Teodoro Buontempo, il più amato dal popolo missino

Sono triste per Teodoro Buontempo. Lo hanno raccontato sempre in modo un po” macchiettistico, ma è stato qualcosa di più di un attivista che dormiva in macchina. Per spiegarlo a chi non lo conosceva direi un Beppegrillo degli anni “70, in sintonia con le persone, capace di riempire le piazze e le sedi (a differenza di altri giovani in carriera dell’epoca)”.

Così Flavia Perina, una che da tempo è in rotta con la post-fascisteria e invece coglie nel segno. Perché dietro l’esteriore rozzezza (ma erano anche tempi che con incoraggiavano la pratica e la manifestazione delle buone maniere) Buontempo era un politico intelligente: è sua infatti la geniale intuizione della potenzialità delle nascenti radio libere come agit prop collettivo, come strumento di comunicazione orizzontale (come il web nel terzo millennio). Perché, come cantava Eugenio Finardi

se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente” …

E un uomo libero lo era veramente, Buontempo. Come ricorda Giuseppe Cruciani su twitter:

Ho conosciuto #Buontempo alle comunali di Roma del ’93. Io ero pieno di pregiudizi nei suoi confronti, lui non ne aveva verso nessuno

Su Twitter qualcuno contesta i manifesti attaccati selvaggiamente

Ovviamente, come succede sempre più spesso negli ultimi tempi, abbondano i festeggiamenti, le battute feroci, i dileggi alla memoria.  C’è poco da sfottere, comunque, ricordando il nome di battaglia (“er pecora”) di uno capace di tale autoironia da adottarne appunto una. Perché Buontempo, un po’ Bukowski, un po’ Wolf, come ricorda Michele De Feudis su Barbadillo, era

uomo umile e coerente, non si curava dei ritratti macchiettistici che gli riservavano i giornalisti perché era amato dalla comunità militante del “partito” e dal territorio, ben prima che questa parola diventasse un refrain usato come paravento dai politicanti salottieri. E nelle case del popolo, di destra e di sinistra, Teodoro era invitato come uno di famiglia.

A scartare clamorosamente dalla tradizionale contrapposizione cammmerati-antifascisti ci pensa Alessandro Giulì, oggi vicedirettore  del Foglio, ma da ragazzino militante di Meridiano zero, il gruppo più sofisticato della destra radicale romana. Per l’autore di “Il passo delle oche”, feroce pamphlet sugli epigoni del Msi, con Buontempo impietosamente “muore anche la larva del postfascismo“.

In realtà postfascista Buontempo non lo era mai stato. Anzi, per Luciano Lanna, che ne restituisce un ricordo commosso e intenso

era il missino doc, il migliore rappresentante di un’antropologia che è difficile inserire nei cliché della destra radicale o del populismo tout court. Personalmente ho infatti conosciuto Teodoro anche fuori registro e in momenti particolare in cui ci si poneva al di là del gioco delle parti. E da questo punto di vista va  detto che Buontempo era davvero tutt’altro dal nostalgico o dall’estremista di destra che qualcuno forse cercherà di accreditare. Basterebbe ricordarsi di qualche sua foto degli anni Settanta e osservarlo con quei capelli lunghi e quel’abbigliamento – quasi un punk-a-bestia – che lo rendevano un tipico giovane degli anni Settanta. Uno che a ventidue anni, da non molto a Roma, da studente lavoratore – faceva il cameriere per pagarsi gli studi – andò a Valle Giulia con tutti quelli della sua generazione  (…). 

 L’ho conosciuto a metà degli anni Ottanta e da subito ci fu simpatia e sintonia umana, anche quando le nostre sensibilità non collimavano. Quando divenne segretario federale di Roma, chiamò me, mio fratello e altri miei amici a ruoli dirigenziali nella federazione.  (…) Era senz’altro un rappresentante, generoso e disinteressato, della generazione dell’attivismo ma capiva anche l’importanza della metapolitica. Tutt’altro che diffidente rispetto alle idee e all’elaborazione, ascoltava e sapeva ascoltare. E dava maggiore importanza al fattore umano che alla cosiddetta appartenenza. Così, quando con altri amici uscimmo definitivamente dal Msi nel 1991, lui mi telefonò, si volle incontrare con noi, disse di capire e mantenne sempre con noi un rapporto, anche di natura politica. E quando alla fine del ’92 restai senza lavoro, fu il primo a telefonarmi per propormi un aiuto…

