2.9.70, Atene: strage all’ambasciata Usa. La leggenda su Corrado Simioni

la leggenda sul ruolo di Corrado Simioni

Un guasto dell’ultimo minuto rischia di far saltare tutto. I tre giovani si incontrano non lontano dall’ambasciata statunitense di Atene. La scelta è caduta su quell’edificio perché la zona di notte è deserta, e per il significato simbolico. Gli Stati Uniti, il «cervello della dittatura militare». Fra i due uomini non c’è accordo.

A non voler rinunciare all’azione è lo studente cipriota che deve guidare l’auto. Lo sguardo va verso la donna. Sembra non avere incertezze Elena Angeloni. Nonostante il rischio, nonostante il guasto riparato in tutta fretta. Due sì e un no. 

Il compagno greco milita nella squadra Aris del Fronte patriottico antidittatoriale, legato al Partito comunista dell’interno. Osserva i due giovani salire sull’auto trasformata in un ordigno di giustizia, di libertà. La libertà del popolo greco dai colonnelli guidati da Papadopoulos

Una dinamitarda iscritta al Pci

Giòrgos Tsikouris va al posto di guida. Deve lasciare il Maggiolino ai limiti del parcheggio. Durante la notte, il timer accenderà l’auto facendola arrivare fino al retro dell’ambasciata degli Stati Uniti. A quel punto il tergicristallo attiverà i detonatori.
Elena è seduta a fianco a lui. Trentuno anni, un figlio che ne ha quasi nove. È impiegata alla Mondadori, a Milano. Dal Sessantotto, dopo la separazione, frequenta gli studenti greci. È iscritta al Partito comunista. Una fiammata improvvisa, un boato. In una grande nuvola di fumo nero volano via le due giovani vite. È il 2 settembre 1970. 

Ai funerali di Elena, a Milano, per la Resistenza greca c’è Melina Mercouri. Ci sono i compagni, gli amici, i militanti del Pci. A titolo individuale. Il Partito non c’è. Anche se ufficialmente sostiene la Resistenza. Il segretario della sezione XXV aprile viene costretto dalla Federazione a strappare la matrice della tessera di Elena. 

La dittatura in Grecia viene sconfitta nel Settantaquattro. Elena è ufficialmente onorata come una delle vittime della Resistenza. L’azione in cui Elena trova la morte è organizzata dalla squadra Aris di Atene, appartenente al settore Delta del Pam, il Fronte Patriottico Antidittatoriale, legato al Partito comunista dell’interno.
Fonte: Paola Staccioli, Sebben che siamo donne.

Le Br dietro la strage all’ambasciata Usa? No

Ma c’ è anche un’altra storia, quella raccontata a pagina 135 della relazione della Commissione Moro. Nel settembre del 1970, Corrado Simioni e Renato Curcio fondano un gruppo clandestino: lo chiamano «Brigate Rosse». Simioni progetta un attentato all’ambasciata americana di Atene e per l’esecuzione pensa a Mara Cagol. Renato Curcio si oppone con forza. Allora Simioni sceglie un’ altra ragazza: Maria Elena Angeloni. La versione della commissione è totalmente smentita da Kotulas: «L’ attentato fu organizzato dal Pam, il Fronte patriottico di liberazione. Le Brigate Rosse non c’entrano proprio nulla».
Fonte: Daniele Barbieri: La bottega del Barbieri

Il racconto di Curcio

Tutto cominciò – racconta Renato Curcio a Mario Scialoja – da uno scontro di potere al convegno di Pecorile. Corrado Simioni arrivò con l’intenzione di conquistarsi una posizione egemonica all’interno dell’agonizzante Sinistra Proletaria: pronunciò un intervento particolarmente duro, e sostenne che il servizio d’ordine andava ulteriormente militarizzato. La sua operazione non riuscì, ma una volta tornato a Milano non si diede per vinto.

Senza avvertire nessuno propose ai responsabili del servizio, alle nostre “zie rosse” [le donne dell’organizzazione, n.d.a.], delle azioni illegali e degli attentati inconcepibili per una organizzazione ancora inserita in un movimento molto vasto e, praticamente, aperta a tutti. Tra l’altro si rivolse a Margherita per chiederle di piazzare una valigetta di esplosivo sulla porta del consolato USA a Milano.

L’accordo tra Margherita, Franceschini e io

“A quel punto – prosegue Curcio – Margherita, Franceschini e io ci trovammo d’accordo nel giudicare le sue idee avventate e pericolose. Decidemmo così di isolarlo assieme ai compagni che gli erano più vicini, Duccio Berio e Vanni Mulinaris. Li tenemmo fuori dalla discussione sulla nascita delle Brigate Rosse e non li informammo della nostra prima azione. Quella contro l’automobile di Pellegrini. Simioni radunò un gruppetto di una decina di compagni, tra cui Prospero Gallinari e Françoise Tusher, nipote del celebre Abbé Pierre. Si staccarono dal movimento sostenendo che ormai non erano altro che cani sciolti.

C’erano però degli amici comuni che ci tenevano informati delle loro discussioni interne e conoscevamo il loro progetto di creare una struttura chiusa e sicura, super-clandestina, che potesse entrare in azione come gruppo armato in un secondo momento: quando noi, approssimativi e disorganizzati, secondo le loro previsioni saremmo stati tutti catturati una volta superata la caotica situazione di transizione in cui ci trovavamo”.

La versione dei pentiti Br

Secondo le rivelazioni di molti pentiti, il Superclan nacque con la velleitaria pretesa di egemonizzare e coordinare le varie organizzazioni terroristiche.

Fra gli episodi raccontati c’è quello riguardante un attentato dinamitardo contro la sede dell’ambasciata statunitense di Atene (anche se per questo episodio, Curcio, come abbiamo visto, parla di Milano, non di Atene). Margherita Cagol, come ricordato anche da Renato Curcio, rispose picche alla richiesta di Simioni, che così si rivolse a un’altra donna (il piano prevedeva infatti la presenza di una donna): Maria Elena Angeloni, che perse la vita a causa di un difetto dell’ordigno esplosivo.

Sarebbe stata proprio questa la causa della definitiva rottura fra Curcio e Simioni, come ha confermato Alfredo Buonavita alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia. Commissione che fra l’altro chiese a più riprese alle autorità di polizia e ai servizi che svolgessero serie indagini sull’istituto parigino di Simioni, senza però ottenere nulla a causa, a quanto pare, della mancata collaborazione dei servizi francesi.

E questo forse perché un’irruzione della polizia francese nei locali dell’Hyperion su richiesta della magistratura padovana non portò ad alcun risultato (va però ricordato che una fuga di notizie pubblicata dal «Corriere della Sera» in pratica preannunciò quell’irruzione).
FONTE: Pino Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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