30 agosto 1918, Mosca: fallisce l’attentato a Lenin

Fanni Efimovna Kaplan, anche detta Fanja, pseudonimo di Fejga Chaimovna Rojtblat (Governatorato della Volinia, 10 febbraio 1890 – Mosca, 3 settembre 1918), è la rivoluzionaria russa che il 30 agosto 1918 fallisce un attentato a Lenin. E’ giustiziata quattro giorni dopo
Membro del Partito Socialista Rivoluzionario (PSR), la Kaplan vedeva Lenin come un “traditore della rivoluzione”. I Bolscevichi volevano mettere al bando il PSR. Il 30 agosto 1918, si avvicinò a Lenin mentre stava uscendo da una fabbrica moscovita. Gli sparò tre colpi di rivoltella, ferendolo gravemente. Interrogata dalla Čeka, si rifiutò di rivelare nomi di eventuali complici nell’attentato. Venne fucilata il 3 settembre. L’incidente fu una delle principali provocazioni alla base dell’intensificarsi della guerra civile in Russia e del relativo “Terrore rosso”.
Alcuni storici mettono in dubbio l’effettiva colpevolezza della Kaplan. All’epoca dei fatti era quasi cieca per i numerosi maltrattamenti subiti durante la prigionia in Siberia.
Ergastolana a 16 anni
Sussiste un po’ di confusione circa l’esatto nome di nascita della Kaplan. Vera Figner, nelle sue memorie intitolate At Women’s Katorga, la cita come Feiga Khaimovna Roytblat-Kaplan. Altre fonti invece indicano come originale nome della famiglia “Roytman”, corrispondente in tedesco/yiddish a “Reutemann”. Inoltre, alcune volte viene chiamata anche “Dora”.
La Kaplan nacque in una numerosa famiglia ebrea. Divenne un’attivista politica rivoluzionaria in giovane età e si unì ai populisti del Partito Socialista Rivoluzionario. Nel 1906, a 16 anni, fu arrestata a Kiev per il coinvolgimento in un attentato terroristico. La condannarono all’ergastolo da scontarsi in un campo di prigionia in Siberia. Lì perse quasi del tutto la vista (poi parzialmente recuperata in seguito) a causa dei continui maltrattamenti subiti. Venne scarcerata il 3 marzo 1917, dopo la Rivoluzione di febbraio che rovesciò il governo imperiale.
Lo scontro tra bolscevichi e socialisti rivoluzionari
Ormai si sentiva disillusa e “tradita” da Lenin come risultato del conflitto tra socialisti rivoluzionari e bolscevichi. Nonostante il forte supporto dei soviet nelle elezioni per l’assemblea costituente nel novembre 1917, i bolscevichi non raggiunsero la maggioranza. Nel gennaio 1918 era stato eletto presidente un socialista rivoluzionario. I bolscevichi, supportati dai soviet, ordinarono quindi di sciogliere l’assemblea costituente.
Nell’agosto 1918 i conflitti tra i bolscevichi e i loro avversari politici avevano portato in Russia alla messa al bando di numerosi partiti politici, inclusi i socialisti rivoluzionari. Questi erano stati i principali alleati dei bolscevichi all’inizio, ma poi avevano organizzato una rivolta in opposizione al trattato di Brest-Litovsk. La Kaplan decise di assassinare Lenin in quanto lo considerava un “traditore della Rivoluzione”.
L’attentato a Lenin
Il 30 agosto 1918, Lenin fece un comizio nella fabbrica “Mihel’son” a Mosca. Quando Lenin lasciò l’edificio e prima di salire in auto, la Kaplan lo chiamò. Lenin si girò verso la donna che gli sparò tre colpi di pistola. Un proiettile trapassò il cappotto di Lenin. Gli altri due lo ferirono al collo e alla spalla sinistra.
Lenin fu trasportato nel suo appartamento al Cremlino. Temendo altri attentati contro la sua persona, si rifiutò di lasciare la sicurezza del Cremlino per andare in ospedale. Furono portati medici in loco per prestargli le prime cure. Non riuscirono a estrarre i proiettili non avendo a disposizione le attrezzature adeguate. Nonostante la gravità delle ferite, Lenin sopravvisse. Tuttavia, la sua salute non si riprese mai completamente. Si è ipotizzato che il ferimento abbia contribuito all’ictus che lo colpì e successivamente uccise nel 1924.
L’esecuzione immediata
La Kaplan venne arrestata ed interrogata dalla Čeka, la polizia politica del regime. La donna fece la seguente dichiarazione:
«Il mio nome è Fanya Kaplan. Oggi ho sparato a Lenin. L’ho fatto da sola di mia propria iniziativa. Non rivelerò chi mi ha procurato la pistola. Non darò nessun dettaglio. Decisi di uccidere Lenin molto tempo fa. Lo considero un traditore della rivoluzione. Fui esiliata ad Akatui per aver partecipato a un attentato contro un ufficiale zarista a Kiev. Ho passato 11 anni in un duro campo di lavoro. Dopo la rivoluzione, fui liberata. Ero favorevole all’Assemblea Costituente e lo sono ancora adesso».
Quando divenne chiaro che la Kaplan non avrebbe fatto il nome di eventuali complici, venne giustiziata il 3 settembre 1918 con un proiettile alla nuca. Il cadavere fu cremato. Jakov Sverdlov emanò l’ordine. Solo 6 settimane prima aveva ordinato l’uccisione dello zar Nicola II e della famiglia imperiale.
Effettiva colpevolezza
Alcuni storici, come Arkadij Vaksberg e Donald Rayfield, hanno messo in dubbio l’effettivo ruolo della Kaplan nell’attentato a Lenin. Vaksberg dichiarò che la vera mandante fu Lidia Konopleva, altra socialista rivoluzionaria. Credeva troppo accomodante che Lenin fosse scampato a un attentato da parte di una donna la cui personalità era lontana dallo stereotipo dell’eroe. In particolare, si ipotizzò che la Kaplan agì per conto di altri. Solo dopo l’arresto assunse la sola responsabilità del gesto. La principale argomentazione a favore di questa tesi è la quasi completa cecità della donna all’epoca. Altri puntano l’attenzione sulle contraddizioni tra il rapporto ufficiale del Soviet (che affermò come gli infuriati operai che assistettero all’evento catturarono immediatamente Fanya Kaplan) e i documenti ufficiali dell’epoca, in particolare un radiotelegramma di Jakov Peters, che menziona l’arresto di vari sospettati.
Conseguenze
Nel comunicato ufficiale sul tentativo di assassinio di Lenin, Fanya Kaplan venne definita “una socialista di destra”. Qualche giorno prima, era stato assassinato Moisej Solomonovič Urickij, capo della Čeka a Pietrogrado. Anche se la Čeka non trovò nessun collegamento ufficiale tra i due fatti, la loro contemporaneità apparve significativa del clima controrivoluzionario insito nell’intensificazione della guerra civile russa. La reazione dei bolscevichi fu una brutale crescita di violenza nella persecuzione degli avversari politici.
Il decreto “Terrore rosso” venne emanato solo poche ore dopo l’esecuzione della Kaplan, chiamando a raccolta tutto il popolo contro i nemici della rivoluzione. Nei mesi successivi, furono giustiziate circa 800 persone tra socialisti di destra ed altri oppositori politici.
fonte: WIKIPEDIA
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