60 anni fa primo sciopero a gatto selvaggio alla Fiat
Gatto selvaggio, il foglio di lotta prodotto da Romolo Gobbi costò al leader operaista una condanna a 10 mesi, con pena sospesa, per istigazione al sabotaggio. Qui l’intero giornale (4 fogli)
Il 15 e il 16 ottobre 1963 gli operai della Fiat realizzano un altro sciopero, dopo quello dei contratti e di piazza Statuto del giugno luglio 1962.
Cominciano i 6200 operai delle Fonderie dando il via, d’improvviso, a uno sciopero che poi si propaga “spontaneamente” a “gatto selvaggio” in altri reparti della fabbrica.
Martedì 15 ottobre si ferma il turno del mattino dell’officina 4, anch’esso d’improvviso, e comincia l’arresto del lavoro al turno “normale”, e poi a quello del pomeriggio.
Un alto livello di organizzazione
Lo sciopero a “gatto selvaggio”, cioè per fermate improvvise in punti nodali del ciclo produttivo, “spontaneamente” decretato dagli operai, quindi minuziosamente preparato da un’intelligenza operaia che si avvale per i propri fini dell’articolazione produttiva della cooperazione capitalistica, è il contrario di una lotta protestataria, limitata, magari forte ma disorganizzata. Esso richiede un alto grado di coesione e forme attive di organizzazione autonoma.
Lo sciopero a “gatto selvaggio” del 15 ottobre è storico perché mostra il sorgere alla Fiat di un’organizzazione operaia in grado d’attuare uno sciopero completamente al di fuori delle organizzazioni storiche ufficiali.
La diffusione della coscienza operaia
Esso mostra la caducità della vecchia idea secondo la quale la lotta operaia non può essere organizzata che da un nucleo interno particolare, il quale sarebbe il detentore della coscienza antagonista operaia; esso infatti mostra come quella lotta sia stata organizzata direttamente e in modo compatto dalla “massa sociale” operaia di ogni sezione di fabbrica che vi ha
contribuito.
Ciò che gli operai privilegiano nel “gatto selvaggio” è in primo luogo l'”imprevedibilità” sia del tempo in cui parte sia dello spazio in cui appare, il suo colpire secondo una rotazione generalizzata in tutti i punti nodali del ciclo di fabbrica secondo tattiche e decisioni prese dagli stessi operai.
Una grande portata politica
Esso richiede, per attuarsi, forme di “organizzazione invisibile”, nel senso di comunicazioni che circolano dentro la massa sociale degli operai e che diventano visibili solo con l’attuazione dello sciopero stesso.
La portata politica dello sciopero a “gatto selvaggio” è grande perché in esso si può esprimere la specifica forma di conflittualità riapparsa con forza nelle fabbriche nelle lotte del 1962: la forma dell’insubordinazione.
Esso non esclude lo sciopero di massa né la lotta di piazza; al contrario, il “gatto selvaggio” ricorrerà in modo alternato a quelle forme di lotta, intensificandole.
Piazza Statuto entra in fabbrica
Come in piazza Statuto la rivolta operaia del 1962 assume forme di scontro fuori delle regole e dei tempi istituzionalizzati, così con il “gatto selvaggio” del 1963 dentro la fabbrica lo sciopero prende la forma di un antagonismo che esprime i tempi e l’intensità dello scontro politico di classe. Con il “gatto selvaggio” l’insubordinazione di piazza Statuto entra in fabbrica.
Questi eventi, contemporanei e strettamente connessi, diventeranno uno dei termini di riferimento, e dei modelli, dell’antagonismo operaio per gli anni a venire che sfoceranno nell'”Autunno caldo”.
Negli anni sessanta si esauriscono i miti della Ricostruzione e quello della disciplina nella produzione e nell’immaginario. Ma non solo nelle fabbriche e nelle università dei paesi capitalisti.
Già alla fine degli anni cinquanta, nei paesi del “socialismo realizzato” cominciano a crollare i miti che gli erano inerenti e a scoppiare movimenti fortissimi contro lo stato e le dittature esercitate in nome del proletariato.
FONTE: P. Moroni – N. Balestrini, L’orda d’oro.
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