18 aprile 1975: Milano, un tranquillo corteo di rabbia. Ai margini attacchi a raffica
Un corteo imponente di manifestanti di sinistra è quello che ha dato l’impronta alla giornata di oggi. La tensione è diminuita, ma non sono mancate le scorribande di gruppi di ultras: i volti bendati, in pugno le spranghe di ferro e le bombe molotov, con il risultato di devastazioni e incendi. Queste aggressioni sono toccate alla sede del Psdi, agli studi di due avvocati missini, il senatore Nencioni e l’onorevole Bollati, alla sede della Cisnal e a un bar.
C’è un ferito, gravissimo, Francesco Moratti, segretario provinciale della Filcea-Cisnal, che è stato colpito ripetutamente con spranghe e chiavi inglesi; i medici del Fatebenefratelli gli hanno riscontrato lo sfondamento della volta cranica, traumi e ferite. E’ la stessa sorte che ieri era toccata al cameriere Rodolfo Mersi, ex sindacalista della Cisnal, e all’avvocato Cesare Biglia, consigliere provinciale del msi, entrambi gravissimi all’ospedale.
C’è ansia in giro
Ogni via che confluisce al centro è percorsa da uomini, donne, moltissimi i giovani, con bandiere, striscioni arrotolati, tascapane. Tutti si ammassano in via Larga, in piazza Santo Stefano, in largo Augusto. Gli striscioni vengono aperti, taluni sono larghissimi, tengono tutta la strada e sono sorretti da tre, anche quattro aste. Alle dieci la colonna incomincia a muoversi, corso di Porta Vittoria è pieno. La meta è prima corso XXII Marzo, dove ieri mattina è stato travolto e ucciso da un camion di carabinieri Gianni Zibecchi, 26 anni; poi piazza Cavour dove l’altra sera è stato ucciso, con un colpo di pistola sparato dal missino Antonio Braggion, lo studente Claudio Varalli, non ancora diciottenne. Un pellegrinaggio commemorativo.
C’è ansia in giro. Corso XXII Marzo fa angolo con via Mancini, la strada della sede del msi dove ieri ci sono stati gli scontri più furiosi. In quelle strade e nelle adiacenti sono rimaste ferite più di sessanta persone tra forze dell’ordine e civili, e sono stati distrutti una ventina di automezzi. Si teme che possano verificarsi altri scontri.
Slogan vecchi e nuovi
Sui marciapiedi c’è gente che passa o è ferma a guardare. I negozi sono aperti, le finestre affollate. Come la colonna incomincia a muoversi s’alzano i canti e gli slogan. Le frasi sono scandite dapprima sottovoce e poi con forza prorompente, a ondate: qui ne finisce una e il gruppo successivo ne incomincia un’altra. «Camerata basco nero il tuo posto è al cimitero», «Fuoco su via Mancini covo di assassini». Si odono slogan vecchi: «Piesse esse esse», «Il potere deve essere operaio», «Almirante assassino», e slogan nuovi: «Le sedi fasciste si chiudono col fuoco – anche se questo è ancora troppo poco».
Gli striscioni sono indicativi dei gruppi o di incitamento alla rivolta. Sono rappresentati consigli di fabbrica e di vari enti, il partito di unità proletaria per il comunismo, il partito comunista marxista leninista, diversi quartieri, il gruppo che regge lo striscione con la scritta «Il consiglio dei delegati dell’ospedale I policlinico» (molti sono in camice bianco) scandisce: «Fascista maiale – per te si mette male – se arrivi ancora in vita all’ospedale».
Esibite spranghe e molotov
Un gruppo di forse 200 mostra con ostentazione, tenendole sollevate in alto, sbarre di ferro, chiavi inglesi, bottiglie molotov. Molti di questi dimostranti hanno il volto coperto dai fazzoletti. Lungo il percorso non si vedono forze dell’ordine, che invece sono attestate con compatti schieramenti nella zona di piazza Cinque Giornate e di corso XXII Marzo.
Gli imbocchi di via Mancini sono liberi come ieri e davanti alla sede del msi ci sono pattuglie di agenti con molti automezzi; il primo è un’autopompa con idranti. I carabinieri sono invece attestati all’inizio della via Sciesa che è di fronte a via Mancini. Corso XXII I Marzo è libero e libera è anche la via Cellini che precede via Mancini e per la quale il corteo deve girare dopo essere passato davanti al punto in cui Zibecchi è stato travolto.
Le chiazze di sangue sono coperte dai fiori che formano un riquadro sul selciato; due bandiere rosse sono issate su un palo di un orologio e su un palo della segnalazione stradale. Quando la testa del corteo arriva all’altezza di via Cellini si ferma per il raccoglimento. Il silenzio dura un, minuto; i pugni tutti in alto. Poi, rabbiosamente, i pugni battono nell’aria per sottolineare le parole scandite: «Ora e sempre Resistenza». Il coreo riparte, imbocca via Cellini, s’alzano le note dell’«Internazionale», le prime soltanto, perché dietro s’impone un canto della Resistenza, «Fischia il vento».
