22 ottobre 1970: come nasce il primo gruppo guerrigliero
Questa è la scheda libraria di “Animali di periferia“, ( il libro che Donatella Alfonso, giornalista di “la Repubblica” qui una lunga conversazione con Laura Guglielmi di Mente locale) ha dedicato nel 2012 alla storia della prima banda della guerriglia rossa in Italia, la banda 22 ottobre.
Genova, 1970. La bomba di piazza Fontana, il timore di un colpo di Stato e dell’instaurazione di un regime neofascista spinge un piccolo gruppo di giovani sottoproletari, cresciuti in un quartiere della periferia operaia, e qualche ex partigiano che si riconosce nelle delusioni di una Resistenza tradita all’azione concreta. Trasmissioni radio, interferenze sul primo canale della Rai per spingere alla mobilitazione, incendi e sabotaggi ad aziende messe nel mirino, attività illegali per finanziarsi sono le strategie cui ricorrono.
Alcuni di loro sono iscritti al Pci, altri lo sono stati, altri sentono solo di non essere rappresentati. Non hanno nome, ma si rifanno ai Gruppi di azione partigiana e alla strategia della guerriglia sudamericana.
Pensano a una nuova Resistenza e a una rivoluzione di stampo cubano. Entrano in contatto con progetti e percorsi non del tutto chiari, incrociano altre vite, come quella di Giangiacomo Feltrinelli. Sono solo gli esordi di quella che passerà alla storia come banda XXII Ottobre [e che a tutti gli effetti finirà per costituire l’articolazione genovese dei GAP, l’organizzazione clandestina antigolpista messa su dall’editore, ndb].
Un nome creato dalla stampa
Un nome creato dalla stampa, che si riferisce alla data di un biglietto ferroviario trovato nelle tasche di Mario Rossi, il capo della banda.
Rossi è l’uomo immortalato in una fotografia con la pistola in mano, puntata verso un inerme fattorino – Alessandro Floris – a seguito di una rapina finita nel sangue: una delle immagini – icona del «male» insito nella violenza politica degli anni Settanta. A turno questi uomini sono stati indicati come terroristi, criminali comuni, tupamaros di quartiere.
Loro preferiscono definirsi solo «animali di periferia, meno addomesticabili e più selvatici». Ma la vicenda di queste persone s’intreccia a quella di chi, vent’anni dopo la Liberazione, pensava che la Resistenza dovesse avere una nuova fiammata: quella della svolta definitiva del Paese in senso rivoluzionario. La stessa su cui si addensano ancora le nuvole oscure della Strategia della Tensione.
Titolo del libro e narrazione non convincono uno dei militanti della 22 ottobre, Augusto Viel, che pure aveva concesso l’intervista all’autrice. In una lettera, pubblicata da Informa Azione espone le sue contestazioni:
La presa di distanze di Viel
Il sottoscritto Augusto Viel, più conosciuto come Tino, ripudia con piena coscienza il libro “Animali di periferia” di Donatella Alfonso, testo con tanto di prefazione di Nando Dalla Chiesa, figlio del ben noto generale.
Una ricostruzione targata Pd
Preciso che non nutro nei confronti di Nando Dalla Chiesa sentimenti di astio particolare dovuti al fatto che suo padre si rese responsabile della repressione e della morte di tanti compagni.
L’utilizzo dei testi delle interviste di Donatella Alfonso è stata pilotato dal PD e Augusto Viel c’è cascato come un belinone fiducioso della presenza di Mario Rossi e Gino Piccardo che, invece, conoscevano dagli inizi gli intenti della giornalista e del partito.
Già il titolo del libro mi angoscia: Tino non si ritiene un animale, ma un compagno cresciuto nella sua rabbia sociale e rivendica il percorso della XXII ottobre, meteora dirompente contro il potere stragista.
Per finire (ma la vicenda è tutt’altro che finita…….. c’è ancora da dire, questa è solo una ciliegina) voglio ricordare in particolare il compagno Riccardo Dura, vissuto anche lui col sangue agli occhi. Era un mio amico e compagno, c’eravamo conosciuti nel ‘67 nella sede del gruppo marxista leninista di Genova Pegli. Riccardo, dopo il mio arresto, andava appena poteva a trovare mia madre, sfidando i controlli. Quando è stato massacrato, vigliaccamente nel sonno, mia madre ha pianto come se fosse un suo figlio.
Onore ai compagni ammazzati in via Fracchia dagli uomini di Carlo Alberto dalla Chiesa.
Per ultimo: Tino non fa paranza con nessun gruppo, va dove si sente di andare.
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