrivi la parola del nostro mondo; ama il confine che hanno segnato tra noi e loro; ama il loro dialetto inventato ogni mattina,

 per non farsi capire; per non condividere con nessuno la loro allegria. Ama il sole di città e la miseria dei ladri; ama la carne della mamma del figlio.

 Dentro il nostro mondo, dì di non essere borghese, ma un santo o un soldato: un santo senza ignoranza, un soldato senza violenza.

 Porta con mani di santo o di soldato l’intimità del Re, Destra divina che è dentro di noi, nel sonno. Credi nel borghese cieco di onestà,

 anche se è un’illusione: perché anche i padroni hanno i loro padroni, e sono figli di padri che stanno da qualche parte nel mondo.

 È sufficiente che solo il sentimento della vita sia per tutti uguale: il resto non importa, giovane con in mano il Libro senza la Parola.

 Hic desinit cantus. Prenditi tu, sulle spalle, questo fardello. Io non posso: nessuno ne capirebbe lo scandalo. Un vecchio ha rispetto

 del giudizio del mondo: anche se non gliene importa niente. E ha rispetto di ciò che egli è nel mondo. Deve difendere i suoi nervi, indeboliti,

 e stare al gioco a cui non è mai stato. Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii: portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre

 la vita, la gioventù!».

 PASOLINI, Saluto e augurio

 

Ugo carissimo,

leggiamo, nella tua pagina Facebook, due contributi – definitivi e conclusivi – di François de Tonquédec. Lasciamo a te il compito di raccontare, ai tuoi lettori, chi è François [uno dei massimi esperti della strage di Bologna e tra gli scopritori della pista palestinese, umt] .

       Qui riassumiamo, per punti salienti, i suoi contributi: 1) L’ipotesi di coinvolgere Mauro Di Vittorio nella “pista palestinese” non è mai esistita (16 settembre); 2) La questione di Kram in albergo con i suoi veri documenti è stantia (16 settembre); 3) La Mambro e Fioravanti hanno sbagliato a rivelare le proprie entrature politiche, vere o presunte che siano.

Da notare è che François de Tonquédec ha scritto un libro sulla strage di Bologna insieme con Gian Paolo Pelizzaro e Gabriele Paradisi: Dossier strage di Bologna. La pista segreta – Giraldi editore, 2010.

A suo tempo, Pelizzaro ci ha telefonato, per dirci che lui e Paradisi e de Tonquédec non condividevano l’attacco che l’ex on. Raisi faceva a Mauro, e per chiederci la carta d’identità di Mauro, per poterla usare al fine di contestare Raisi.

Abbiamo preso atto delle affermazioni di Pelizzaro, ma non gli abbiamo dato alcunché. I documenti relativi alla storia di Mauro li abbiamo consegnati alla Procura di Bologna.

Gabriele Paradisi, dopo aver voluto accompagnare l’ex on. Raisi in alcune presentazioni del libro di quest’ultimo, continua – Paradisi – a scrivere articoli a sostegno della “pista palestinese” (glieli pubblica Gian Marco Chiocci, direttore de “Il Tempo”). Prendiamo atto.

A questo punto, però, ci sentiamo autorizzati a porre alcune pubbliche domande.

1) Gian Paolo Pelizzaro e Gabriele Paradisi vogliono condividere le affermazioni fatte da François de Tonquédec sulla pagina Facebook di Tassinari, o vogliono dissociarsi da quelle affermazioni?

L’eventuale ostinato e italico silenzio di Pelizzaro e Paradisi, significherebbe che questa volta, a Barletta, hanno vinto i francesi. Ben gli starebbe agl’italieschi.

Sia data la parola a Pelizzaro e Paradisi per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

2) Valerio Fioravanti, nella propria lettera a Tassinari (giovedì 18 settembre u. s.) sostiene che «Francesca [Mambro] NON ha preso la condizionale grazie ad Anna Di Vittorio, si potrebbe anzi quasi dire il contrario, ha preso la condizionale NONOSTANTE Anna Di Vittorio, che voleva perdonarla per qualcosa che lei non aveva fatto».

Abbiamo già detto che questa affermazione di Fioravanti è falsa, e a sostegno di questa nostra specifica e incontrovertibile smentita, abbiamo citato il documento del “Tribunale di Sorveglianza di Roma”, già pubblicato da Tassinari.

L’avvocato Michele Leonardi, che abbiamo conosciuto personalmente, si è occupato, in quanto legale rappresentante di Francesca Mambro, della richiesta di libertà condizionale per la sua assistita.

Può, l’avvocato Leonardi, confermare le affermazioni di Fioravanti, e dunque smentire sé stesso e i giudici del “Tribunale di Sorveglianza di Roma”?

