Il veto ad Adriana Faranda e le amnesie del partito della vendetta

Alla fine, ancora una volta, ha prevalso il partito della vendetta e del rancore. La Scuola della magistratura ha deciso di annullare l’incontro, nell’ambito di un corso di formazione per i giudici, al quale avrebbe dovuto partecipare gli ex brigatisti rossi Adriana Faranda e Franco Bonisoli. Lo annuncia un comunicato che definisce l’incontro stesso “inopportuno”. Se merita comunque rispetto la sofferenza della figlia del giudice Galli, ucciso da Prima Linea il 19 maggio 1980, è francamente incomprensibile la sorpresa dall’esponente del Pd Fioroni, presidente della Commissione d’inchiesta sul caso Moro:
“Non voglio entrare nel merito dell’opportunità di invitare Adriana Faranda perchè rispetto l’autonomia della magistratura. Ma la giustizia riparativa parte dalla verità e non da bugie o da racconti verosimili. Il Paese aspetta di sapere cosa accadde durante i 55 giorni e l’esatto susseguirsi degli eventi nelle ore che segnarono tragicamente la vita di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta. Verità e rispetto per la sofferenza dei familiari delle vittime: per me questi due imperativi etici vengono prima di tutto”.
Peccato che, a prescindere dal profilo etico del percorso di dissociazione attraversato dai due ex brigatisti, uno dei più importanti contributi di verità sul sequestro Moro lo abbia dato proprio Adriana Faranda. Va a suo “merito” aver individuato nel suo antico sodale sodale Germano Maccari, fino ad allora impunito, il quarto uomo del sequestro Moro, il mai identificato ingegner Altobelli, abitante nel covo-prigione del popolo di via Montalcini con la padrona di casa Anna Laura Braghetti. La Repubblica la raccontava così nell’ottobre 1993:
L’ ex brigatista Adriana Faranda avrebbe confermato ieri ai pm Franco Ionta e Antonio Marini che nella prigione di Aldo Moro c’ era un quarto uomo. La donna è stata sentita al palazzo di giustizia di Roma nell’ ambito degli accertamenti che negli ultimi giorni hanno portato all’ arresto di Germano Maccari, accusato di concorso nel sequestro e nell’ omicidio dello statista democristiano. La Faranda, a quanto si è appreso, avrebbe ribadito la versione data da Valerio Morucci al pm Ionta pochi giorni prima dell’ arresto di Maccari. Si è infatti appreso che il dissociato fu interrogato dal magistrato pochi giorni prima della pubblicazione di una sua intervista al settimanale nella quale, a proposito del quarto uomo, affermava: “C’ è ma non è un palestinese o un giapponese o un agente di chissà quale servizio segreto, era un militante di secondo piano delle br cui venne dato il compito di figurare come marito di Anna Laura Braghetti nella gestione dell’ appartamento di via Montalcini”.
A partire da quel riconoscimento fu poi possibile ad altri, Lanfranco Pace, lasciar trapelare un’altra verità storica di assoluto rilievo: essere stato cioè lo stesso Maccari e non Moretti a eseguire la condanna a morte, perché il “capo” delle Brigate Rosse pur ritenendo di averne il dovere morale non era riuscito a sparare per una crisi emotiva. Fioroni, come del resto già emerso dalla sua relazione sui lavori della Commissione, dimostra di non avere precisa cognizione della realtà effettuale delle cose.
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