13.02.73: presi a Torino gli autori del sequestro Carello. 3 comontisti

sequestro Carello

Il sequestro Carello è il primo effettuato a Torino. Ad agire una piccola banda di militanti dell’estremissima sinistra. Il loro comunismo è la “comunità dell’essere”, la teoria radicale di un giovane operaista, Riccardo D’Este, che cerca di inverare la ricerca teorica del Marx più visionario, non separando la vita dalla militanza. La Stampa del 14 febbraio 1973 ricostruisce così la storia:

Arrestati i rapitori di Tony Carello Sono due giovani della sinistra extraparlamentare – Recuperati 94 dei 101 milioni pagati dalla famiglia per il riscatto – Fermata una ragazza: fu lei ad attirare la vittima nel tranello?

I rapitori di Tony Carello sono stati arrestati ieri mattina dai carabinieri in una camera a pianterreno di via Caraglio 121. Hanno confessato. In uno zaino sotto il sedile di una «Renault R. 4» avevano nascosto 94 dei 101 milioni sborsati dai familiari della vittima per il prezzo del riscatto. Nell’alloggio sono stati rinvenuti anche pistole e pugnali.

Gli arrestati

Gli autori del primo rapimento della storia criminale torinese sono due giovani appartenenti alla sinistra extraparlamentare: Giorgio Piantamore, studente di 21 anni abitante a Pino in via Cento Croci 20 e Luciano Dorigo, 22 anni, imbianchino, residente a Pecetto in corso Re Umberto 89, da qualche tempo trasferitosi nella nostra città in via Caraglio.

Il primo era stato condannato al processo «dei cinquantasei» per i disordini di piazza San Giovanni [i violenti scontri di piazza del 29 maggio 1972 per la giornata nazionale contro la repressione , ndb]. Era stata tanto rapida e convulsa l’azione dei banditi, quanto difficile e laboriosa l’inchiesta dei carabinieri.

Il sequestro e il pagamento del riscatto

Tony Carello, nipote di Fausto, fondatore della nota fabbrica di fanali per auto, la sera del 3 gennaio scorso era stato invitato per telefono da una ragazza sconosciuta ad un appuntamento in strada del Rosero sulla collina di Pecetto. Si trattava di una ragazza-esca. Sul posto c’erano due individui che lo imbavagliarono e lo tennero prigioniero per ventiquattrore su un « furgone ». I rapitori telefonarono tre volte alla famiglia fissando il prezzo del riscatto, il luogo e le modalità del pagamento.

La somma fu lasciata dalla sorella del rapito, Paola, sulla strada vecchia del Pino alle 16,15 del 4 gennaio. Quattro ore dopo lo studente universitario tornava a casa. Polizia e carabinieri non erano intervenuti durante la drammatica vicenda: era la condizione imposta dai banditi. «Altrimenti — avevano detto — uccideremo Tony». Per questo l’indagine si è mostrata complessa.

Traditi dalle mani bucate

Gli inquirenti erano certi di una cosa: gli autori del rapimento avevano dimostrato di conoscere molto bene la collina torinese, quindi dovevano abitare in quella zona. I carabinieri dopo parecchie perquisizioni hanno seguito una traccia precisa, quella degli aderenti ai gruppi extraparlamentari di sinistra. Due di loro, il Dorigo ed il Piantamore appunto, da qualche tempo conducevano un tenore di vita molto dispendioso, per questo sono stati sospettati. Ieri mattina il cap. Formato e i suoi uomini hanno bussato alla porta del Dorigo in via Caraglio 121.

Il crollo: “Siamo stati noi”

Il giovane ha aperto e, sopraffatto dall’emozione, si è seduto su una sedia, senza pronunciare una parola. Ammucchiate in uno zaino i carabinieri hanno trovato mazzette di biglietti da diecimila per 56 milioni, in un angolo della camera inoltre erano nascoste una «machine-pistole», due rivoltelle, una P. 38 e una calibro 22, quattro pugnali e scatole di munizioni. Poco dopo su una «Renault R.4» è giunto Giorgio Piantamore. Non ha esitato ad ammettere: « Sì siamo stati noi. Ci avete presi ». Sotto il sedile dell’auto aveva 38 milioni. I due rapitori sono stati condotti nella caserma «Podgora» e interrogati dal magistrato. In serata li ha raggiunti una ragazza, di cui non si conosce ancora il nome [Giuliana Zuccolo, ndb]. Forse è quella che attirò nella trappola il Carello.

sequestro Carello

Fin qui la cronaca della Stampa, il pezzo di sintesi in prima pagina. A seguire l’intera pagina 4, la prima di cronaca cittadina. E’ subito evidente l’appartenenza politica dei sequestratori ma la Procura si ostinerà a negarne la motivazione liquidando i rapitori come criminali politici. A caldo gli investigatori non riescono neanche a definire con chiarezza l’identità.