Tensione a via Mancini
Sono le undici quando il corteo incomincia a passare davanti al punto dove è morto Zibecchi e le 11,45 quando passa la coda: una sfilata di ventimila persone almeno. Oltre l’angolo di via Cellini, il corso XXII Marzo è sbarrato da un cordone di manifestanti, per impedire che dei provocatori si stacchino e si spingano fino in via Mancini dove c’è la polizia. Alla fine, quando non ci sono più i cordoni, alla spicciola un po’ di gente si ammassa davanti alla strada, prima in silenzio, poi con grida di «assassini».
E’ il momento più critico, ma dura poco, lo scontro non avviene. Il corteo intanto prosegue il suo giro, passa per piazza Cavour davanti all’altro riquadro di fiori, dopo di che la massa incomincia a disperdersi; una parte si spinge fino in piazza Duomo dove qualcuno parla. Mentre il grosso della manifestazione ha avuto questo svolgimento tranquillo, via via nel corso della mattinata sono avvenuti, non lontano dal percorso del corteo, gravissimi episodi di violenza, protagonisti gruppi di estremisti di sinistra che si erano staccati dalla massa.
Gli assalti agli studi legali
Veri commandos armati di spranghe e bottiglie molotov, con i volti mascherati dai fazzoletti, hanno incominciato con l’attaccare un bar all’angolo di via Modena e via Fratelli Bandiera, devastandolo. Una ventina di uomini sono penetrati intorno alle 11 nell’androne di via Manara 11, hanno gettato da una parte la custode, Maria Andricco, che è all’ottavo mese di gravidanza, sono saliti fino allo studio dell’avvocato Benito Bollati, deputato del msi, il quale meno di un mese fa era stato percosso a sangue. Lo studio era chiuso perché la segretaria si era momentaneamente assentata. Hanno sfondato la porta e hanno gettato all’interno una molotov. L’incendio si è subito propagato, trovando facile esca nella moquette e nei legni.
Quasi alla stessa ora un analogo assalto è stato fatto in corso di Porta Vittoria 32 contro lo studio dell’avvocato Gastone Nencioni, senatore del msi. All’interno c’erano quattro segretarie che hanno fatto in tempo a sbarrare la porta blindata. Gli aggressori hanno sfondato alcuni vetri e hanno lanciato dentro la bomba attraverso due finestre. L’incendio qui è stato domato quasi subito.
Il raid alla Cisnal e al Psdi
Alla Cisnal in via delle Erbe 1 un commando è arrivato alle 12,30. Negli uffici c’era l’invalido Francesco Moratti, 46 anni, che è stato il primo ad essere preso di mira con calci e colpi di sbarre. Poi i mobili sono stati accumulati in mezzo a una stanza e incendiati con una molotov. Il Moratti, soccorso da altri, è stato ricoverato all’ospedale e sottoposto ad intervento; la prognosi è riservata.
L’attacco alla sede della segreteria del psdi, in via Dogana 4, è avvenuto alle 12,45. Anche qui sono stati bloccati il portiere e l’accesso da un primo gruppo; altri sono saliti negli uffici. Un funzionario, Gino Ripamonti, che ha cercato di sbarrare il passo agli energumeni è stato atterrato con una sprangata di ferro su una spalla. Dentro c’erano il segretario provinciale Angelo Albini, Enzio Collio, responsabile della sezione stampa, e una segretaria, che hanno fatto in tempo a fuggire. Gli aggressori hanno devastato gli uffici, incendiato bandiere, mobili, asportato schedari di iscritti, taccuini.
Un raid è stato compiuto anche contro palazzo Marino, sede del municipio. I vigili urbani hanno fatto in tempo a sbarrare il pesante cancello d’ingresso sulla piazza della Scala. I dimostranti volevano parlare con il sindaco; hanno chiesto che i funerali dei due giovani rimasti uccisi si svolgano a spese del municipio.
L’inchiesta e i funerali
L’inchiesta su quanto sta accadendo a Milano da due giorni è in pieno svolgimento. Il sostituto procuratore dottor Alessandrini ha interrogato oggi a San Vittore Andrea Spallone, uno dei due missini che erano con Antonio Braggion poco prima che questi sparasse e uccidesse il Varalli. Il magistrato ha interrogato anche, all’ospedale militare, il carabiniere Sergio Chiareri, autista del camion che ieri ha travolto lo Zibecchi. Avrebbe detto di avere sbandato dopo essere stato colpito alla testa da due sassi: aveva abbassato i vetri del finestrino perché all’interno della cabina c’era troppo fumo di lacrimogeni. Il carabiniere è difeso dall’avvocato Cillario.
Il fratello di Gianni Zibecchi, Carlo, si è costituito parte civile con gli avvocati Pecorella e Mariani e la famiglia Varalli con l’avvocato Jannuzzi. Domani mattina i professori Farneti e Ritucci eseguiranno le autopsie sulle due salme. In serata la questura ha diramato un comunicato per rendere noto che, per gli incidenti di ieri e di oggi, sono state denunciate 22 persone, di cui 4 in stato di arresto e le altre 18 a piede libero. Remo Lugli
FONTE: La Stampa, 19 aprile 1975
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