Sia data la parola all’avvocato Leonardi, per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

3) Nella citata lettera di Fioravanti, egli dichiara che «Non ho dato i recapiti di Anna Di Vittorio a Raisi, ma consigliai a Raisi di leggere la corrispondenza che era intercorsa tra lei e Fini, perché si rendesse conto dello spessore della persona. In quella corrispondenza, che certo io non ho ma Raisi ha trovato facilmente nella segreteria di Fini, c’erano, presumo, tutti i contatti di Anna Di Vittorio».

Gianfranco Fini, ex presidente della Camera dei Deputati, chiamato direttamente in causa da Fioravanti, può confermare le parole di Fioravanti stesso?

È stato lui, Gianfranco Fini, in qualità di presidente della Camera dei Deputati, a dare all’ex on. Raisi le lettere che noi gli abbiamo scritto – per altro senza mai ricevere una lettera di risposta da parte sua?

Vale la pena ricordare che, nel gennaio del 2013, l’ex presidente Fini ha organizzato, negli spazi della Camera dei Deputati, la pubblica presentazione del libro dell’ex on. Raisi. Poiché l’evento è stato registrato, come s’usa fare alla Camera, la registrazione di quell’evento “circola in rete”.

È stato lui, Gianfranco Fini, in qualità di presidente della Camera dei Deputati, ma anche in qualità di presidente di FLI, ad aiutare, personalmente e direttamente, l’ex on. Raisi, dirigente di FLI, a costruire le proprie tesi infamanti contro Mauro Di Vittorio, vittima «oggettiva» della “Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980”?

Sia data la parola a Gianfranco Fini, per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

4) Quando ci siamo incontrati personalmente, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti ci hanno parlato, tra l’altro, della loro amicizia con la dottoressa Rita Marino, già Capo della Segreteria Particolare dell’ex presidente Gianfranco Fini, dicendoci che si sentivano spesso al telefono con lei, chiamandola nel proprio ufficio alla Camera dei Deputati.

Può, la dottoressa Rita Marino, confermare il racconto che la Mambro e Fioravanti hanno voluto farci?

Sia data la parola alla dottoressa Rita Marino, per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

5) Domenica 11 novembre 2012, il giornalista Gian Marco Chiocci pubblica, su “Il Giornale” di Milano, un articolo intitolato “Stragi e Br, quei depistaggi tra Bologna e Brescia”. In questo articolo; Chiocci, tra l’altro, scrive così: «A tutte queste coincidenze (nascoste) si aggiungono il silenzio sull’estremista di sinistra Mauro Di Vittorio tra le vittime dell’esplosione…».

Mauro Di Vittorio è vittima «oggettiva» della “Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980”. Per giunta, in una nota del 12 agosto 1980, la Digos di Bologna aveva precisato: «Politicamente [Mauro Di Vittorio] è orientato verso il movimento di Lotta Continua, senza però essere un attivista. Non ha precedenti penali». La Digos di Roma, con una nota del 21 agosto del 1980, aveva indicato che, nel febbraio 1980, Mauro Di Vittorio si era trasferito a Londra per lavoro; alla metà di luglio di quell’anno, era rientrato a Roma per un breve periodo di vacanza ed il 29 luglio aveva comunicato ai familiari che sarebbe ritornato a Londra, in auto, con un amico.

Se il giornalista Chiocci si fosse adeguatamente informato e documentato, prima di scrivere questo suo articolo, avrebbe trovato documentazione utile e abbondante presso il Tribunale di Bologna, dove sono conservate tutte le carte relative alla “Strage del 2 agosto 1980, e a tutti processi che si sono celebrati in merito.

Se il giornalista Chiocci si fosse comportato così, avrebbe potuto evitare – a se stesso – di scrivere le infamanti bugie che ha voluto scrivere.

Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale” di Milano, pensa di dover sostenere questo articolo scritto dal suo ex collaboratore (Chiocci, nel frattempo, è stato nominato direttore de “Il Tempo” di Roma), o pensa di dover prendere le distanze – professionali e umane – da Gian Marco Chiocci?

L’Editore de “Il Giornale” di Milano, pensa di dover sostenere questo articolo di Chiocci, o pensa di dover censurare il comportamento – professionale e umano – di questo ex redattore de “Il Giornale”?

Sia data la parola ad Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale” di Milano, per pubbliche dichiarazioni. Sia data la parola all’Editore de “Il Giornale” di Milano, per pubbliche dichiarazioni.  In entrambi i casi, attendiamo nuove.

