23.8.55: nasce Angelo Izzo, il padre di tutti i “mostri”-1
Angelo Izzo è nato a Roma il 23 agosto 1955. A mio avviso il personaggio più inquietante incrociato nell’esplorazione dell’arcipelago nero. In tutta evidenza un “mostro”, il padre di tutti i mostri. Se di “mostri” si può mai parlare per gli umani. Ma gli va comunque riconosciuta una formidabile capacità di inganno. Prima è riuscito ad abbindolare pezzi importanti tra i prigionieri politici “neri”. Poi magistrati scafatissimi. Operatori penitenziari esperti. Giornaliste e varia umanità. L’unico con cui ha fatto subito “palla corta” è stato Giovanni Falcone … Il testo, scritto una decina di anni fa, per un progetto editoriale non realizzato, è molto lungo. Quindi lo dividerò in 5-6 puntate. Qui puoi leggere la seconda puntata. Prevista anche una robusta rassegna delle tante cose scritte su Fascinazione
Ma come si fa a credere ad Angelo Izzo?
Quando l’ho visto in gabbia la prima volta, una trentina di anni fa, ho faticato a riconoscere il viso affilato del “mostro del Circeo”. Il volto era gonfio, ingrassato, terreo. Certo, le circostanze non gli erano favorevoli. Quando si girava a guardare il gigantesco Mario Tuti, due gabbie più in là, era evidente il terrore fisico che provava al pensiero di finirgli tra le mani. Non era la prima volta che Izzo accusava i suoi ex camerati dell’universo mondo e più. Rispondeva con voce impastata alle domande del presidente. Mi convinsi subito che i suoi carcerieri fossero generosi nell’elargirgli psicofarmaci. Da allora è una delle tante domande irrisolte che mi porto dentro. Come ha fatto un soggetto del genere, dagli evidenti tratti psicotici e senza grande carisma, ad abbindolare centinaia di persone?
Il grande amore con Donatella Papi
Un tentativo di risposta l’ha data, troppo tardi, il pubblico ministero che più di tutti aveva valorizzato il suo contributo. Libero Mancuso, l’accusatore nel primo processo per la strage alla stazione di Bologna. Ma anche dopo il secondo duplice omicidio Angelo Izzo ha continuato a fare danni: facendo innamorare di sé una giornalista di successo, Donatella Papi, già nuora di Amintore Fanfani. A voler essere fiscali la seconda vittima del Circeo ci ha messo trent’anni a finire. Ma nessuno dubita che sia stato quel dolore invincibile, ad ammazzarla lentamente. Ravvivato ogni giorno dal senso di impunità dei suoi aguzzini.
Per quanto l’amore accechi, una persona di buoni sentimenti deve costruirsi uno scafandro per immergersi nello sprofondo della crudeltà umana. Così la donna ha elaborato una narrazione ad hoc, con fantasia e determinazione degne di migliore causa. Izzo è innocente dei delitti che lo hanno reso due volte ergastolano. Lei lo sa perché lui gliel’ha detto e una donna capisce se il suo uomo mente.
Angelo Izzo è innocente per la moglie
Le esternazioni della signora Izzo hanno fomentato pagine e pagine di commenti su Facebook. Hanno alimentato la nascita di gruppi in difesa della memoria delle vittime del “mostro”. Contro la nuova scuola “negazionista” ecc., ecc. Io stesso, che pur mi sono imposto come regola una rigorosa indifferenza emotiva, ho ceduto qualche volta alla battuta risentita e aspra. A farmi sciogliere questo grumo, una caduta di stile, è arrivata la mia formidabile memoria visiva. E così, ripensando alla sua argomentazione difensiva, mi torna sempre in mente la scena del “Padrino” tra Al Pacino e Diane Keaton.
Per una volta
Hai ucciso il marito di Connie?
No.
