25 settembre 1967. L’ultima rapina della banda Cavallero: una strage
Partono, come al solito, dal loro ufficio di copertura (commercializzazione di componenti di penne a sfera; una segretaria), in via Morghen, a Torino. Viaggiano in pullman fino a Milano, dove rubano una Fiat 1100 nera. Al volante Adriano Rovoletto, a fianco Pietro Cavallero, dietro Donato Lopez (minorenne) e Sante Notarnicola. Sono “rapinatori comunisti” e questo è il loro diciottesimo colpo sull’asse Torino-Milano.
La volante arriva troppo presto
La tecnica è molto innovativa: entrano con le armi spianate, parlano in francese, chiedono e ottengono dagli impiegati di azionare, appena conclusa la rapina, tutti i sistemi di allarme, in modo da attirare le volanti della polizia. A quel punto sono già scappati verso la prossima rapina. Nella loro azione migliore, ne hanno fatte quattro in un giorno.
Questa volta la strategia non funziona. Cavallero, Lopez e Notarnicola entrano armi in pugno nel Banco di Napoli di largo Zandonai (quartiere Fiera) e si fanno consegnare 12 milioni di lire, ma un impiegato è riuscito ad avvisare la polizia. Una volante arriva prima del previsto, i quattro fuggono inseguiti.
Una carneficina: 4 morti, 20 feriti
L’inseguimento dura mezz’ora in cui vengono scambiati colpi di pistola tra la 1100 e le volanti che inseguono. Colpiti dai proiettili muoiono – in viale Pisa – Virgilio Odone, 53 anni, autista del furgoncino di una cartiera; in piazza Stuparich Francesco De Rosa, 35 anni, alla guida della sua vettura; in piazzale Lotto, lo studente liceale Giorgio Grossi, 17 anni, mentre emerge dalla metropolitana. La 1100, finita contro un muro, viene infine abbandonata dai banditi. Tre riescono a fuggire, Rovoletto (che ha parte del bottino addosso) si scontra con Roaldo Piva, cardiopatico e invalido con cui ha una colluttazione, e viene poi arrestato. Piva muore d’infarto qualche ora dopo. Altre venti persone vengono ferite.
Le confessioni di Rovoletto
Rovoletto rivela i nomi degli altri. Le loro fotografie sono su tutti i giornali e nei notiziari televisivi. Donato Lopez viene arrestato il giorno dopo a Torino, dove era tornato in pullman. Pietro Cavallero e Sante Notarnicola fuggono e per prenderli viene organizzata una imponente caccia all’uomo. All’alba del 3 ottobre 500 carabinieri circondano un casello ferroviario abbandonato a Ticineto, vicino a Casale, dove erano arrivati in treno. Un commerciante di alimentari da cui erano andati per fare provviste li aveva riconosciuti. Pare che Cavallero, circondato da una selva di armi spianate, avesse alzato le mani e mormorato, in piemontese: “Ma co ’a l’è? ’l Vietnam?”.
Banditi e comunisti
Le loro biografie fanno scalpore. Pietro Cavallero e Adriano Rovoletto, falegnami, sono stati due militanti e attivisti del Pci, organizzatori di lotte nel quartiere operaio della Barriera di Milano, ma poi delusi dalla inconcludenza dei loro dirigenti. Donato Lopez, 17 anni, è uno dei sei figli di un operaio immigrato. Sante Notarnicola, nato a Castellaneta in provincia di Taranto, è stato il segretario della Fgci di Biella e ora fa il facchino. Il Msi tappezza Torino con la fototessera della Fgci di Notarnicola. Il regista Carlo Lizzani si mette subito a lavorare a un instant movie, Banditi a Milano. Il cantante Don Backy sarà Notarnicola, Gian Maria Volonté Cavallero.
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