22.10.75 Genova: sequestro lampo br del manager Vincenzo Casabona

Sergio Luzzatto, nel suo formidabile “Dolore e furore”, storia sociale della colonna genovese della Br, ricostruisce la prima azione politica. Il sequestro del manager Ansaldo, Vincenzo Casabona. Un anno prima aveva licenziato per assenteismo uno dei fondatori della colonna, Giuliano Naria. Poi smonta un’altra leggenda metropolitana: la rigida impenetrabilità dell’organizzazione nel capoluogo ligure. Mario Moretti, infatti, recluta in un colpo solo tre ex del servizio d’ordine di Lotta Continua in un locale “fighetto”.

la stampa sul sequestro di Vincenzo Casabona

Il 27 ottobre 1975, il commissario capo di Pubblica Sicurezza Antonio Esposito, responsabile del Nucleo antiterrorismo della questura di Genova, denunciò alla procura della Repubblica lo «stato di irreperibilità» di Naria Giuliano e di Micaletto Rocco, sospettati – oltreché di appartenere alla «associazione sovversiva (brigate rosse)» – di avere proceduto «in concorso con altre persone non ancora identificate» a un «sequestro di persona, in danno di: Casabona Vincenzo»

Vincenzo Casabona dopo il rilascio

La seconda azione importante

Poiché fu questa, neppure venti giorni dopo la rapina alla Cassa di Risparmio dell’ospedale di San Martino, la seconda azione importante della colonna genovese delle Br, realizzata il 22 ottobre: il sequestro lampo del dottor Casabona, capo del personale dell’Ansaldo Meccanico Nucleare (il secondo nella foto, dopo il rilascio, ndb). Lo stesso dirigente che quasi due anni prima, all’indomani del sequestro lampo del capo personale di Fiat Auto a Torino, si era visto designato sul volantino che annunciava «Oggi Amerio, domani Casabona». E lo stesso che un anno prima aveva firmato da capo del personale la lettera di licenziamento per assenteismo di Giuliano Naria, tubista della caldareria. Quando si dice: la memoria prodigiosa del proletariato.

Un commando di quattro uomini

È presumibile che Riccardo Dura abbia fatto parte del commando di quattro uomini che operò il sequestro lampo di Casabona, fra un quartiere residenziale di Arenzano e la discarica di immondizia di Recco, con la consueta brutalità (un pugno in faccia per quietare la vittima, spari in aria davanti al figlio undicenne).

Con l’umiliante complemento di una rapatura a zero del manager. Se del commando fece parte anche Naria, questi prese un grosso rischio: i quattro brigatisti agirono a volto scoperto, e Naria era personalmente noto a Casabona.

Una tiepida reazione operaia

Di sicuro, le maestranze dell’Ansaldo Meccanico Nucleare – i tremila operai dello stabilimento di Sampierdarena – non si intenerirono oltremodo sulla disavventura occorsa al loro capo del personale: l’indomani, gli operai si fermarono in segno di protesta per niente piú che i quindici minuti burocraticamente raccomandati dal consiglio di fabbrica.

Quanto al commissario Esposito, si permetteva di essere ottimista. «Adesso le Brigate rosse non sembrano più quelle di una volta», dichiarava alla stampa il poliziotto ai vertici dell’antiterrorismo per la regione Liguria. «Il rapimento è stato fatto bene, con rapidità e giocando sulla sorpresa, ma il fatto che il sequestro sia durato poche ore e che il “processo” sia stato fatto all’aperto dimostra che probabilmente hanno paura e che sicuramente non hanno a Genova basi sicure in cui tenere i loro prigionieri»

Il passo avanti di Adamoli

Il commissario Esposito cantava vittoria di gran lunga troppo presto. Dopo la rottura tra Moretti e Faina, fu Sergio Adamoli ad assumere il ruolo di padre nobile della colonna genovese. E a farsi carico di reclutare nuovi adepti, per lo più avendo cura di sceglierli tra compagni provenienti dal servizio d’ordine di Lotta continua.

In Lc – oltreché a Dura – Adamoli si era particolarmente legato a Leonardo Bertulazzi: lo spilungone del Sessantotto che nel frattempo non si era fatto mancare nulla, era scappato in Francia, si era sposato, aveva avuto una figlia, e lavorava in pianta stabile per una compagnia di facchinaggio; ma che era rimasto amico inseparabile sia di Antonio Fanciullo, operaio all’Ansaldo Meccanico, sia di Antonio Demuro, maestro elementare nel quartiere di San Teodoro.

Com’è facile entrare nelle Br

Così Adamoli avvisò Moretti, che a sua volta avvisò Micaletto. E in una sera di tardo autunno di quel ’75, i tre amici per la pelle – Bertulazzi, Fanciullo e Demuro – si presentarono insieme all’ingresso di un noto locale di Boccadasse per farsi ammettere nell’organizzazione clandestina Brigate rosse. «Il Sereno aveva, all’epoca, dei sedi… delle poltroncine in sky… ho bene il ricordo, ed era un bar… Aveva un… un decoro anni Cinquanta, all’epoca, con delle seggiole un po’ rotonde, in sky, e faceva… c’erano come dei posti dove tu potevi riunirti, insomma, un po’ circolari». «Noi abbiamo potuto star lí parecchio tempo, due ore almeno», «eravamo verso le sei di sera». «E siamo stati lí, abbiamo bevuto qualcosa, abbiamo discusso, e poi siamo usciti, e abbiamo passeggiato lungo corso Italia. Ed è lungo corso Italia che abbiamo, appunto… che siamo stati accolti nelle Br, abbiamo scelto il nostro nome di battaglia…»

La testimonianza di Demuro

La testimonianza di Antonio Demuro contribuisce a dissipare da scene come questa ogni alone di leggenda retrospettiva. Alla fine del 1975, l’entrare nelle Brigate rosse poteva corrispondere a un’esperienza relativamente banale. «Cioè io incontravo due che erano… due papi delle Br… perché poi, bon, Moretti è diventato quel che è diventato, e Micaletto anche, insomma. Io, ecco, per me era un passaggio… un… Cioè non è che mi rendessi molto conto di dove stavo mettendo i piedi», anche se quei due «erano già ricercati con le loro facce», «erano già stati identificati come due clandestini».

Lo splendore di Moretti

«E tra l’altro, quello che era geniale è che, appunto, Moretti si è presentato vestito che sembrava un… un amministratore delegato di una… cosa… Cioè cappotto, cravatta, cappello molto elegante, occhiali, insomma. Erano proprio… erano in tutto il loro splendore… due clandestini, ecco. Però, appunto, la cosa non è che mi turbasse più di tanto». «Cioè non è molto chiara, questa cosa. Cioè non è che tu entri nelle Br, e allora subito diventi clandestino, non hai più rapporti con niente eccetera. Anzi, era il contrario. Cioè noi siamo entrati, come irregolari, e la prima cosa era quella di fondersi nelle masse, insomma! [ride]»

FONTE: Sergio Luzzatto, Dolore e Furore

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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