6) Abbiamo già visto che, nel settembre del 2013, Chiocci viene nominato direttore de “Il Tempo” di Roma. Essendo lui, da tempo, amico personale della Mambro e Fioravanti, è sulle pagine di questo giornale che, ora, Francesca e Valerio trovano ospitalità.

Ospitalità immediata, per giunta.

Precedentemente, Fioravanti aveva rilasciato a Chiocci un’intervista, pubblicata su “Il Giornale” di Milano, in data 2 agosto 2012, nella quale affermava: «È ovvio che se si scopre che tra le vittime di Bologna c’era un giovane dell’Autonomia Operaia romana…».  [in realtà è una lettera di Fioravanti al Giornale, umt]

Il 10 ottobre del 2013, Fioravanti rilascia un’intervista a Maurizio Gallo, redattore de “Il Tempo”, nella quale dichiara: «Tra i morti, poi, ci sono un ragazzo dell’autonomia operaia, un membro della Barbagia rossa sardo, e un sospetto Br che probabilmente alloggiava in un albergo vicino alla stazione».

Gian Marco Chiocci, neo direttore del quotidiano “Il Tempo” di Roma, autorizza la pubblicazione di questa intervista.

In questo modo, Chiocci permette a Fioravanti di fare due cose: elevare il livello dell’attacco a Mauro Di Vittorio che, pur senza essere nominato, viene definito “un ragazzo dell’autonomia operaia”, uno dei morti di quella strage; la locuzione “autonomia operaia” era già stata usata dall’ex on. Raisi nell’intervista rilasciata alla cronaca di Bologna del “Carlino” in data 8 aprile 2012.

Dunque, in questa intervista, Fioravanti “conforma” il proprio linguaggio a quello dell’ex on. Raisi, pur affermando – ma dopo, solo dopo – nella citata lettera a Tassinari, che lui, Fioravanti, e la Mambro, non condividevano le “tesi” dell’ex on. Raisi contro Mauro.

Qui, è d’obbligo porre una domanda di primaria importanza. L’Editore del quotidiano “Il Tempo” vuole sostenere l’operato del neo direttore Chiocci, associandosi con lui nel “linciaggio mediatico” di “questa” vittima della “Strage di Bologna del 2 agosto 1980”?

O forse pensa, l’Editore, di dover – sebbene con grande rammarico, si capisce – rinunciare alla collaborazione del neo direttore Gian Marco Chiocci?

Sia data la parola all’Editore del quotidiano romano “Il Tempo”, per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

7) Quando eravamo impegnati per l’istituzione della “Festa del Ricordo” – in data 9 maggio – per ricordare tutte le vittime dei terrorismi, scrivemmo anche a Marco Pannella (19 marzo 2006). Pannella ha voluto non rispondere.

Successivamente – invitati dalla Mambro e da Fioravanti – siamo andati nella sede del Partito Radicale, dove abbiamo conosciuto, personalmente, Marco Pannella e Sergio D’Elia.

A Pannella abbiamo parlato – questa volta a voce e per sommi capi, si capisce – del nostro Impegno Civile. È stata una bella conversazione, che, da parte di Pannella, non ha avuto alcun seguito però. Peccato. Perché noi due pensiamo che Pannella abbia insegnato a mettere in pratica, nella vita quotidiana, i principî costitutivi dello Stato di Diritto.

Noi due pensiamo che questi principî valgano per tutti e per ognuno: per Mauro Di Vittorio, anche. Se qualcuno la pensa diversamente, è libero di farlo.

Sergio D’Elia – segretario di “Nessuno Tocchi Caino”, e dirigente dei “Radicali Italiani” – ci ha fatto i complimenti per la nostra lettera di “buona condotta”, che la Mambro e Fioravanti gli avevano fatto leggere. Ha detto D’Elia che quella era una lettera di alta cultura – “troppo alta”, addirittura.

Ora, davanti allo scempio che è stato perpetrato di Mauro Di Vittorio, volendo disattendere i più elementari principî – teorico-pratici – dello Stato di Diritto, Pannella e D’Elia che pensano, che dicono, che fanno?

Vogliono schierarsi a difesa della Mambro e Fioravanti, oppure no?

Sia data la parola a Marco Pannella e a Sergio D’Elia, per pubbliche dichiarazioni. Attendiamo nuove.

E con questo, caro Ugo, ci pare di aver detto a sufficienza – per oggi. Ancora una volta grazie per l’attenzione e l’ospitalità.

Con affetto-stima-rispetto,

Anna Di Vittorio e Gian Carlo Calidori

Post Scriptum

Valerio sbaglia, quando, a proposito del nostro Perdono – per entrambi, ma, in quel tempo, funzionale per la Mambro – lui dice: «Anna Di Vittorio, che voleva perdonarla per qualcosa che lei non aveva fatto».

