27.9.79: ucciso in carcere Salvatore Cinieri. Una vendetta sbagliata
Nel carcere di Pianosa, Salvatore Cinieri (in alto a sinistra), è ucciso a coltellate dal detenuto comune Salvatore Farre Figueras. E’ uno spagnolo, condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio dei due carabinieri a Moncalieri. Diventerà un killer delle carceri e un anno e mezzo dopo tenterà di uccidere Mario Moretti ed Enrico Fenzi. Cinieri era stato tra i fondatori insieme a Gianfranco Faina (in alto a destra) di Azione Rivoluzionaria, ed era a Torino in vista del processo contro l’organizzazione.
Una soffiata dietro al delitto
Quando è detenuto a Pianosa, gli agenti sventano il piano di evasione di Figueras. I giudici del «campo» di Pianosa istruiscono subito il processo: sono sospettati di delazione Enrico Paghera, un rapinatore genovese con legami di destra e Pasquale Viele. Salvatore Cinieri interviene e fa da mallevadore per Paghera, un suo compagno di cella che in carcere è diventato anarchico ed ha aderito ad Azione rivoluzionaria. Si rivelerà un provocatore .
Intanto Cinieri lo difende e rassicura gli altri detenuti: “Non ci sono elementi. Se è colpevole sarò io a punirlo”. Il verdetto per lui è di condanna a morte. Pochi giorni dopo il trasferimento nel carcere di Trani Paghera è stato aggredito e accoltellato ma se l’è cavata. E così lo spagnolo decide di presentare il conto al suo garante…
Onore al compagno Cinieri
Il 4 ottobre, durante un’udienza del processo, i suoi compagni presenteranno un documento dal titolo “Rendiamo onore alla memoria del compagno Salvatore Cinieri”, in cui scriveranno, tra l’altro:
«Non abbiamo eroi da celebrare, non ne vogliamo neppure. Ma pretendiamo il rispetto della verità d’un percorso umano che sappiamo senza ombre. Cristallino nelle sue sofferenze, nei suoi slanci, nelle sue miserie, nelle sue grandezze.
Non siamo abituati alla retorica e non abbiamo da esibire nulla di spettacolare. Intendiamo soltanto i momenti della vita di un proletario come tanti altri. Un proletario determinato a porre fine allo stato presente delle cose»
Chicco Galmozzi ha commentato questo post sulla mia pagina facebook:
Paghera si era cantato uno di quei più o meno immaginari piano di evasione. Paghera non era né una spia né un provocatore. Io ero a Pianosa e l’ho conosciuto bene: era un compagno in crisi (anche per storie sentimentali) e che ha ceduto, come tanti dopo di lui. Cinieri in pratica gli ha salvato la vita e ha pagato con la sua. Ma, particolare importante, non è morto da infame: Figurras gli ha detto di uscire accavallato per difendersi. Così fu ma il duello era impari: Figueras era una belva. E a proposito, l’attacco a Moretti fu una sceneggiata, un segnale. Se avesse voluto uccidere niente lo avrebbe fermato.
Di questa ultima circostanza sono anche io convinto.
La biografia di Salvatore Cinieri
Salvatore Cinieri nasce a Grottaglie, in provincia di Taranto, il 27 aprile 1950. Appena adolescente si sposta prima a Genova ed infine in Piemonte, ad Asti e, in parte, a Torino. In un primo tempo Salvatore è, come si diceva un tempo un “proletario extra legale”, cioè un rapinatore che però non sottostà alle logiche mafiose ed organizzate del crimine italiano; conosce il carcere di Marassi a soli 18 anni, e nel 1969 è già in prima fila nella famosa rivolta del carcere.
Girati moltissimi carceri, tra cui i più duri, Volterra, Sassari e Nuoro, ma mai piegato dalla durezza della repressione, esce nel 1972, si trasferisce a Torino, ma viene ben presto arrestato di nuovo: proprio all’interno delle strutture di detenzione Salvatore entra in contatto con prigionieri politici, che accelerano il suo processo di presa di coscienza.
Uscito finalmente dal carcere egli comincia a dedicarsi alla solidarietà ai detenuti e, infine, decide di compiere il decisivo passo verso la lotta armata e la semiclandestinità e, nel 1977, insieme a Gianfranco Faina, fonda Azione Rivoluzionaria. LEGGI TUTTO
L’esecuzione di Viele
TORINO — Un detenuto è stato ucciso ieri alle Nuove [19 giugno 1980, NDB] in una cella del braccio di massima sicurezza. E’ Pasquale Viele, 27 anni nato a Bari, già residente a Torino, un certificato penale zeppo di reati che vanno dal furto all’omicidio. L’hanno «garrotato» quasi sicuramente i compagni di cella, quattro detenuti «politici»: Piero Bertolazzi del gruppo storico delle Brigate rosse, Giorgio Piantamore ex comontista e complice nel sequestro dell’industriale Carello, Giorgio Zoccola di «Azione rivoluzionaria», Claudio Carbone, eritreo, ex nappista. Il delitto è stato commesso, poco prima di mezzogiorno, nella cella che il Viele condivideva con Zoccola e Piantamore (processati a Torino, in tribunale, il 30 maggio scorso, in attesa di essere trasferiti a Pianosa) e nella quale pochi minuti prima si erano fatti condurre il Carbone e il Bertolazzi. LEGGI TUTTO
Tanti omicidi in carcere
In quegli anni, nelle carceri, c’erano stati molti e feroci delitti all’interno di conflitti criminali. Alcuni sono rimasti nell’immaginario collettivo per svariati motivi. L’omicidio del boss calabrese Mico Tripodo nel carcere di Poggioreale nel luglio 1976 è un favore a don Paolo De Stefano. Ma è anche la consacrazione della forza della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.
