8-9 agosto 1969: 54 anni fa le bombe nere sui treni

bombe nere sui treni

I periti che hanno lavorato alle nuove indagini sulla strage di Bologna hanno rilevato analogie logistiche-organizzative tra la strage di Bologna e i successivi attentati francesi del “gruppo Carlos”. Molto più numerosi e significativi i riferimenti in Italia per le bombe nere sui treni.

Numerosi attentati e stragi sono infatti riconducibili a matrice fascista o mafiosa (Brennero Express, Trento 1967; la notte dei fuochi dell’agosto 1969; Gioia Tauro 1970, Italicus 1974, Rapido 904 1984) e in maggioranza concentrate nell’area bolognese.

Oggi è il 54esimo anniversario della “notte dei fuochi” per cui sono stati condannati Franco Freda e Giovanni Ventura nel processo che li vede assolti per Piazza Fontana. Vediamo come ricostruiscono la vicenda Antonella Beccaria e Simona Mammano nel volume “Attentato imminente“, pubblicato nel 2009.

PS: Di più ampio respiro il recente lavoro di Paolo Morando in Prima di Piazza Fontana. Ma tra le tante qualità ha un difetto, da cittadino degli antichi domini austroungarici. Una visione molto rigida del copyright delle case editrici …

Infine le bombe sui treni, tra l’8 e il 9 agosto 1969. Dieci i convogli ferroviari presi di mira, partiti e in viaggio verso varie località, sui quali i terroristi piazzano altrettanti ordigni trovando posto nelle toilette, negli scompartimenti, sotto i sedili o sulle reticelle portabagagli. A esplodere sono otto di quelle bombe, che causano dieci feriti mentre le due che falliscono saranno ritrovate intatte alla stazione centrale di Milano e a Venezia Santa Lucia.

Dieci ordigni identici

Ma tutte quante, tutte e dieci, sono praticamente identiche tra loro o riconducibili a bombe piazzate nei mesi appena trascorsi. A un esame esterno, risultano custodite in un contenitore di legno grezzo e sono chiuse sopra e sotto da un coperchio di masonite, cioè da uno strato dozzinale ricavato da truciolato e corteccia. Infine sono state avvolte in carta da regalo a fiori.

Nove ordigni sono dotati di un meccanismo di innesco composto da due batterie piatte della Superpila, orologio Rhula e fili elettrici mentre nel decimo ci sono fiammiferi controvento simili a quelli utilizzati negli attentati del 12 maggio precedente a Milano, avvolti da una spirale metallica che serve per la resistenza elettrica e collegati a un detonatore.

La carica esplosiva è costituita da tritolo. Inoltre, in alcune zone dove avvengono le esplosioni, come a Caserta, Avellino e Alviano, saranno trovati frammenti dell’edizione del Corriere della Sera uscita il 25 luglio con le notizie dell’attentato del giorno prima a Milano.

Le voci su Freda e Ventura

Ancora una volta, la voce che attribuisce la paternità degli attentati a Freda e Ventura gira insistente. Nei primissimi giorni di agosto Iuculano sentirà Franco Tommasoni e Nicolò Pezzato, appena scarcerati dopo un breve periodo di detenzione dovuto proprio alle indagini di Pasquale Juliano, dire che «fra qualche giorno ci sarà una serie di esplosioni». Iuculano, dopo le esplosioni sui treni e sempre più preoccupato dalle informazioni che sta raccogliendo sugli eversori veneti, chiede di parlare con un magistrato per confidargli i suoi sospetti.
Ma anche al di fuori della ristretta cerchia dei freschi ex carcerati si parla di quegli attentati e dei loro probabili autori.

Lo fa il sedicente detective Swich quando racconta ai suoi camerati che Freda e Ventura si stanno dando da fare con le bombe. E aggiungerà, seppur non con toni convincenti per tutti, che quei due sono «pazzi» e che con le loro attività non ci vuole avere a che fare. Un altro aderente al gruppo di Freda, Gianni Casalini, racconterà molti anni dopo di aver accompagnato Ivano Toniolo quando si trattò di mettere due bombe sui treni a Milano. Ma a quei tempi collaborava con i servizi di sicurezza e ci aveva provato a sventare le azioni avvertendoli senza che però accadesse nulla.

I preparativi

Degli attentati di agosto si parla da mesi, almeno dal maggio precedente, quando Freda, Aldo Trinco, Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Martino Siciliano e Marco Molin si incontrano alla libreria Ezzelino e nella sede di via Mestrina per le fasi di pianificazione. Ma anche nel casolare di Paese dove Marco Pozzan, come lui stesso ricorderà durante la latitanza spagnola favorita dai servizi italiani, maneggia esplosivi e ordigni.

Insomma, per tirare le somme di questo periodo, tra il 15 aprile 1969 e il 12 dicembre successivo gli attentati sono nel complesso ventidue e si verificano in diverse località. Molti di questi episodi risultano inoltre collegati. Simili sono le modalità operative, il tipo di esplosivo impiegato, il materiale a corredo delle bombe e il progressivo raffinamento degli inneschi e dei temporizzatori. E analoghi, almeno per significato, gli obiettivi (università, fiera campionaria, banche, palazzi di giustizia, ferrovie, l’altare della patria).

È un «crescendo tecnico e criminoso», diranno i giudici di Catanzaro, che porta verso «l’attuazione di un disegno unitario, tracciato da una stessa organizzazione […] e diretto a realizzare perturbamenti sempre più intensi nella sicurezza pubblica, nonché sfiducia sempre maggiore dei cittadini nelle garanzie apprestate dagli organi dello Stato per la conservazione della tranquillità e dell’ordine sociale». Anche se le azioni dimostrative non cessarono, ormai la macchina della strage aveva esaurito la fase di rodaggio e si avviava al pieno esercizio. Le bombe sui treni dell’agosto 1969 sono per i magistrati milanesi «il primo vero momento “collettivo” della strategia eversiva elaborata nel corso delle riunioni di Padova».

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

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