Lungi da noi due, voler imporre la nostra volontà a qualcuno. Alleghiamo un estratto dalla nostra lettera, alla Mambro e Fioravanti, del 9 maggio 2008.

Valerio sbaglia. Fioravanti mente. Egli mente, volontaria-mente.

ADV e GCC

———————-

(umt) Io non credo che Valerio Fioravanti menta deliberatamente. In altra occasione, il convegno di Brescia sulle narrazioni del terrorismo, ho provato ad esaminare il suo lavorio di “fabbricazione della memoria”, di come cioè a distanza di anni i suoi giudizi su cose e persone si siano sostanzialmente modificati e sono convinto che questo dispositivo sia innegabilmente connesso alle condizioni di vita “estreme” a cui è stato sottoposto sin dalla più tenera età. Resta poi l’amarezza per il fallimento di un percorso di riconciliazione che ha rappresentato per me un formidabile segnale di speranza …

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

11 Comments on “Strage di Bologna e perdono: Anna Di Vittorio e Giancarlo Calidori citano i testimoni

  1. indignarsi cosi di Raisi/Chiocci mi sembra un po ippocrita

    La sinistra vittimista ha sempre fatto politica con le stragi.

    magistrati rossi come Mancuso e Imposimato sono poi diventati politici rossi, lostesso con Bolognesi e Bonfietti

    • Anna Di Vittorio e Giancarlo Calidori soffrono da anni un totale isolamento da parte dell’Associazione delle vittime e sono stati ostracizzati da Bolognesi per aver avviato un percorso di riconciliazione in cui il perdono gratuito e assoluto verso Mambro e Fioravanti è stato il passaggio più significativo. Le tue obiezioni sono quindi non pertinenti.
      Quanto alla seconda frase manca una specificazione: hanno fatto politica sulle stragi compiute da fascisti e quadri operativi al servizio degli apparati atlantisti.

  2. compiute da fascisti e quadri operativi al servizio degli apparati atlantisti?

    al massimo puo Valere per Piazza Fontana – dopo “La Strage di Stato” (1970) tutte le stragi senza autori erano sempre “fasciste/atlantiste” e sfruttate ideologicamente dalla sinistra.

    • Vale per Peteano, vale per Brescia dove l’ordigno è confezionato da un agente americano infiltrato in ordine nuovo e passa per le mani di un ordinovista a busta paga dei servizi militari americani

  3. per Brescia non lo so.

    ma per Peteano Vinciguerra ha amesso la copla – secondo lui l´aveva fatto come atto revoluzionario antistatale (secondo Vinciguerra tutti gli altri erano “Galdio” e “Strategia della Tensione” man non lui)

    • Chiedilo ai giudici della Cassazione che fissano la responsabilità a futura memoria di Digilio e Soffiati. Comunque che gli americani siano dei geni dell’eterogenesi dei fini è cosa evidente: da Bin Laden che nasce cone loro creatura all’Isis che tracima dalla Siria all’Iraq, hai voglia quanti esercizi da apprendista stregone hanno consumato …

  4. per me Vinciguerra communque e un “caso sui generis”:

    vuole aver comesso Peteano come atto puro di terrorsita antistatale, pero poi per 12 anni non ha detto che era stato un atto di destra e si era mosso in Sudamerica in giri di servizi segreti (piu “strategie della tensione” non si puo essere). mentre per Peteano le sue spiegazioni sono inconsistenti e superficiali, su tutti altri argomenti (dove non centra niente) puo spiegare sempre tutto in grande dettaglio.

    Si sa presempio se Delle Chiaie conferma i stretti repporti che secondo Vinciguerra il leader di Alleanza Nazionale aveva avuto con lui?

    Massimilliano Griner mi ha detto che scrivera anche del suo caso nel suo prossimo libro.

    • Vinciguerra è sicuramente un caso sui generis: e non solo perché credo che sia l’unico detenuto chiuso da 35 anni …

  5. chi in concreto avrebbe messo la bomba?

    Bin Laden aveva combattuto la Russia in Afghanistan negli anni 80 – (come Stalin era stato alleato di Hitler dal 39 al 41) – pero nel 2001 era gia nemico di stato per almeno 8 anni.

    l´ISIS aveva combatutto contro la occupazione americana del Iraq senza successo, poi nella guerra contro assad era diventata la forza piu forte nella Siria proprio perche l´America si e tenuta fuori (per paura di creare una nuvo Al Qaida) invece di aiutare la FSA (che ora purtroppa non esiste piu)

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