I Corleone all’amatriciana
Sarà andato così il colloquio della grande rivelazione nel carcere di Velletri? La saga dei Corleone in versione all’amatriciana. Alla fine però anche lei si è arresa. Dopo un anno vissuto pericolosamente Donatella Papi ha ammainato bandiera. Senza però cedere di un passo sul suo ostinato innocentismo. ”Credo che Izzo non sia responsabile dei delitti per i quali è stato condannato. Ma io mi fermo qui, perché non mi voglio fare complice di cose che non condivido”.
Per la moglie “Izzo non è colpevole dei reati che gli sono stati attribuiti, ma di altri fatti gravissimi per la nostra Repubblica” e deve ”chiarire alla giustizia quello che ha detto a me, sulla sua posizione. Se non fa chiarezza su questi fatti come fa a essere collaboratore di giustizia in altri processi?”[1].
L’annuncio delle nozze scatena il Barnum
Il barnum mediatico era cominciato il 22 febbraio 2010 con l’annuncio delle nozze: “Confermo che sposerò Angelo Izzo il 10 marzo a Velletri, chiedendo sin da ora a tutti, social network compresi, il rispetto delle regole e il giusto riserbo. Sposo con amore immenso e la più totale fiducia l’uomo che ho amato da tutta la vita e che mi ama da sempre, ma rivolgo lo stesso amore agli ergastolani d’Italia, per dare loro coraggio affinché ci sia per tutti una occasione come quella che stiamo vivendo noi”.
La giornalista, che scrive meglio di quanto ragioni, in una nota parla di un’occasione “che scaldi i loro cuori e illumini quelli di una società giusta e democratica la quale riconosca a chi sconta pene tanto dure e afflittive la giusta compassione, il rispetto dei diritti e un futuro di possibilità e speranza”[2]. Nobili e condivisibili intenzioni.
Un appello a Giorgio Napolitano
Ad agosto non esita a scrivere al presidente Giorgio Napolitano per ”impedire il clima di linciaggio e diffamazione ai miei danni che sto vivendo fronteggiando intimidazioni anche palesi, come lei stesso potrà verificare su media e tv. Da 35 anni il nostro Paese è attraversato da una campagna di odio sollevata dalla vicenda del Circeo, in cui morì la povera Rosaria Lopez, rispetto alla quale non credo sia stata fatta piena luce.
Mi permetto di rammentarle che, oltre a essere una giornalista, sono stata protagonista di quei fatti per età e appartenenze biografiche e per questo sto lavorando alla riapertura di quel caso, e di un altro che ha visto coinvolto e accusato Angelo Izzo, che ho sposato di recente, certa che fare piena verità sia un contributo utile e necessario, poiché oltre tutto queste vicende si collegano ad altre che hanno insanguinato la nostra storia.
Le chiedo di favorire un clima corretto di rispetto delle leggi che consentono a un condannato, sia pure nei tre gradi di giudizio, di dare il suo contributo al pieno accertamento della verità, se questa non è stata onorata come si deve e come egli sta già facendo avendomi consegnato parecchie memorie sulle quali stiamo lavorando in sede legale”[3].
I macigni giudiziari di Angelo Izzo …
Per essere una giornalista la signora Papi in Izzo si mostra piuttosto deboluccia sui fondamenti del diritto penale. Il luogo di accertamento della verità giudiziaria è il processo. Fuori di questa sede il cittadino condannato conserva tutti i diritti che la legge gli riconosce (e molti sono limitati o definitivamente cassati in rapporto alla condanna stessa) compreso il diritto di richiedere una revisione processuale. Ma per ottenere questa opportunità non servono chiacchiere ma nuovi fatti. Izzo in tutti e tre i gradi di giudizio di entrambi i massacri commessi è stato condannato al massimo della pena. E la sua difesa non ha mai contestato la partecipazione ai crimini, invocando nel primo caso una minor partecipazione agli stupri per problemi fisiologici e nel secondo un parziale vizio mentale.
