26 settembre 1988: Cosa nostra assassina Mauro Rostagno

Terza puntata dello speciale che dedichiamo, nel 43esimo anniversario, all’omicidio, da parte di Cosa Nostra, di Mauro Rostagno. I ricordi e le riflessioni della figlia Maddalena. Il depistaggio dei carabinieri

Mauro Rostagno con la figlia Maddalena

Mi sembra una giustizia non sufficientemente coraggiosa — prosegue Maddalena Rostagno —, e io stasera non me la sento di brindare. Quell’omicidio è accaduto quando avevo 15 anni e mi ha stravolto la vita; è successo di tutto, mia madre è finita in galera con l’accusa di aver favorito gli assassini di papà… (inchiesta abortita in un errore giudiziario, ndr). Non si tratta di pretendere un ergastolo in più (peraltro Mazzara resta sepolto in galera da altre condanne a vita, ndr), io sono pure contraria all’ergastolo, ma anche quando i processi vanno bene resta sempre fuori un pezzettino…».
E il sigillo sul delitto di mafia, conclude la figlia, restituisce pure dignità a Rostagno: «Non era uno sfigato che non si rendeva conto di ciò che gli accadeva intorno, tradito dai compagni, dalla moglie o dai tossici; era uno che ha deciso di giocarsi la vita per raccontare ciò accadeva sul suo territorio, denunciare il potere mafioso e le connivenze che lo sostenevano. Non è stato un martire, ma un uomo consapevole di quello che stava facendo e anche di quello che rischiava». [Intervista a Giovanni Bianconi]

Dopo il ’68, Mauro Rostagno ha fatto tante cose: è andato in Sicilia ad organizzare gli abitanti dei «catoi», i buchi di pietra, lamiera e topi dove vivono i poveri del centro; li ha portati in cattedrale davanti al cardinale Pappalardo, che è stato a sentire. È tornato a Milano, ha aperto un locale alternativo, che la polizia ha chiuso per spaccio di marijuana. Poi è scomparso in India, tutto vestito di arancione, seguendo il guru Bhagwan.

L’impegno da giornalista antimafia

Solo ora che il suo nome è di nuovo sui giornali si viene a sapere che Rostagno è tornato in Sicilia, dove lavora in una comunità per il recupero di tossicodipendenti e alcolisti. Non solo: ha preso a parlare da una televisione locale e lì, per la prima volta a Trapani, fa quotidianamente i nomi dei mafiosi che comandano la città, e ha acquistato un grande numero di sostenitori.

Intervista il magistrato Borsellino, segue in diretta i processi, si incontra con Giovanni Falcone per parlargli di quanto di strano (traffico d’armi con la Somalia) ha scoperto all’aeroporto militare di Trapani. E ora… quell’assurda accusa per il delitto Calabresi. Cosa Nostra decide in fretta: quello sta diventando troppo pericoloso, è un personaggio nazionale e Trapani non vuole pubblicità.

Il depistaggio dei carabinieri

La sera del 26 settembre 1988 lascia la sede della televisione per raggiungere la comunità; passa per la solita stradina di campagna, che però oggi è senza luce.

La Fiat Duna che guida viene assalita da alcuni killer, mandati da Vincenzo Virga, che è contemporaneamente il capo mafia e uno dei più grossi imprenditori della città. Lo ammazzano. Immediatamente i carabinieri di Trapani spiegano che si è trattato di un affare di droga e di corna. I suoi funerali sono i più grandi che Trapani abbia mai visto, una fila di donne saluta la vedova vicino alla bara:

«Condoglianze, ero una telespettatrice».

FONTE: Enrico Deaglio, Patria, 1978-2008, Il Saggiatore

Immaginate di essere la figlia

Passeggiate tra cuscini, amache e altalene, nelle stanze del più grande centro sociale italiano, Macondo, alla fine degli anni settanta, a Milano. Attraversate Pune, in India, per ascoltare Osho, e osservate, mentre si alza il sole, tre elefanti passare con i baldacchini sulla schiena. Arrivate a Trapani, punta estrema d’occidente d’Italia, a due passi dall’Africa, in una piccola frazione di campagna, e trasformate un vecchio baglio nel più laico e libertario centro di recupero per tossicodipendenti, la comunità Saman.

Il padre ucciso, la madre colpita dalla macchina del fango

Immaginate di essere Mauro Rostagno – leader del Sessantotto, amante della vita e della libertà – e di lavorare in una piccola televisione locale, Rtc. Immaginate di sfidare ogni giorno, dagli schermi di Rtc, la più grande organizzazione criminale d’Italia: Cosa Nostra.

Ora immaginate di essere Maddalena Rostagno, figlia di Mauro. Maddalena e Milano e l’India e Trapani, Maddalena che guarda in tv suo padre, Maddalena che la sera del 26 settembre 1988 sente dei colpi di pistola, a pochi passi da casa. Maddalena, che otto anni dopo vede sua madre in carcere, arrestata con l’accusa di favoreggiamento per l’omicidio di Mauro, colpita dalla macchina del fango.

La storia dell’uomo che sfidò la vita

Maddalena che cresce, che riapre i cassetti, che legge le carte giudiziarie, che scongela il dolore. Maddalena che aspetta per anni che vengano trovati i veri assassini di suo padre. Fino all’apertura del processo, nel 2011, ben ventitré anni dopo quella sera di autunno. Cucendo il filo della vita e della storia in un montaggio serrato, Maddalena Rostagno e Andrea Gentile scrivono un racconto intimissimo, una sceneggiatura, un’inchiesta, un romanzo picaresco. La storia dell’uomo che sfidò la mafia guardandola negli occhi. La storia dell’uomo capace di sentire il suono di una sola mano.  

a Mauro perché è Mauro
a Chicca, perché sì
a Pietro, per entrambi i motivi
Strawberry fields forever
M.R.
a nonna Lisa
e a mamma, papà e Luca

FONTE: Maddalena Rostagno, Andrea Gentile, Il suona di una sola mano, Il Saggiatore

Per approfondire

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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