18 maggio 1944: la “vera morte” di Dante Di Nanni. Fu ucciso dopo la resa
Intorno a mezzogiorno la notizia era già arrivata, creando viva eccitazione, nelle grandi fabbriche di Torino: “Stanno sparando contro le brigate nere in Borgo San Paolo”. In realtà erano i fascisti e i tedeschi che, con l’appoggio di un carro armato e di un’autoblinda, dalle 11 scaricavano gragnole di colpi contro le finestre del secondo piano di un edificio di via San Bernardino. Dalla casa, ogni tanto, partivano brevi, precise raffiche di mitra e qualche lancio di bombe a mano. Ad un certo punto una carica di tritolo bloccò anche il carro armato. Poi i colpi che arrivavano dalla casa si fecero sempre più radi e ad un tratto ad un balcone apparve la figura di un uomo; il giovane si avvicinò vacillando alla ringhiera, levò in alto il pugno chiuso in un ultimo gesto di sfida e si lasciò cadere nel vuoto.
Partigiano da Boves a Torino
Così morì Dante di Nanni, che già pochi giorni dopo fu proclamato “Eroe nazionale” dal Comitato militare del CLN regionale piemontese. Il ragazzo era figlio d’immigrati pugliesi. A 15 anni era entrato in fabbrica, ma aveva continuato a studiare in una scuola serale. A 17 si era arruolato in Aeronautica e nell’agosto del 1943 era motorista al I Nucleo addestramento caccia di Udine. L’8 settembre del 1943 non segnò il ritorno a casa ma, con l’amico Francesco Valentino, poi impiccato dai fascisti in corso Vinzaglio a Torino, l’inizio della lotta contro i nazifascisti in una piccola banda nelle vicinanze di Boves. Dispersa la formazione, Di Nanni, sempre con Valentino, alla fine di dicembre riuscì a riparare nella sua abitazione torinese. L’inattività durò poco.
L’ultima azione dei Gap
Alla fine di gennaio, i due ragazzi erano già entrati nei G.A.P. comandati da Giovanni Pesce. La notte del 17 maggio Pesce, Di Nanni, Bravin e Valentino attaccano una stazione radio sulla Stura; prima di farla saltare in aria disarmano i nove militi che la presidiavano e, sulla promessa che non avrebbero dato l’allarme, salvano loro la vita. I gappisti, invece, vengono traditi e sono sorpresi da un intero reparto nemico. Nello scontro, i quattro rimangono tutti feriti, ma riescono a sganciarsi. Il più grave è Di Nanni, raggiunto da sette proiettili al ventre, alla testa e alle gambe. Pesce, ferito ad una gamba, riesce a trascinare Dante in una cascina e, all’alba, a farlo trasportare nella base di borgo San Paolo. Qui un medico antifascista vede il ferito, ne ordina l’immediato ricovero in ospedale e Pesce lascia Di Nanni per organizzarne il trasporto. Quando ritorna, i fascisti, avvertiti da una spia, stanno già sparando contro la casa di via San Bernardino.
Il saggio di Adduci
Questa la scheda pubblicata sul portale dell’Anpi dieci anni fa. Tre anni dopo, un ricercatore dell’Istituto Gramsci, Nicola Adduci, non sospettabile di tentazioni revisioniste, pubblica un saggio in cui offre una diversa versione della sua morte. La sintetizzano così Giorgio Ballario e Paolo Coccorese sulla Stampa:
Circondato dai soldati tedeschi e dai militi della Gnr dopo aver compiuto un sabotaggio contro una stazione radio alle Basse di Stura, Di Nanni si difese con le unghie e coi denti, ma il finale è assai meno eroico di quanto tramanda la vulgata storica. Nel tentativo di sfuggire all’assedio si nascose nella canna della pattumiera e lì venne individuato dai fascisti, che lo abbatterono con una sventagliata di mitra.
La testimonianza di un pompiere
Il lavoro di Adduci è frutto di una decennale ricerca storica che si basa sia sul racconto di testimoni oculari del fatto, sia sulla relazione del medico che eseguì l’autopsia. Nell’articolo si riporta anche la testimonianza di Giovanni Minetto, vigile del fuoco: «S’era buttato lì nella pattumiera e allora s’era tenuto, ma purtroppo si vede che gli sono mancate le forze e allora è sceso un po’ e […] c’erano i repubblichini sopra un balcone e han sentito quel fruscìo e […] come han detto i colleghi perché eran lì, dice che lui s’è messo a dire: “Non sparate, non sparate vengo fuori!” Qualcuno ha messo un mitra e ha sparato». Un resoconto che ci restituisce un Di Nanni molto più umano, un ragazzo di vent’anni che ha combattuto per i propri ideali ma alla fine, com’è naturale, cerca di salvare la pelle. (…)
Dellavalle: andò così
Quanto al saggio di Adduci e alla nuova versione della morte di Dante Di Nanni, il presidente dell’Istituto storico della Resistenza Dellavalle ammette di esserne a conoscenza da molto tempo. «Dal punto di vista storico le cose sono andate così, è confermato – sottolinea -. E ciò non toglie nulla alla figura di Di Nanni, né incrina il suo mito. Adduci voleva pubblicare il suo articolo già parecchi anni fa, ma glielo sconsigliai perché all’epoca non era opportuno, non c’erano le condizioni politiche per farlo e si sarebbe rischiato di perdere di vista il quadro generale della lotta di liberazione. Ora è passato del tempo, si possono accettare anche le vicende contraddittorie della Resistenza e mettere in discussione verità che prima sembravano pacifiche»
Una domanda, a finale
La Stampa titola la storia della “vera morte” di Dante Di Nanni “Meno eroe, più uomo”. Che dire invece del brigatista nero che spara una raffica di mitra su un ferito che si arrende?
eseguita l’autopsia compaiono difatti colpi sul cranio e alle clavicole.
fu curzi che nel dopoguerra fece nascere il mito di eroe che
getto’ bombe al nemico e si butto contro di loro dal balcone.
io conobbi di persona un certo maddalena che abitante in piazza sabotino
mi confermo’ il tutto.
onore a dante di nanni ma la storia la scrivono sempre i vincitori
Come qualcuno ha detto “non importa come sia morto “,bensì l ‘aver sacrificato la sua giovane vita per l’Italia.Chapeau!
Indipendentemente da come finì,Dante Di Nanni ha combattuto fino all’ultimo colpo benché ferito da sette proiettili nemiciche, umiliati da tanto coraggio e valore combattente, non hanno voluto catturarlo vivo nonostante la resa disperata. Anche con un finale più umano e meno carico di supereroismo, la figura di Dante non perde smalto.
Stesso eroe, più uomo.
La morte di Dante Di Nanni – Scontro a fuoco in borgo S. Paolo: secondo i rapporti ed i documenti dell’epoca, Dante Di Nanni, volontario di guerra, ex-aviere, gappista, lasciato solo nel covo-rifugio di Giovanni Pesce, e scoperto a seguito di una delazione di un compagno, dopo aver opposto una strenua resistenza, tenta di nascondersi nello scomparto della spazzatura, ma scoperto viene ucciso con un colpo di moschetto in testa. La storiografia ufficiale presenterà diversamente l’episodio: Di Nanni, ferito gravemente nell’azione contro la stazione radio, viene salvato da Pesce e curato da una partigiana (ciò giustificherà una Medaglia d’Oro e gradi militari con pensi0ne) e portato a Torino per essere curato. Scoperto, dai fascisti, uccide molti avversari prima di suicidarsi.