Nell’estate 1982 il “boia delle carceri” Raffaele Catapano, fedelissimo di Cutolo, nell’infermeria di Poggioreale letteralmente macella Antonino Vangone, boss della Nuova Famiglia, per vendicare l’omicidio del fratello. In mezzo un altro feroce delitto: l’esecuzione del “re delle bische”, il milanese Francis Turatello, massacrato nel cortile di Nuoro nell’estate del 1981 con 42 coltellate. Ma il boss muore in piedi. I terremoti del 23 novembre 1980 e del 14 febbraio 1981 dettero l’occasione ai cutoliani di scatenarsi contro i nemici, per un totale di 6 omicidi.
Numerosi i delitti che invece maturano all’interno della comunità dei detenuti politici o politicizzati. Oltre ai due assassinati per la mancata evasione ci sono altri cinque omicidi da ricordare
Ugo Benazzi Cuneo 2 luglio 1980
E’ un duello rusticano quello a cui assistono dall’alto delle garitte i secondini del supercarcere di Cuneo. Alle ore 11 del 2 luglio 1980 nel cortile lungo e stretto dove passeggiano 25 detenuti, differenziati, esplode improvvisamente una lite. A fronteggiarsi sono due rapinatori che, per diverse ragioni, hanno intrecciato le loro storie con il terrorismo rosso. Ugo Benazzi, 41 anni, è un rapinatore torinese di lungo corso.
Complice di Martino Zicchitella, in una rapina in oreficeria che frutta nel 1966 50 milioni, resterà legato a lungo al futuro nappista. Una fuga insieme, altre rapine fino all’arresto per Benazzi, nel 1975. Emanuele Attimonelli è più giovane, 26 anni, ma ha già un curriculum di tutto rispetto. LEGGI TUTTO
Biagio Iaquinta e Francesco Zarrillo Nuoro 27 ottobre 1980
Nel corso della rivolta brigatista, in cui era rimane gravemente ferito anche Roberto Ognibene, la camorra coglie l’occasione per un feroce regolamento di conti. Sono brutalmente uccisi, uno strangolato, uno decapitato, due detenuti comuni, il cosentino Iaquinta, 28 anni, il casertano Zarrillo, 34 anni. All’inizio sono chiamati a risponderne tutti e 50 i partecipanti ma ben presto emerge che si è trattato di un affare interno alla camorra. Saranno perciò condannati all’ergastolo i sei responsabili, tutte figure di rilievo, da Pasquale Barra a Marco Medda, da Cesare Chiti a Domenico Giglio per finire con i siciliani Salvatore Maltese e Salvatore Sanfilippo. LEGGI TUTTO
Giorgio Soldati, Cuneo 10 dicembre 1981
Il 10 dicembre 1981, nel carcere di Cuneo, i brigatisti uccidono Giorgio Soldati, un giovane compagno uscito da Prima linea. Stava cercando di entrare nel Partito Guerriglia. Lo fermano, assieme a un altro militante, Nando della Corte, subito pentito, durante un controllo alla stazione centrale di Milano. Nel conflitto a fuoco il napoletano Della Corte uccide un poliziotto, Eleno Viscardi. LEGGI TUTTO
Ennio Di Rocco Trani 27 luglio 1982
Ennio Di Rocco è ucciso da sei detenuti, armati di punteruoli. Era un proletario romano, militante delle Brigate Rosse -Partito Guerriglia. Sotto tortura aveva rivelato i preparativi in corso per sequestrare l’amministratore delegato della Fiat Cesare Romiti. L’omicidio è rivendicato con un volantino dai “Proletari prigionieri per la costruzione dell’organismo di massa del campo di Trani“. Il 30 luglio successivo una telefonata al quotidiano Vita rivendica il fatto alle Brigate Rosse – Partito della Guerriglia. LEGGI TUTTO
Le aggressioni
Ci sono poi alcune aggressioni:
Mario Moretti ed Enrico Fenzi a Cuneo il 2 luglio 1981, opera dello stesso Figueras;
Immacolata Gargiulo, a Palmi l’8 febbraio 1982. E’ una salernitana dissociata che fa parte della colonna Pelli. Era un gruppo autonomo di aspiranti brigatisti che per candidarsi uccide il procuratore capo Nicola Giacumbi. Tre brigatiste la sfregiano;
Maria Grazia Biancone è pestata a sangue a Latina il 4 agosto 1982 come “ammittente e arresa”. Secondo Prospero Gallinari la sua colpa è di per far parte della componente che ha dichiarato la ritirata strategica, le Br-Pcc;
il tentato strangolamento nel novembre del 1982 a Voghera di Maria Giovanna Massa, compagna di Patrizio Peci, che sopravvive grazie all’intervento di una vigilatrice.
Le violenze tra i neri
Sono quattro gli episodi di violenza nell’ambito dei prigionieri per “terrorismo nero”
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