… e i suoi tormenti spirituali
Ancora a Natale, parlando con un vecchio collega del Giornale, Nino Materi, la donna ha rivendicato il tormento spirituale del marito: “Donatella Papi, la giornalista che nel marzo scorso ha sposato Angelo Izzo, non è una pazza. Bisogna precisarlo subito, perché, all’indomani della sua scelta di diventare la moglie del «mostro del Circeo», fu proprio questa parola – «pazza» – ad essere usata da molti per liquidare una decisione che, invece, merita rispetto. (…) Le chiedo: «Ma Angelo Izzo, oggi, trova conforto nella fede?». E lei: «Sì, Angelo prega spesso. Non ama gli uomini di chiesa, ma ha uno spiccato senso della spiritualità. Crede nella giustizia di Dio, non in quella degli uomini. Nino, ti mando una sua lettera, così capirai meglio…».
Parlare di conversione, per un pluriomicida condannato all’ergastolo, è forse troppo, ma Donatella è convinta che questo cammino sia possibile: «Ho sposato Angelo per amore e ogni volta che lo vedo, che gli parlo, che gli scrivo mi rendo che il mostro non è lui, ma altri…». A chi ti riferisci? «A chi non vuole che la verità sui fatti del Circeo venga fuori…». Ma su quella tragedia parlano chiaro le sentenze dei processi: «Verdetti che hanno trovato in Izzo il perfetto capro espiatorio, il simbolo del male che ovviamente doveva essere incarnato da un uomo di destra. Peccato che nessuno abbia indagato negli ambienti della sinistra. Se lo avessero fatto oggi, forse, Angelo non sarebbe in cella…».
Parole dure, dette da una donna coraggiosa che ha perso l’unico figlio (Jacopo, 18 anni) in un incidente misterioso: «Avevo sposato Angelo il 10 marzo, e da quel giorno continuavo a ricevere minacce di morte. Il 10 aprile Jacopo è stato trovato senza vita [per un incidente in mini-car, ndb] in mezzo alla strada. Si sono vendicati su di lui, ma è a me che volevano farla pagare…».”[4]
La separazione dopo un anno
La notizia della separazione è dell’11 aprile 2011 ma la donna non rinuncia a fare da cassa di risonanza al “mostro”. Appena una settimana dopo annuncia un’iniziativa giudiziaria per riaprire il processo di Ferrazzano (ergastolo definitivo): ”Ho ricevuto dal carcere una lettera in cui Angelo Izzo si rivolge alla Procura della Repubblica di Roma per denunciare la giornalista Cinzia Tani, che durante la trasmissione Matrix di mercoledì 30 marzo su Canale 5 ha affermato che Izzo sarebbe stato incastrato dal Dna riguardo al duplice omicidio della signora Linciano e di Valentina Maiorano avendo lasciato il suo Dna sul nastro adesivo usato per legare le vittime in quanto lo avrebbe tagliato coi denti”[5].
Il peso storico del massacro del Circeo
E’ forse il caso di ricordare che al processo, data la schiacciante consistenza del materiale probatorio, la difesa di Izzo si era appellata alla seminfermità mentale, respinta perché il secondo doppio delitto era stato accuratamente premeditato e lui si era mantenuto lucido anche dopo l’esecuzione e l’occultamento dei cadaveri, sotterrati in buste di plastica nel giardino di una villetta in un paese alle porte di Campobasso. Con la promessa di avviare una comune attività commerciale, Izzo si era fatto consegnare del denaro e aveva ucciso madre e figlia dopo aver violentato la ragazzina, Valentina, di 14 anni.
Su una cosa, però, bisogna dare ragione alla oramai ex signora Izzo: lo straordinario peso storico del massacro del Circeo. Certi delitti restano nell’immaginario collettivo ben al di là della loro essenza. Finisce per prevalere l’intrinseca potenza espressiva. Perché in qualche modo si collocano alla confluenza di spinte e tensioni sociali ancora confuse e contraddittorie che quel grumo concentrato di violenza porta allo scoperto, in maniera esemplare.
1 – continua
[1]Adnkronos, 11 aprile 2011
[2]ibidem
[3]Adnkronos, 25 agosto 2010
[4]Nino Materi, “Il mostro del Circeo ora si converte”, Il Giornale, 3 gennaio 2011
[5]Adnkronos, 18 aprile 2011
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