23 maggio 1974: a sorpresa le Brigate rosse liberano Mario Sossi senza contropartita

Il 18 maggio 1974 le Brigate rosse diffondono il sesto comunicato sul sequestro del magistrato Mario Sossi, rapito il 18 aprile. Si parla in modo esplicito, per la prima volta, di condanna a morte dell’ostaggio:

È un mese che Mario Sossi è nostro prigioniero. È un mese che vi guardiamo in faccia. Nessuna maschera può più nascondere il vostro volto disumano e fascista. Abbiamo preso uno di voi e voi lo avete abbandonato. Egli ha ammesso macchinazioni e intrighi a danno dei compagni comunisti del 22 Ottobre e voi avete risposto che è un soggetto psicoflebile […]. Abbiamo prove puntuali e fotocopie di atti istruttori che riguardano il già citato traffico d’armi. Mario Sossi ha reso ampia testimonianza su tutto ciò. Inoltre egli ha scritto e sottoscritto un atto di accusa preciso […]. Ci assumiamo tutte le responsabilità di fronte al movimento rivoluzionario affermando che, se entro 48 ore […] non saranno liberati gli 8 compagni del 22 Ottobre […] Mario Sossi verrà giustiziato.

L’iniziativa dell’avvocato Guiso

Il giorno dopo l’avvocato Giannino Guiso, legale di Mario Rossi, prende l’iniziativa e si appella alle Br: «Ho chiesto alla Corte d’assise d’appello di concentrare tutti gli imputati del gruppo 22 Ottobre per discutere e decidere insieme la linea giuridica e politica da seguire per consentire l’immediata liberazione del dottor Sossi e garantire ai compagni imputati i maggiori vantaggi. Mi appello perciò a voi perché sospendiate ogni decisione fino all’esito di tale mediazione».

In molti cercano di mediare: l’ ex membro della Volante rossaSaverio Tutino, comunista internazionalista già corrispondente de «l’Unità» da Cuba, si rivolge ai brigatisti tramite un’intervista per sconsigliare (e scongiurare) “un assassinio a freddo”: «Oggi l’uccisione di Sossi non avrebbe nessun effetto se non negativo per i suoi rapitori: non è straniero, non è un torturatore, anche se il suo operato è molto criticabile, e le Br non godono certo del favore di cui godevano i Tupamaros».

L’ordinanza di libertà provvisoria

La svolta è il 20 maggio. Applicando la legge Valpreda, la Corte di Assise di Appello di Genova concede la libertà provvisoria agli otto detenuti della 22 Ottobre, ne ordina l’immediata scarcerazione «considerato il grave ed imminente pericolo che incombe sulla vita del dott. Mario Sossi». Il rilascio dei passaporti è condizionato dalla «incolumità personale e liberazione del dott. Mario Sossi».

Il procuratore Francesco Coco decide di applicare alla lettera l’ordinanza: i detenuti saranno scarcerati soltanto con Sossi libero. Secondo Coco, la libertà provvisoria può essere data solo ai malati gravi o a presunti innocenti. Non vi rientrano quindi gli otto della 22 Ottobre. Anche se non ne sospende l’esecutività, Coco ricorre in Cassazione contro l’ordinanza della Corte d’Assise.

Le reazioni del mondo politico

Per Bettino Craxi, dirigente di spicco del Partito socialista, dopo quanto avvenuto nel carcere di Alessandria era diventato difficile rispondere negativamente al ricatto. Contrari alla scarcerazione il repubblicano Reale, il socialdemocratico Preti, il liberale Biondi. Solo per la Sinistra indipendente era giusto che lo Stato «sacrificasse il suo potere repressivo alla necessità di salvare una vita umana». Il 21 maggio il presidente del Consiglio Rumor ribadisce in Senato la posizione di fermezza del governo italiano.

La linea del governo restava quella della «intransigente» difesa dei diritti e delle prerogative delle istituzioni, «della assoluta consapevolezza che primario dovere del governo è quello di garantire, nella sicurezza generale, i fondamentali valori dello Stato». Il governo diede ordine di far circondare dalle forze dell’ordine il carcere genovese di Marassi, dal quale sarebbero dovuti uscire i detenuti, affinché fossero immediatamente trattenuti.

Il comunicato numero 7

Lo stesso 21 maggio le Br diffondono il Comunicato n. 7 che esprime apprezzamento per gli sviluppi e garantiscono la liberazione di Sossi una volta eseguita l’ordinanza . In poche righe, in allegato, Sossi dichiara di essere in buona salute e di avere avuta garantita l’incolumità. È molto probabile che il Partito comunista italiano abbia pressato il governo cubano, nella cui ambasciata vaticana dovevano trovare ricovero i detenuti, che infatti ritira la disponibilità. Un errore di valutazione dei brigatisti sui rapporti di forza con il Pci.

