3.3.44: nasce a Trieste Riccardo d’Este, critico radicale
C’è già tutta la radicalità del pensiero di Riccardo d’Este in questa intervista del 1976 a Emina Cevro Vukovic, per Vivere a sinistra, vita quotidiana e impegno sociale nell’Italia degli anni Settanta. Un’inchiesta, pubblicato da Arcana, una casa editrice controculturale. Così come le poche righe introduttive ci restituiscono magnificamente il suo tratto distintivo, l’intreccio tra essere e agire che ha già lasciato segni forti nel suo corpo ma al tempo stesso lancerà semi profondi. Perché le cose che io e molti miei compagni facciamo dentro e dopo il ’77 lui le aveva pensate e praticate molto prima.
Riccardo d’Este, una vita vissuta
Magro, nervoso, le mani dalle vene in rilievo, un sorriso estremamente dolce, a volte. Ora vive con Flora, due compagni, due cani, un gatto in un abbaino piccolissimo. I ritmi sono «folli». Al bar in un attimo ordina, come breakfast, un cappuccino, una birra, un liquore, lasciando il barista allibito. I suoi alcolici preferiti: Campari e Fernet; i più distruttivi. Il corpo regge e non solo a questo… Una vitalità disordinata, prorompente e lucida… Dentro-fuori la galera con spavalderia, compagni, gruppi, azioni, trent’anni di vita
Una vita vissuta presto e con straordinaria intensità. Riccardo a 18 anni, all’epoca si è ancora minorenni, è già fuori di casa. In rottura con il padre che era stato federale fascista a Gorizia e che da corporativista e da ‘sociale’ non si è mai iscritto al Msi, che critica da ‘sinistra’. Definirà lo strappo un bisogno edipico sub specie ideologica.
A Torino con Classe operaia
E’ il ’62, anno di piazza Statuto. Lui, seguace di Raniero Panzieri e dei Quaderni rossi, entra nella federazione giovanile socialista. Si trasferisce a Torino, cura il giornale dell’intervento in fabbrica, Potere operaio, e il partito gli passa anche uno stipendiuccio. Che lui integra, sebbene di esile costituzione, facendo il facchino ai Mercati generali. E’ uno ‘zenga’, i militanti estremisti che richiamano i compagni giapponesi, tostissimi, gli zengakuren.
Un radicalismo ‘monotematico’ e ignorante: sebbene l’Internazionale situazionista sia nata ad Alba e a Cremona pensa e agisce Danilo Montaldi, un riferimento di Socialisme ou barbarie, Riccardo nulla sa delle correnti della critica radicale che poi ne ispireranno azione e pensiero. A 19 anni, genio maledetto, è già tra i fondatori di Classe operaia. Il Psi lo cancella dalla nota spese ma lui non si perde d’animo.
Riccardo d’Este, precoce in tutto
A 20 anni si sposa per aiutare la compagna a uscire da una sofferta condizione familiare ed esistenziale, fanno subito un figlio e si separano. Si innamora di una ragazzina, figlia di compagni del giro operaista e gli tocca subito fare i conti con il disinganno e l’ipocrisia di tanta compagneria.
I suoceri sbroccano perché è sposato e lo denunciano per sottrazione consensuale di minorenni. Lucetta finisce in carcere minorile, lui si sbanda e comincia a farsi d’eroina. Decidono di spostarsi a Milano nel ’67: lui vuole rompere con la “roba”, lei non rientra da una licenza.
Lo strappo con Classe operaia
Quell’anno si è consumato lo strappo all’interno di Classe operaia, con la scelta entrista nel Pci del quadrumvirato Tronti-Cacciari-Asor Rosa-Di Leo. L’intervento operaio a Torino prosegue in forma sempre più spontaneista e antiburocratica, usando la sigla Lotta di Classe. Il rifiuto dei percorsi organizzativi avviati dal gruppo veneto-emiliano (Negri, Bologna, Bianchini) determina un certo isolamento. A Milano, invece, non mancano i rapporti unitari con i compagni ex C.O. che invece usano la sigla di Potere Operaio e hanno rapporto con Padova e Bologna. Riccardo vive così intensamente il ’68.
