30 dicembre 2001: muore Peppino Moccia. Era stato rapito dai Nap.
A leggere la pagina che gli dedica Wikipedia ti rendi conto che Giuseppe Moccia è proprio l’imprenditore che fu rapito dai Nap solo se hai la tigna di andarti a leggere i link delle note. Così per ricostruirne la storia dobbiamo ricorrere all’aiuto di un sito sportivo, Casertana Live,il portale dedicato alla squadra cittadina. Moccia ne era presidente e si dimise, dopo 11 anni, il 10 dicembre 1974. Otto giorni il sequestro, un’esperienza breve ma durissima.
Il rapimento e la liberazione a Posillipo
Mercoledì 18 dicembre 1974. Giuseppe Moccia esce alle 6,30 dalla sua villa di via Stazio a Napoli diretto ai suoi uffici della Ferrovia. E’ quello il centro nevralgico di un impero industriale che lo vede a capo di quattordici stabilimenti per la produzione di cemento. Un segnale stradale, che più tardi si scoprirà essere uno stratagemma operato dai malviventi, lo porta a deviare il suo percorso sulle Rampe di Sant’Antonio, la strada fatta di numerosi tornanti che conducono da Posillipo a Mergellina.
Ed è proprio su questa discesa che avviene l’agguato. Due macchine affiancano l’auto di Moccia: una di queste la sperona mentre l’altra, superandolo, gli taglia la strada. I rapitori esplodono anche due colpi di pistola ed uno di questi colpisce lo sportello del veicolo di Moccia senza, però, trapassare la carrozzeria. L’imprenditore viene caricato di forza su una delle due auto dei rapitori che, sulla base di alcune testimonianze, si dirige a tutta velocità verso corso Vittorio Emanuele. LEGGI TUTTO
Due curiosità
La scelta del luogo della consegna del riscatto, i giardinetti di Posillipo alta, è opera di uno dei protagonisti del sequestro. Nicola Pellecchia abitava a duecento metri dalla piazza e giocava quindi, come si suol dire, in casa.
Il team che gestisce la raccolta dei fondi e del riscatto è lo stesso che poi curerà la ben più complicata operazione del sequestro Cirillo. Ed è probabilmente per questo che il bravo collega Massimo Ianniti attribuisce a Carlo Rolandi (che gestì la raccolta fondi per poi consegnare il contante al “corriere” Pasquale Zampelli) l’operazione effettuata invece dal suo socio, Franco Aversa.
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