Sono di Lc?

Il dubbio è evidenziato dalla cronaca del quotidiano a pagina 4:

Intanto si è vagliata la posizione politica dei due rapitori: Piantamore era già stato arrestato l’anno scorso in piazza S. Giovanni durante i fatti del 29 maggio culminati con il processo a 56 estremisti di sinistra. Si dice che appartenga a Lotta continua. ma l’organizzazione nega che ne abbia mai fatto parte. Di Luciano Dorigo si conoscono solo le sue simpatie per movimenti della sinistra extraparlamentare.

Piantamore sr., un vero comunista

Due giovani senza radici: siamo stati a casa di Giorgio Piantamore a Pino. Il padre, Vincenzo, impiegato del Comune, ci ha detto:

«Di tanto in tanto si allontanava senza ragione per giorni. E’ un ragazzo introverso, fiero delle sue convinzioni. Ho tentato in tutte le maniere di convincerlo a tornare sulla giusta strada: sono comunista, volevo che si iscrivesse alla federazione giovanile del mio partito. Un giorno gli ho addirittura tagliato capelli e barba perché perdesse quell’aspetto da ribelle. Se avessi saputo che era lui uno dei rapitori di Carello giuro che l’avrei denunciato io stesso. Lo hanno preso ed è giusto che paghi. Ma sono suo padre ed ora lo perdono».

L’incazzatura di Lotta continua

Per Lotta Continua a Torino è un momento durissimo.

Il 27 gennaio 1973 – ricorda Infoaut – il movimento studentesco indice un corteo contro le provocazioni fasciste nel capoluogo piemontese. Aderisce anche l’Anpi. Il corteo di 8.000 persone subisce un attacco da giovani militanti del Msi nei pressi di piazza della Repubblica, che porta al ferimento di alcuni studenti e di un operaio. Basta. Dopo il comizio di chiusura, una parte del corteo si sposta in corso Francia 19, davanti alla sede del Movimento Sociale. Ad aspettare i compagni, oltre ai militanti missini, ci sono i celerini pronti ad aprire il fuoco. Il bilancio è di due giovani militanti di Lotta Continua, Luigi Manconi (responsabile del servizio d’ordine) ed Eleonora Aromando, feriti da arma da fuoco, 25 mandati di cattura e decine di perquisizioni.

L’arresto provocatorio di Guido Viale

A dare la misura della durezza dell’attacco arriva il giorno dopo l’arresto di Guido Viale, considerato il numero 2 della nomenclatura del gruppo, un gradino sotto Adriano Sofri, un gradino sopra gli altri dirigenti più o meno noti a livello nazionale. Le manette scattano al termine della conferenza stampa sui fatti del giorno prima. Le forze dell’ordine ottengono la confessione sotto intimidazione di un militante di 17 anni: gli scontri del 27 sarebbero stati orchestrati a tavolino proprio da Viale, venuto a Torino da Roma per insegnare la guerriglia urbana ai militanti piemontesi. Il teorema giudiziario fa acqua da tutte le parti, e in tutto il paese sorgono varie manifestazioni di solidarietà contro gli arresti. Tra i compagni incarcerati c’è anche Tonino Miccichè, combattivo operaio di Mirafiori, poi ucciso nel ’75 da un fascista della Cisnal durante le occupazioni di case alla Falchera 

“Una nuova provocazione, più spudorata”

Così, quando, poche ore dopo il blitz, il Tg1 spara la notizia che i due arrestati sono militanti di Lotta Continua la reazione è immediata e il quotidiano il giorno dopo scende giù duro

I comontisti e Riccardo D’Este

In realtà i tre giovani arrestati sono militanti comontisti. Un gruppo non gerarchico né strutturato della corrente più radicale dell’estrema sinistra. La testa pensante è Riccardo D’Este. Proviene dall’esperienza (da giovanissimo) di Quaderni Rossi e di Classe operaia. Comontismo è un neologismo da lui coniato per tradurre in italiano la marxiana “Gemeinwesen”: comunità dell’essere). Scomparso prematuramente nel 1996, D’Este ha incarnato con continuità una certa concezione dell’ unità tra pratica ribelle e teoria critica. Dagli anni ’70, alla lunga detenzione per Azione rivoluzionaria, fino al gruppo 415 al quale ha partecipato negli ultimi anni. Nella stagione delle rivolte proletarie nelle carceri, Riccardo D’Este, detenuto per droga, elabora l’idea della “lotta criminale contro il capitale” che precorre l’elaborazione e l’esperienza dei Nuclei armati proletari. E i tre ragazzi organizzano in modo del tutto dilettantesco il sequestro, che serve a finanziare la lotta ma anche il proprio benessere. Dimensioni che non erano separate nella visione comontista… [1 – continua ]

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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