Sceglie una nuova sigla, i Gatti selvaggi, che richiama l’esperienza degli anarcosindacalisti americani di inizio secolo, gli IWW. E fa una forzatura che gli costerà caro: il giornale è pubblicato, senza il consenso del direttore responsabile, il padovano Francesco Tolin, come supplemento di Classe operaia, che non esce da più di un anno. Si innesca così nei suoi confronti una pesante campagna di tutte e due le correnti in cui si è scissa C.O: entristi nel Pci e poteroperaisti. Lo accusano, essendo “drogato”, di essere automaticamente ricattato dalla polizia. All’Alfa di Portello si arriva allo scontro fisico con i sindacati.
Dall’operaismo ai Consigli
La rottura con l’operaismo avviene anche sul piano teorico. Riccardo scopre i comunisti di sinistra e la corrente consiliarista che ha animato l’opposizione allo stalinismo dilagante negli anni tra le due guerre. L’esplosione del Movimento nelle università dà un forte stimolo e così nasce un primo documento sul “potere studentesco”. La riflessione si centra sulla proletarizzazione sociale e la mercificazione della vita. Ma prosegue anche l’intervento esterno di compagni libertari in fabbriche importanti come la Pirelli. Nasce una nuova aggregazione in cui confluiscono più componenti: anarchici, situazionisti, i gatti selvaggi (Riccardo ed Eddie Ginosa), e cani sciolti come Giorgio Cesarano
Riccardo è colpito da marzo da un mandato di cattura torinese per uso e detenzione di eroina. I primi mesi di latitanza li fa più coperti, poi la prudenza cala. La contestazione alla Scala organizzata da Capanna innesca un crescendo di iniziative contro il Natale consumistico.
L’arresto e il carcere
Una sua foto con un pezzo dell’abete della Galleria assaltato dai compagni finisce sui rotocalchi. Da Torino avvertono i colleghi milanesi e scatta l’arresto in pochi giorni, il 20 dicembre. Condannato a due anni e mezzo, si farà solo 18 mesi grazie all’amnistia di giugno ’70. Concessa per annullare le decine di migliaia di imputazioni per l’autunno caldo. Si è perso così la partecipazione alla straordinaria esperienza delle lotte autonome operaie e alla nascita di LUDD, che è comunque una sua creatura. Ma non si è abbattuto: in carcere è dentro il nascente movimento di lotta dei detenuti, partecipando alla prima grande rivolta di massa (le Nuove di Torino, aprile ’69).
Con i suoi compagni di cella, Fabio Francardo e Panco Ghisleni, a un ruolo rilevante, mentre tra i “sabotatori” della lotta si distingue padre Girotto, che spende il suo titolo di ex detenuto per chiamare i ribelli alla resa. “Già allora – spiegherà Riccardo nell’intervista per Vivere a sinistra – era noto come infame. Peccato che le Br non si siano informate”. Anche se alcuni rotocalchi puntano il dito sugli “studenti maoisti”, al ministero prevale la linea di ridimensionare l’impatto e la valenza politica della rivolta a una protesta per obiettivi concreti. Il carcere resterà un tema centrale della sua pratica e dell’elaborazione.
Riccardo d’Este, Faina e la critica radicale
Riccardo d’Este è, a questo punto, con un altro compagno ‘reduce’ di Classe Operaia, Gianfranco Faina, il più noto esponente della critica radicale. Una corrente che si esprime nella filiera delle esperienze organizzative (molto fluide) di Ludd-Organizzazione consiliare-Comontisti. Essendo questo post già estremamente denso e arravogliato rimando gli interessati ad approfondire al magnifico contributo di Pino Bertelli. Per i ‘patuti’ c’è poi La critica radicale in Italia. LUDD 1967-1970, con una Introduzione e una memoria di Paolo Ranieri – uno dei compagni più legati a Riccardo, scomparso pochi anni fa, e una ricostruzione storico-politica a cura di Leonardo Lippolis, edito da NAUTILUS, recensita da Sandro Moiso su Carmilla online.
La radicalità delle posizioni, la spregiudicatezza degli slogan (‘Contro il capitale lotta criminale‘) lo rendono facile bersaglio delle calunnie di Pci e gruppi extraparlamentari. Molto duri, ad esempio, gli attacchi di Lotta continua quando tre suoi compagni, comontisti torinesi rapiscono il rampollo di una famiglia di industriali, Tony Carello.
