Domenica 30 gennaio 1972 i soldati del Primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico uccisero 14 persone durante una manifestazione per i diritti civili a Derry, in Irlanda del Nord. I manifestanti protestavano contro una legge speciale emanata dal governo irlandese unionista. Con la nuova norma sbastava l’approvazione del ministero degli Interni dell’Ulster per arrestare gli oppositori senza processo e a tempo indefinito. I paracadutisti avevano l’ordine di disperdere la folla. Ma improvvisamente iniziarono a spararle contro colpendo 26 persone. Cinque colpiti alla schiena cercavano di scappare. In seguito i soldati raccontarono di aver sentito colpi d’arma da fuoco provenienti dai manifestanti. Le loro dichiarazioni furono contraddette da quelle di molti testimoni che dichiararono di non aver visto armi tra i partecipanti al corteo.
Dagli anni ’60 il conflitto fra cattolici e protestanti per la riunificazione dei territori nord-irlandesi aveva assunto un carattere violento. Frequenti gli aspri scontri di piazza che causarono l’invio da parte del governo di Londra di squadre anti sommossa dell’esercito . Dal 1970 l’organizzazione clandestina irlandese IRA (Irish Republican Army) portava avanti un’intensa azione di guerriglia contro l’esercito britannico. La polizia nordirlandese, non riuscendo a individuare i membri dell’Ira, colpiva senza scrupolo la popolazione cattolica.
Dopo la strage venne istituita una commissione d’inchiesta che non portò a nessuna condanna e che sostanzialmente confermava la tesi governativa. I militari avrebbero risposto al fuoco dei manifestanti. Il verdetto si tradusse in un significativo incremento delle attività militari dell’esercito clandestino dell’Ira con uno spostamento dell’opinione pubblica da posizione pacifiste a quelle attiviste. Per decenni le associazioni per i diritti umani e le famiglie delle vittime hanno chiesto la riapertura del caso per far luce sui fatti realmente accaduti quel giorno.
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