29 ottobre 1974: i nappisti Romeo e Mantini uccisi in una rapina

Dal blog di Salvatore Ricciardi due pensieri su Romeo e Mantini e una scheda sul collettivo Jackson, la struttura di movimento fiorentino che partecipa alla fondazione dei Nap
Giuseppe Romeo «Sergio», giovane extralegale, napoletano, muore a soli vent’anni, falciato dai carabinieri insieme a Luca Mantini, 25 anni, nel corso di un’azione di autofinanziamento dei Nap. Come molti altri militanti dei Nap, fu tra i più coerenti fautori della struttura politico-militare extralegale, a Napoli. [Roberto Silvi, La memoria e l’oblio, 2009]
Liberare tutti. Il seme gettato da Lotta continua ha germogliato. In tanti all’interno dei penitenziari hanno raccolto e fatto proprio il dirompente messaggio di Lc. E’ nata una generazione di ex detenuti trasformati in quadri politici. Tornare indietro è impossibile. Dentro e fuori le carceri i Dannati della Terra inseguono una sola cosa. Il riscatto. [Valerio Lucarelli, Vorrei che il futuro fosse oggi, 2010]
Il collettivo Jackson
Nel 1973 nasceva il Collettivo George Jackson, nel carcere delle Murate a Firenze. Il compagno Luca Mantini militante dei Lotta Continua, in carcere per scontri contro i fascisti durante un comizio del Msi, fu uno dei primi a rompere la separazione che fino ad allora esisteva tra detenuti politici e detenuti comuni. Luca ebbe la capacità e la sensibilità di vedere in alcuni giovani extralegali fiorentini (in genere rapinatori) i nuovi soggetti della trasformazione avvenuta nel mondo extralegale che produceva dei ribelli al posto dei malavitosi. Così andò in una cella dove erano i più vivaci giovani extralegali: la miscela fu esplosiva e con quei compagni di cella Luca fondò il collettivo George Jackson, riprendendo il nome di un giovane rapinatore statunitense che in carcere si policizzò diventando membro delle Pantere Nere. In seguito quei giovani extralegali daranno vita ai Nap (Nuclei armati proletari). Luca Mantini verrà ucciso il 29 ottobre 1974 durante un esproprio a una banca di piazza Alberti a Firenze insieme a un altro compagno napoletano, Giuseppe Romeo Sergio». LEGGI TUTTO
Riccardo Venturi
Il testo che segue è invece tratto dal sito di Riccardo Venturi Canzoni contro la guerra. La canzone di cui si parla nell’attacco del pezzo è stata rimossa da youtube e quindi il riferimento sembra capriccioso, ma la storia resta tutta da leggere
Questa è, al tempo stesso, una canzone a caldo e a freddo. Parla, in senso generale, di vite, di scelte e di lotte; e di disperazioni, e di galere, e di rivolte. Parla pure, però, di un fatto ben preciso; accadde a Firenze, in piazza Leon Battista Alberti, il 29 ottobre 1974. Quarant’anni fa.
In questo sito, a pensarci bene, di canzoni che parlano di banditi ce ne sono parecchie; abbastanza per tirarci su un “percorso”, probabilmente. Oggi però non si parla di romantici e lontani “fuorilegge” o “outlaws”, si parla di due proletari armati per i quali la morte, come la canzone dice esattamente, era già preparata e da servire con cura. Si chiamavano Luca Mantini, 25 anni all’epoca, di Firenze; e Giuseppe Romeo, detto Sergio, vent’anni, di Aiello del Sabato in provincia di Avellino. Si parlerà anche, più in avanti, della sorella di Luca.
So bene di addentrarmi in un terreno pericoloso, di quelli che possono far sobbalzare parecchie “anime candide”, vere o finte, specialmente in questi tempi. Ne sono perfettamente cosciente, ed aggiungo pure che, se non lo avevo fatto prima, è solo perché la canzone del Collettivo Víctor Jara non è stata presente in Rete fino al 27 agosto 2014, quando l’ha messa sul Tubo Daniele Trambusti, un membro stesso del Collettivo.
Non un bandito, ma due. Furono ammazzati come cani dai carabinieri, durante una rapina a una filiale della “Cassa di Risparmio”. Quel giorno, il 29 ottobre 1974, avevo undici anni, e abitavo a nemmeno un chilometro e mezzo da quel posto; vidi tornare a casa mio padre, che ci era passato tornando a casa senza sapere niente e con un cadavere ancora là, terreo in volto. Erano tempi strani e particolari. Era lo stesso padre, il mio, che ugualmente terreo aveva voluto spiegarmi, pochi mesi prima venendomi a riprendere a scuola, che cosa era accaduto quella mattina a Brescia usando parole chiare: maledetti fascisti.