Dai comontisti ad Azione rivoluzionaria
Intanto d’Este torna in carcere ancora due volte. A Bolzano per 20 giorni per falso. A Milano, nel 1975, per un assalto alla sede del Psdi, nelle ‘giornate di aprile’. Ancora una volta vittima dell’odio livido dei gruppi extraparlamentari. Li arrestano in 17, tre mesi di carcere e al processo sono condannati solo in quattro, tra cui lui, a 15 mesi con la condizionale e scarcerati tutti. Parlerà giustamente di ‘montatura bestiale’. A giudicarli in Tribunale una corte di fuoriclasse. Il presidente Bruno Siclari sarà il primo procuratore nazionale antimafia. Il giovane (32 anni) Edmondo Bruno Liberati diventerà presidente dell’ANM e poi procuratore della Repubblica a Milano.
La sentenza di Milano
Arrestato alla fine degli anni Settanta per Azione rivoluzionaria, fugge all’estero non rientrando da un permesso ottenuto nel 1985. Lo arrestano nel 1987 a Barcellona, in contemporanea a un blitz contro i militanti dell’Ucc. Tornato libero continuerà a produrre pensiero critico e analisi sociale dirompente, fino alla morte prematura nel 1996
Quel ramo dell’ago di Narco
Insieme con Gabriele Pagella, Riccardo D’Este firmò nel gennaio del 1993 un pamphlet dal titolo Quel ramo dell’ago di Narco (ed. 415). Nel testo si affrontavano i temi del proibizionismo, della legalizzazione e della liberalizzazione, a partire dal concetto che: “La droga è una merce al più alto livello di concentrazione economica e spettacolare (…) La droga è palesemente una merce, come tutto è palesemente una merce. L’ipotesi savia a cui ci rifacciamo è proprio questa: considerarla per ciò che è ed è perciò che, considerandola una merce, le si vuole togliere quell’eccellenza specifica assegnatale dal proibizionismo, dagli interessi alla sua supervalorizzazione, dalle ideologie e dalle cosiddette morali. Sostenere, come sosteniamo, che le droghe andrebbero vendute, tutte, liberamente in drogherie ed affermare risolutamente che questo solo fatto risolverebbe molti dei problemi accessori determinati dal suo attuale status, e che abbiamo analizzato sopra, non significa affatto che noi amiamo il libero mercato, né il mercato tout court, né la società del capitale che fonda il mercato, né che ci siamo convertiti ad una qualche ideologia liberista. Significa semplicemente dire le cose come stanno e porre i presunti riformatori di fronte alle loro responsabilità. Nessuna battaglia, almeno da parte nostra, per il trionfo della merce. Ma una battaglia durissima contro tutti coloro che pretendono che la droga sia e continui ad essere una merce eccellente, con i guasti che tutti conosciamo. Se la libertà reale sarà la fuoriuscita dal mondo dominato dalla merce, è pur vero che la schiavitù reale sta nel non chiamare le cose con il loro nome.”
Qualche testo di Riccardo D’Este
- La guerra e il suo rovescio – un abstract con i testi di RdE e Alfredo M. Bonanno, pubblicato nel 2013 da Edizioni Anarchismo, collana Opuscoli provvisori, dal volume collettivo di Goffredo Firmin, Riccardo d’Este, Malcom D’Idd, Jacques Wajnsztejn, Bodo Schultze, “Temps critiques”, Alfredo M. Bonanno, La guerra e il suo rovescio, Nautilus, Torino 1991
- Oltre la politica – l’abstract di Vivere a sinistra, edito da Porfido Edizioni
- Malattia e società capitalistica postmoderna, un opuscolo di Porfido Edizioni, sul carattere esemplare dell’Aids
- Aids. Malattia come espressione della fase della civiltà, un articolo del 1994 ripubblicato dal sito ilrovescio.info nel contesto della pandemia Covid.
- Qualcosa – Alcune tesi sulla società capitalista neomoderna, un articolo del 1994.
- Carcere: il coraggio necessario per la sua abolizione, un articolo pubblicato su Derive Approdi n.0/luglio 1992, estratto da Abolire il carcere, ovvero come sprigionarsi, Nautilus 1990
- Ogni uomo deve avere delle buone ragioni per alzarsi al mattino un documento del 1983 sui percorsi di liberazione fortemente polemico con le organizzazioni strutturate e firmato da militanti di Prima Linea e Azione rivoluzionaria detenuti a Fossombrone
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