La liberazione a Milano

Il 23 maggio le Br prendono atto della retromarcia cubana a offrire rifugio politico ai prigionieri della 22 Ottobre e della mancanza di sbocchi e decidono di rilasciare Sossi senza contropartite pratiche. Una decisione molto sofferta, un passo indietro rispetto ai propositi. Eppure, la liberazione gratuita dell’ostaggio apre contraddizioni all’interno dello Stato, costretto a contravvenire alle proprie leggi pur di tenere in carcere i membri della 22 Ottobre. Sossi fu liberato con molte precauzioni, perché egli stesso temeva per la propria incolumità e suggerì come truccarlo per non essere riconosciuto.

La versione di Sossi

Sossi ha confermato solo in parte questa versione: «Non voglio correre il rischio di essere riconosciuto – ricorda in seguito – perciò reprimo il desiderio vivissimo di recarmi subito in una chiesa a ringraziare il signore, come mi ero ripromesso di fare quando ancora ero nella mia cella. Preferivo dunque non avere a che fare con polizia e carabinieri, non certo per sfiducia nei confronti degli agenti, di cui conoscevo perfettamente la lealtà e il senso del dovere, ma per totale dissenso nei confronti della direzione politica di allora [del ministero] dell’Interno».

Lasciato nei pressi di un giardino pubblico di Milano con in tasca un documento falso Sossi prese un treno per Genova facendosi riconoscere solo da un passeggero. Appena giunto alla stazione di Porta Principe, telefonò a due avvocati e a un medico legale suo amico quindi attese alcune ore prima di recarsi con loro dalla moglie, ignara del rilascio. Si fece visitare da un neurologo, che lo trovò in buona forma, e convocò una conferenza stampa.

La conferenza stampa

Sossi attacca subito coloro che «hanno evitato accuratamente determinate e dovute responsabilità. Sempre per amore di verità debbo dire che durante la detenzione mi è stato usato un trattamento umano. Non mi sono mancate notizie dei familiari né mi sono mancati cibi, medicinali, indumenti e libri». Nello specifico gli interrogatori o meglio le discussioni duravano da tre quarti d’ora a tre ore. Nessun messaggio gli era stato imposto, le sue risposte non erano state in alcun modo forzate. I messaggi «erano l’unico modo di parlare con la mia famiglia e con gli avvocati».

La delegittimazione di Sossi

L’agire di Sossi dopo la liberazione sembrano il segnale della necessità di assicurarsi una serie di garanzie in vista di una probabile sua sconfessione pubblica da parte del potere. Coco manifesta immediati dubbi «sul suo equilibrio psicofisico»: era stato trattenuto per troppo tempo.

Per la questura di Genova Sossi «ha paura perché sa di aver parlato troppo con i suoi custodi, rivelando segreti, nomi di confidenti e di ufficiali del Sid». Intorno al magistrato, insomma, prese a crearsi un clima particolare. A quella di Coco si unirono altre voci sulla sua lucidità mentale non soddisfacente e sul suo comportamento strano. Si alluse, infine, a un suo non improbabile assoggettamento.

Sossi denuncia il tentativo di trasformarlo in un «pazzo di Stato per invalidare le critiche che ho fatto ai capi nei messaggi scritti durante la prigionia» e per giorni rifiuta di incontrare il suo diretto superiore, Coco.

Il gioco delle parti con Coco

Questo atteggiamento, come le sue dichiarazioni, però, a dire di Sossi facevano parte di una simulazione messa in atto al fine di ingannare proprio le Br rispetto al suo ravvedimento. Secondo Sossi, infatti Coco con il suo agire «salvò il prestigio dello Stato molto più sostanzialmente ed efficacemente del governo che, ad una dichiarazione di guerra non aveva saputo rispondere in altro modo che con la strategia del silenzio: pronunciando cioè un puro e semplice no alla trattativa, ma evitando di prendere duramente l’iniziativa contro l’intero movimento eversivo, a cominciare dai fiancheggiatori e simpatizzanti».

Tornando alla vicenda dei detenuti della 22 Ottobre, il 25 maggio 1974 la Procura generale della cassazione ne negò la scarcerazione e per ogni evenienza quello stesso giorno il giudice istruttore Vincenzo Scolastico spiccò un mandato di cattura per associazione sovversiva contro Mario Rossi e Giuseppe Battaglia in modo da non rischiare ulteriori complicazioni legali in caso di nuovi provvedimenti in loro favore. In seguito l’ordinanza di scarcerazione fu annullata. Fu dunque la magistratura a sostenere quella prima importante battaglia contro il brigatismo italiano, riuscendo a salvare la vita dell’ostaggio e a non cedere al ricatto dei rapitori

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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