Gip riscrive la storia: Benedetto Petrone non fu omicidio politico
Il gip del Tribunale di Bari Angelo Salerno ha disposto altri 6 mesi di indagini sull’omicidio di Benedetto Petrone, il 18enne militante comunista assassinato il 28 novembre 1977 nel centro della città da quella che negli atti [ e nella targa commemorativa, ndb] viene definita una «squadraccia» fascista.
In disaccordo anche con la parte civile
Secondo il gip, che ha respinto la richiesta di archiviazione fatta dalla Procura di Bari, il reato non può considerarsi prescritto perché aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà. Non condivide, invece, la ricostruzione proposta dalla difesa delle parti offese, Anpi e Porzia Petrone, sorella della vittima, rappresentata dall’avvocato Michele Laforgia, che ha promosso la riapertura delle indagini cinque anni fa, nel quarantennale del delitto. In particolare, «pur accedendo alla ricostruzione secondo cui l’omicidio concorrerebbe con il delitto di ricostituzione del partito fascista, non sarebbe ravvisabile un nesso teleologico tra i due fatti».
Il suicidio di Piccolo
Il commando squadrista, cioè, non avrebbe ucciso Petrone per motivi politici [QUI una testimonianza di Giacinto Reale sul clima politico a Bari, ndb]. Sulla base di queste considerazioni e ritenendo quindi che il reato aggravato sarebbe punibile con l’ergastolo, il giudice ha disposto di identificare tutte le persone che avrebbero agito quella sera in concorso con Giuseppe Piccolo, l’unico all’epoca riconosciuto colpevole (condannato a 22 anni in primo grado, pena ridotta a 16 in appello e morto suicida in carcere nel 1984).
FONTE: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
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