28 settembre 1978: Nar uccidono per caso Ivo Zini
I ricordi del fratello per il 30ennale dell’omicidio di Ivo Zini. Leggeva la bacheca dell’Unità davanti al Pci dell’Alberone. Gli spararono da un vespone bianco. Rivendicarono i Nar, finirono alla sbarra i fascisti proletari di Prati ma furno alla fine assolti
«Quella sera la sua ragazza non si sentiva bene e Ivo non sapendo che fare si avvicinò alla bacheca della sezione dell’Alberone per leggere sull’Unità la pagina dei cinema», ricorda suo fratello Aldo Zini, che oggi ha 57 anni. Ivo, l’ultimo di quattro figli, era più piccolo di lui di due anni: «Si era laureato a giugno in Scienze Politiche, aveva passato le nottate sulla macchina da scrivere che avevamo nel piccolo studio messo su da me e dall’altro fratello più grande», racconta Aldo. Quanto alla politica: «Ivo era un ragazzo di quegli anni, gli stavano a cuore i diritti civili, ma non era “impegnato”. Aveva già fatto un concorso per entrare in banca, un mese dopo la morte arrivò la notizia che lo aveva vinto».
Un ferito, un illeso
Il marciapiede davanti ai lotti di case popolari, con la sezione del Pci da una parte e il comitato degli autonomi dall’altra, era un punto di ritrovo per i ragazzi del quartiere. E un bersaglio per i militanti della destra, attratti in zona dalle sezioni missine di via Noto e di via Siena. Ivo quella sera si era visto con Vincenzo De Blasio, 28 anni, e Luciano Ludovisi, 30 anni, iscritto alla cellula comunista dell’Alitalia. Erano insieme davanti alla bacheca della sezione quando all’improvviso si ferma un “vespone” bianco con due ragazzi che, a volto coperto, cominciano a sparare. Quattro colpi: quello mortale è per Ivo, raggiunto al petto, due sono per Vincenzo, ferito alla gamba e al polso, uno finisce sul muro, Luciano resta illeso.
L’inizio del coprifuoco
«La morte di Ivo per la città fu l’inizio del coprifuoco», racconta Aldo: «Quella volta avevano deciso di colpire a casaccio». La sera stessa l’agguato viene rivendicato dai Nuclei armati rivoluzionari con una telefonata al Messaggero. Il giorno dopo «giovani e lavoratori» scendono in piazza nel nome di «Ivo e Walter»: «Siano processati gli squadristi», recitavano gli striscioni. Trent’anni dopo, nessuno è stato condannato per quelle due morti. Per l’omicidio di Walter Rossi il processo vero e proprio non è mai iniziato. Cristiano Fioravanti, arrestato per appartenenza ai Nar, ammise di avere in pugno una pistola, quel giorno ma attribuì l’omicidio ad Alessandro Alibrandi. E il procedimento, morto Alibrandi, fu archiviato.
L’assoluzione per Mario Corsi
Per l’omicidio Zini, Mario Corsi detto “Marione”, oggi voce giallorossa della curva e delle radio romane, condannato in appello a 23 anni, fu prosciolto dalla Cassazione nel 1989. «La verità la sapevano tutti, ma il processo rimase su base indiziaria», si addolora Aldo, l’unico della famiglia che ha seguito ogni grado di giudizio.
«Alla fine è stato un altro cucchiaino di fiele che ho dovuto mandare giù», ripete Aldo. Non può fare a meno di ripensare a Mario Amato «il giudice con le scarpe sfondate», un’altra vittima dei Nar. «Era stato lui ad istruire il maxi-processo sui Nar, in cui confluì anche l’omicidio di mio fratello, aveva ricostruito tutto, prima della strage di Bologna».
Cerimonia privata per il trentennale
Adesso Aldo ha perso la fiducia anche di leggere la verità «nei dettagli» sui libri di storia. «Durante il processo si parlò di campi di addestramento, di P2, c’era qualcuno che armava questa gente, la verità è una ragnatela», ripete. Trent’anni dopo, la famiglia di Ivo, lo ricorderà in privato. Cinque anni fa ci fu anche una commemorazione ufficiale. Quest’anno no. Ma i «compagni» dell’Alberone, oggi sezione in comune tra Pd e Sd, hanno appeso in bacheca accanto all’Unità di giornata anche le cronache del ‘78. E un cartello per ricordare il “30° anniversario”.
Veltroni aveva in mente di intitolare una via al ragazzo ucciso mentre leggeva l’Unità. Chissà se adesso qualcuno riprenderà quell’idea. Aldo non sembra preoccuparsene troppo. «Però la memoria chissà forse serve a qualcosa, anche di fronte a questa strana ripresa di violenza, i giovani di oggi non sanno nulla…».
FONTE: Unità/Maria Grazia Gerina
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