Del resto, lo ricordo in cene o occasioni private in cui chiacchierava e si confrontava con amici che erano schierati a sinistra e nella sostanza si mostrava d’accordo con loro sulle questioni essenziali. Poi, aggiungeva sempre, c’è il gioco delle parti cui ci costringono, ma quello che conta è il nostro impegno personale. Sempre, Teodoro, mostrava di capire i problemi degli altri, delle persone normali, degli interlocutori… Ma è stato preso dalla faziosità, o dallo spirito di parte. Anche per questo nella breve esperienza alla direzione con Pietrangelo Buttafuoco dell’Italia settimanale lo invitai provocatoriamente a tenere una rubrica di recensioni librarie. Scrisse di un libro di Enzo Golino su Pasolini e il critico dell’Espresso mi telefonò per conoscere Teodoro: “Cosa c’entra questo – mi disse – con Berlusconi e con certa destra?”… Poi, una volta, Teodoro volle anche fare un attacco ai cosiddetti intellettuali di destra e, mettendoci a tavola insieme lui, io, Buttafuoco, Nico Forletta e Filippo Rossi, ne venne fuori un lungo articolo in cui la recensione all’ultimo libro di Marcello Veneziani era – nella sua intenzione – non un attacco personale ma un ragionamento sulla sterilità dei tanti “intellettualini” che, come lui sosteneva, non hanno mai preso la parola in un’assemblea, non hanno mai organizzato una manifestazione in vita loro, non parlano con le persone normali ma pontificano su come dovrebbe essere la politica. Ed erano poi quelli, secondo Teodoro, che stavano all’origine di quella virtualizzazione e sterilizzazione della politica che era già in atto e che con l’azione congiunta dei cosiddetti colonnelli stavano uccidendo la speranza di un vero rinnovamento oltre che la possibilità di un ruolo attivo per la generazione degli anni Settanta.

Una buona sintesi della sua figura politica la offre un’altra tra i tanti che hanno scelto diversa strada, Annalisa Terranova. La giornalista parte da un ricordo personale. Ancora pischella fu cacciata da Colle Oppio per aver venduto il giornale rautiano e trovò asilo politico a Radio Alternativa:

E’ stato, e più di altri, personaggio che ha fatto la storia, anche a livello d’immaginario, del mondo neofascista o di destra o come lo volete chiamare. Un pezzo di storia da studiare più di altri perché su Teodoro, da Teodoro, non è possibile estrarre alcuna icona caricaturale, non è possibile fare ironia, non è permesso parlare di destra rozza e incolta. Pure, è stato attivista generoso. Consapevole tuttavia che il massacro generazionale era da evitare. Pure, è stato un missino irriducibile. Pure, se ne è andato alla fine con la Destra di Storace, formazione oscillante a mio giudizio tra nostalgia e lepenismo. Però Teodoro aveva una cosa che lo rendeva in qualche modo speciale, e cioè una sensibilità sincera per i problemi degli ultimi, la caratteristica migliore di un’anima sociale che il Msi avrebbe a poco a poco soffocato e che era destinata a scomparire del tutto nel calderone della destra berlusconiana. Lo dimostra la preoccupazione con cui la sinistra accolse la notizia, nel 1997, della sua candidatura a vicesindaco di Roma in coppia con quel bellimbusto inutile di Pierluigi Borghini. Ho notizie dirette di quest’ansia: il Pds era allarmatissimo perché, dicevano i dirigenti romani di quel partito, Buontempo è il “fascio” che prende i voti nelle borgate, Buontempo è il “fascio” che ci ricorda che la sinistra deve stare nelle periferie e non nei salotti.

C’è dell’ironia, ovviamente, nella circostanza che Buontempo, evocato in queste settimane come l’organizzatore dell’assedio al Parlamento dei giovani missini agli albori della “rivoluzione italiana” di Mani Pulite, la madre di tutti gli “Arrendetevi, siete circondati”, si sia spento proprio mentre la tragedia si è ripetuta in farsa. Con il mite Franceschini che si scusa con i commensali per il disturbo arrecato dai barbari “grillini” che l’hanno inseguito fino alla soglia del ristorante …

C’è dell’ironia,infine, che la camera ardente sia aperta il 25 aprile, mentre i funerali si svolgeranno domani 26.

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “Teodoro Buontempo, il più amato dal popolo missino

  1. Che dire, con Teodoro se ne va un grande uomo e una brava persona, l’ho conosciuto nei primi anni “70, nelle mie “salite” da Palermo, giovanissimo, e Teodoro trovava sempre un posto per la notte, il tempo e le scelte ha costruito percorsi diversi, gli incontri solo occasionali, ma sempre affettuosi, Ciao Teodò,Sit tibi terra levis!

    Maurizio Neri

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