Nello stesso 1974, undicenne, si era ripetuto tutto in agosto, con la bomba sul treno Italicus. Essere un ragazzino nel 1974 in Italia significava questo: essere messo a confronto con uno stato assassino e con chi si rivoltava. Così, nessuno si stupiva se lo stesso ragazzino, e non era il solo, i giorni successivi leggeva i manifesti, scritti a mano e attaccati sui muri di Firenze, che parlavano di quei fatti. Desiderando sapere, in modo forzatamente imperfetto; formandosi però qualcosa che cominciava a incanalarsi verso una coscienza ben precisa.
Del Collettivo George Jackson, della politicizzazione dei detenuti nelle galere, delle rivolte carcerarie, dei Nuclei Armati Proletari, ne avrei saputo meglio negli anni a venire. Quando tutto era già finito, e finito con la morte di quasi tutto e con la galera di chi era sopravvissuto. Più tardi ne avrei conosciuti di persona alcuni, come Pasquale Abatangelo che quel giorno era pure in piazza Alberti; per questo sono solito dire, perché sono cose che mi innestano molto pudore, che c’ero e non c’ero al tempo stesso.
C’ero fisicamente, non c’ero come coscienza che non potevo avere, o che era in una fase embrionale pur accettando la mia “testa strana” anche da piccolo. Solo pochi anni fa la storia dei NAP è stata raccontata per esteso, in modo esatto, da una persona che neppure era nata all’epoca: Valerio Lucarelli, poco più che trentenne, nel volume “Vorrei che il futuro fosse oggi”.
Il “bandito”, quindi, come entità tutt’altro che astratta, “romantica”, lontana. Tutta una serie di banditi, e nel senso proprio del termine. Proletari e sottoproletari la cui coscienza si era formata nelle galere. Lo stesso Luca Mantini, finito alle Murate nel 1972 dopo gli scontri, avvenuti a Prato, durante un comizio fascista del MSI in quella “campagna elettorale” che vide anche l’assassinio poliziesco di Franco Serantini, aveva scelto di essere rinchiuso tra i “detenuti comuni”.
Non a caso, nel 1973, fonda a Firenze il Collettivo intitolato a George Jackson. E non a caso, tra le letture fondanti, ci sono i “Dannati della Terra” di Frantz Fanon. Non a caso viene scelta la lotta armata. Non a caso vengono quasi tutti sterminati. Che sia durante una rapina di autofinanziamento, quella dove “li stavano aspettando”, che sia a bruciapelo, su un pianerottolo, durante una “retata antiterrorismo” di questure con licenza di uccidere, sia in mezzo a una strada. Achtung Banditen.
Aveva 22 anni Annamaria Mantini, la sorella di Luca, nome di battaglia “Luisa”, quando fu ammazzata a tradimento da un agente del questore Santillo, l’8 luglio 1975 a Tor di Quinto, a Roma. Un colpo di pistola in piena fronte dopo che gli agenti si erano appostati per un giorno e mezzo. Un altro fiorentino volle parlare della sua vicenda, adombrandola come “Viola”, nell’ultima sua opera pubblicata. Una sorta di romanzo in versi che comparve nel 1985 nella “Medusa” di Mondadori, per scomparire dalle librerie poco dopo. Per scomparire praticamente del tutto, fino a tempi recenti:
Ma non è, poi, neppure questione di letteratura, sia pure della più elevata. È questione, come si mette bene in luce in questa bella e durissima canzone di un’altra epoca e forse di un altro mondo, di banditi e di risposte. Di coscienze e di prigioni. Il riconoscimento nei “dannati della terra” non rimase esercizio intellettuale e trovò applicazione nell’unico modo in cui era applicabile; e forse proprio per questo ai Nuclei Armati Proletari fu riservato il destino più terribile tra tutte le organizzazioni armate degli anni ’70, un vero e proprio sterminio con ogni mezzo. Strinsero la rete, ed eseguirono.
Così consegno questa storia, chiedendomi una volta di più da quale parte stia la “guerra”, ed è una domanda che tutti si dovrebbero porre al di là delle proprie opinioni personali.
FONTE: Canzoni contro la guerra/Riccardo Venturi
Sono nato nel 1939 e quegli anni li ho vissuti col cuore e con la mente. Ho vissuto intensamente gli anni ’60-’80…poi era tutto finito, come avevano programmato i “signori della guerra sociale”. Oggi , le nuove generazioni, dovranno riprendere un “percorso interrotto”.