17 novembre 1997, strage a Luxor nella Valle delle regine: 70 morti

Hanno portato il terrore nel cimitero dei Faraoni, in mezzo a migliaia di visitatori inermi, conquistati dalla maestosa quiete della Valle delle Regine, fra tombe scavate nelle viscere della terra e templi eretti a sfidare il cielo. Almeno sessanta, ma c’ è chi dice addirittura ottanta, sono i turisti massacrati nell’ attentato più sanguinoso compiuto in Egitto da quando, nel 1992, gli integralisti della Gamaa Islamiya (Gruppo Islamico) hanno aperto le ostilità contro il regime “empio” di Mubarak. Più di trenta sono i feriti.

Ma nel conto finale di questa cruenta manifestazione di fanatismo vanno aggiunti anche tre poliziotti e sei terroristi morti al culmine di una spietata caccia all’uomo. Il bilancio ufficiale della strage era fino a ieri sera di 70 morti. Eppure, per quanto impressionanti, le cifre della carneficina non rendono appieno le dimensioni della tragedia che si è consumata ieri mattina a Luxor, una delle maggiori attrazioni turistiche del mondo, meta prediletta di milioni di persone e di migliaia di studiosi che non hanno finito di investigare il passato di quella che nei libri di storia è l’ antica Tebe, il prototipo della città, il modello cui tutte le altre città del mondo, in ogni epoca, si sono ispirate. Ieri sera, quando siamo arrivati a Luxor la città era immersa in un’ atmosfera nebbiosa, invernale, tragica. Poliziotti a ogni angolo, strade deserte. Le possenti rovine illuminate a giorno sembravano le quinte deserte di una fiction cinematografica. Rari i turisti, pochi i taxi e i conduttori delle tradizionali carrozzelle trainate dai cavalli, avvolti nelle lunghe vesti, a raccontarsi, con mezze parole, la “catastrofe”, come ormai la chiamano. L’ ospedale pullula di soldati. L’ aria è piena di odori tremendi. Non c’ è un responsabile disposto a fare un racconto compiuto di quel che è successo. Tutti gridano. Ma, in un gesto di disponibilità, ci guidano fino all’ obitorio, una stanzetta con un tavolo di marmo cui si accede attraverso un cortile pieno di panche.
Sul tavolo di marmo c’ è il corpo nudo di un turista giapponese, morto qualche minuto prima. Ma le panchine sono piene di cadaveri avvolti in sacchi a pelo militari. Da un sacco sporge il braccio di una giovane donna. Fra le dita le hanno infilato un foglietto che ne indica la presunta cittadinanza, svizzera. Un inserviente apre i sacchi per mostrarne il contenuto ai medici legali. Sembra che quasi tutti abbiano ricevuto un colpo di grazia alla testa. Anche se tuttora esistono differenti versioni, si può dire che in un certo senso è stata una esecuzione in massa. La mattanza è cominciata intorno alle 9.30 del mattino. Secondo una ricostruzione, i terroristi, non meno di undici o dodici persone, si erano divisi in due gruppi. Mentre un primo gruppo si è confuso tra la folla dei visitatori, il secondo gruppo ha rubato un autobus di una compagnia di viaggi, la Isis Travel, addirittura in pieno centro, dopo aver ferito l’ autista e ucciso freddamente una ventina di turisti giapponesi che avevano appena preso posto sul bus. Secondo alcuni testimoni i killer vestivano se non delle vere e proprie divise, almeno le giacche militari nere delle truppe speciali egiziane e portavano un nastro intorno alla fronte con su scritto: “Gruppo Morte e Distruzione”. Il commando si è diretto verso la tomba di Hatshepsut, la regina che fu capace di regnare come un faraone e che sulle pareti del suo immenso sarcofago è spesso raffigurata in abiti maschili e con la barba. La tomba di Hatshepsut con i suoi tre livelli e il vasto colonnato è lo sfondo ideale per le rappresentazioni dell’ ‘Aida’ , l’ ultima delle quali, il mese scorso, ha visto raccogliersi nel vasto parterre molte personalità di richiamo. Qui pare si sia consumata la parte più sanguinosa dell’ assalto. Scesi dall’ autobus, i terroristi si sono presentati alla biglietteria. “Dov’è il biglietto?”, ha chiesto Said Hamad, uno dei guardiani. L’ uomo che guidava la squadra di killer ha aperto il giaccone e ha tirato fuori una pistola mitragliatrice. “E’ questo il mio biglietto”, ha risposto. E ha cominciato a sparare sulla folla.
Racconta Hamad dal suo letto nell’ospedale di Luxor: “C’ erano tre turisti giapponesi seduti sugli ultimi gradini della rampa. Li hanno uccisi per primi. Poi hanno cominciato a sparare indiscriminatamente verso ogni persona che capitava a tiro. E se vedevano che qualcuno era ferito gli avvicinavano il coltello alla gola e lo sgozzavano”.
Ahmad è sopravvissuto nascondendosi dietro una colonna e fingendosi morto. Ma decine di turisti delle più varie nazionalità non sono scampati. Gli echi della sparatoria, amplificati dal silenzio di questi luoghi sono rimbalzati da una valle all’ altra, provocando il panico tra le migliaia e migliaia di persone che a quell’ ora, le dieci del mattino, affollavano la Valle delle Regine. A sera, nel giardino, se così si può definire, dell’ obitorio, si contano i corpi di sei giapponesi, un inglese, sei svizzeri, tre egiziani. Ancora in preda al furore, una parte del commando, sei persone, ha allora sequestrato un altro autobus, prendendo in ostaggio l’ autista, Ayay al Nahas e ordinandogli di dirigersi verso la Valle dei Re. Ma al Nahas li ha ingannati, furbescamente, indirizzando l’ autobus verso l’ incrocio da dove pensava che la polizia stesse per accorrere in forze. Lo scontro è stato furibondo. I sei sono stati uccisi mentre cercavano di arrampicarsi sulle colline che circondano la valle, mentre pare che altri cinque siano riusciti a dileguarsi. Tre poliziotti ci hanno rimesso la vita. Il colpo per lo Stato egiziano è durissimo, dall’ ultimo attentato compiuto contro una comitiva di viaggiatori tedeschi davanti al Museo nazionale del Cairo non sono passati neanche due mesi. All’ indomani di quel terribile assalto a colpi di mitra e bombe incendiarie, che è costato la vita a dieci persone, le autorità egiziane avevano parlato di “un episodio isolato”. Ma evidentemente si è trattato di ben altro.
fonte LA REPUBBLICA, 18 novembre 1997

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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