23 settembre 1941: nasce Renato Curcio, il carbonaro

Renato Curcio, nato a Monterotondo il 23 settembre 1941, nel 1964 si iscrive alla Facoltà di Sociologia a Trento. Qui anima con Walter Peruzzi la rivista teorica Lavoro Politico di orientamento marxista-leninista. Leader del Movimento studentesco, che a Trento si sviluppa già nel 1967, fonda con Mauro Rostagno che finirà ammazzato dalla mafia il gruppo Università negativa. Terminati tutti gli esami non si laurea. e dopo avere sposato Margherita Cagol al santuario di San Romedio il 1 agosto 1969 (testimone Vanni Mulinaris), si trasferisce a Milano dove organizza il Collettivo politico metropolitano, un gruppo che è ben radicato in alcune fabbriche (la Pirelli e la Sit Siemens) ma anche nei quartieri (Lorenteggio, Quarto Oggiaro) e nelle prime occupazioni di case.
Dal Cpm alle Brigate rosse
Dopo i convegni di Chiavari nel 1969 e di Costaferrata nel 1970, il Cpm si evolve in Sinistra proletaria. Curcio fonda le Brigate Rosse con Margherita Cagol e Alberto Franceschini. Arrestato una prima volta a Pinerolo l’8 settembre 1974, il 18 febbraio 1975 viene fatto evadere dal carcere di Casale. Guida il commando Margherita Cagol, che è uccisa dai carabinieri a giugno. Curcio è ferito dalla polizia e definitivamente arrestato a Milano il 18 gennaio 1976.
Sebbene non facesse parte del commando sarà condannato per concorso morale nel duplice omicidio di Mazzola e Giralucci. I due attivisti missini sono uccisi la mattina del 18 giugno 1974 nella federazione di Padova da Fabrizio Pelli. E’ un duplice omicidio casuale, il primo delle Br. Curcio insiste per assumersene la responsabilità e scrive lui il comunicato che desta scalpore.
La rivendicazione di Moro
In carcere, con gli altri membri del nucleo storico, continua la militanza brigatista. Il 10 maggio 1978,al maxiprocesso di Torino, legge il comunicato di rivendicazione dell’omicidio del presidente della dc:
l’atto di giustizia rivoluzionaria esercitato dalle Brigate Rosse nei confronti del criminale politico Aldo Moro, (…), è il più alto atto di umanità possibile per i proletari comunisti e rivoluzionari, in questa società divisa in classi
La fine della lotta armata

Nel 1982 il libro “Gocce di sole nella città degli spettri” scritto a quattro mani con Alberto Franceschini diventa il manifesto politico degli “scissionisti” del Partito Guerriglia. Anche se non si dissocerà mai Curcio ha oramai preso le distanze dalle pratiche di lotta armata. Nel febbraio 1987 nell’aula bunker del tribunale di Roma le autorità sequestrarono a Nadia Ponti un documento, pubblicato poi su alcuni quotidiani. Lo hanno firmato Curcio, Mario Moretti, Maurizio Iannelli e Piero Bertolazzi. I quattro brigatisti dichiarano chiusa l’esperienza della lotta armata e chiedono una rivisitazione critica degli anni settanta.
La battaglia di libertà e la mancata grazia
A sostegno della “battaglia di libertà” e di una soluzione politica per gli anni di piombo nasce la rivista Anni 70. Alcuni numeri li ho “firmati” io come direttore responsabile. Nel 1990 Fabrizio De Andrè conclude l’album “Le nuvole” con il brano “La domenica delle salme“. Un pezzo visionario di critica radicale alla società nata dal fallimento del sistema sovietico e dal trionfo del modello americano. L’ultima strofa è dedicata a “Renato Curcio, il carbonaro“. Faber vuole sottolineare le alte ragioni etiche del suo impegno politico e della sua condizione di prigioniero.
Nel 1991 la proposta del presidente Francesco Cossiga, approdato a posizioni favorevoli alla liberazione dei prigionieri politici degli anni di piombo, della grazie per Curcio scatena una notevole bagarre politico-mediatica. Il Guardasigilli Claudio Martelli dichiara un conflitto di attribuzione e la cosa si arena.
Fuori dal carcere torna alla ricerca sociale
Curcio ottiene la semi-libertà l’8 aprile del 1993 e grazie alla buona condotta finisce di scontare la pena nel 1998. 23 anni dei 28 di condanna, frutto del cumulo tra il maxiprocesso di Torino e il concorso morale in omicidio di Padova. Nel 1990 ha fondato la casa editrice “Sensibili alle foglie” e nel 1993 ha pubblicato per Mondadori con il giornalista Mario Scialoja A Viso aperto, dove dichiara:
«Vorrei però che sia ben chiara una cosa. Io avevo grandi responsabilità nella creazione del fenomeno armato e facevo parte di una organizzazione che non era una squadra di bocce, dalla quale tirarsi fuori come niente fosse (…). Credo di non dover spendere molte parole per spiegare che da parte mia sarebbe stata una buffonata irresponsabile. Ancora oggi nel 1993 non ho fatto una scelta di questo tipo. Ed è proprio per questo che sono rimasto in carcere».
Nel 1995 ha sposato l’ex militante dei Nuclei Comunisti Maria Rita Prette, con cui ha avuto un figlio. Vivono in un cascinale nel Cuneense. Si dedica alla ricerca sociale, con particolare riguardo alle istituzioni totali (carceri, manicomio) e agli ultimi (disabili, immigrati). Spesso le presentazioni delle sue opere sono occasioni di polemiche suscitate dal partito della vendetta. Lui tiene duro sul rifiuto di commentare le questioni di attualità e i fatti attinenti alla lotta armata. Parla solo delle sue ricerche.
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