17 febbraio 1977/1: la cacciata di Lama. Perché il Pci attacca il Movimento

Il 17 febbraio 1977 è passato alla storia come il giorno della “cacciata di Lama” dall’Università di Roma, la sfida del Pci al Movimento respinta prima dall’ironia degli Indiani e poi dalla forza materiale dei compagni dell’Autonomia. Tutte le narrazioni si concentrano sulla battaglia. E’ perciò interessante riprodurre (in due puntate) il paginone pubblicato da Lotta Continua il 19 febbraio. Il 17, infatti, era sciopero, non ricordo se dei giornalisti o dei tipografi ma già si sapeva che il 18 i quotidiani non sarebbero usciti e nel nostro pensiero un po’ paranoico dell’epoca questa circostanza era entrata nella scelta del 17 come data dell’attacco al movimento. Avendo avuto più tempo, Lotta continua ha potuto ricostruire anche lo scenario e il contesto della sfida.

Una situazione senza precedenti

L’università di Roma sgomberata da duemila poiiziotti e carabinieri che si sono ó.perti il vnreo con le ruspe e i lacrimofieni; decine di feriti, di giovani compagni con la testa insanguinata, un’enorme assemblea a Valle Giulia che Jecide di continu.qre la mobilitaflone e di scendere in co -tea sabato, decine di facoltà occupate in tutta Italia che guardano a Roma, la radio e la televisione che trasmettono in continuazione, il PCI che serra le fila e presidia la sua federazione romana, che stampa a più non posso volantini di condanna, che cerca di far revocare lo sciopero dei poligrafici per poter uscire con l’Unìtà. che cerca di fare indire uno sciopero generale per la provincia di Roma.

Una giornata drammatica, tesissima, dura che per molti versi non ha precedenti nella recente storia italiana. Tutto è cominciato — ma era solo una delle scene dell’ultimo atto — con il comizio di Luciano Lama dentro l’università occupata. C’è molto da raccontare da capire, da discutere di questa giornata. Proviamo a farlo.

Il primo movimento di massa dopo il 20 giugno

IGiovedì 17 febbraio 1977: l’università è occupata da quindici giorni da migliaia di studenti e lavoratori precari contro la riforma Malfatti, contro i fascisti che hanno sparato a Bellachioma, contro le squadre speciali che hanno sparato in p.zza Indipendenza. Di mano in mano si sono unite altre facoltà: da Palermo, a Bari, da Milano a Torino, da Venezia a Bologna, da Firenze, Pisa, Cagliari, Napoli. Negli ultimi giorni sono cominciati a mobilitarsi gli studenti medi.

Ci sono stati imponenti cortei, come non si vedevano da diverso tempo a Torino, a Milano,’ a Firenze: una sensazione comune di un movimento che cresce, contro la disoccupazione, contro l’arroganza di un governo che cedre di poter restaurare il vecchio potere dei baroni universitari, di selezionare l’accesso alla scuola, di condannare la massa dei giovani alla disoccupazione e all’emarginazione. Un movimento di massa, il primo movimento di massa dopo il 20 giugno che comincia a mettere in causa tutto; nei luoghi di organizzazione degli studenti ci sono forme nuove, abbattimento di etichette, volontà di non delegare, c’è molta, creatività.

I compiti del Pci contro il movimento

Il governo non parla molto; si è sentire per ora solo con la voce dei suoi mitra, avvolge questo movimento cercando di farlo apparire come parte dell’irrazionalismo, quando non della criminalità dilagante. Malfatti aspetta, Andreotti non dice nulla. In realtà la DC ha passato la mano al PCl, in tutto e per tutto. Se lo gestisca lui, faccia tornare la normalità (cioè il funzionamento utile al capitale), convinca, smorzi, attenui, e se non ce la fa, reprima. I dirigenti del PCI sembrano raccogliere con piacere il compito.

D’altra parte sono promotori di un progetto di legge sull’università che non si discosta molto da quello democristiano, che rivendica la selezione negli studi, il numero programmato, l’efficienza dell’«azienda universitaria» così come l’efficienza e la competitività delle fabbriche. Il linguaggio e i fini non sono certo molto distanti. E’ per questa ragione che il PCI si presenta in molte parti, a Roma in particolare, come controparte. E’ per questo che contro le posizioni del PCI in tutta Italia gli studenti reagiscono pesantemente, spesso frontalmente: è forse il primo diretto banco di prova del nuovo partito di governo.

L’arroganza dell’Unità e le voci dissidenti

Posizioni arroganti sull’Unità, attacchi espliciti all’occupazione, muso duro, aberrazioni poliziesche di Pecchioli (l’equivalente di Cossiga per il Pci) che ossessivamente chiede la chiusura dei covi (che nella sua mente evidentemente sono dappertutto, e vagheggia un grande stato di polizia), della famiglia Trombadori (il padre sostiene — non è la prima volta! — che bisogna essere più duri spazzare via; il figlio Duccio che muove i suoi passi come cronista dell’occupazione ad un livello di aberrazione e settarismo altissimi).

Ma ci sono anche voci contrarie; la FGCI non sta certo bene e Massimo D’Alema. il segretario, in un’intervista fa autocritica; ci sono dimissioni nella CGIL-Scuola a Napoli, linee diverse in molte città; c’è il professor Asor Rosa che tenta di spiegare, di far capire che queste occupazioni sono una cosa seria e non un problema di ordine pubblico, che consiglia prudenza e possibilmente un po’ di intelligenza. Ma, come si vedrà, non sono queste le posizioni che vinceranno

Il pluralismo va bene ma non per tutti

Siamo all’inizio della settimana; c’è una riunione della segreteria del PCI; ci sono state dure contestazioni al sociologo Ferrarotti e allo stesso Asor Rosa; si sono rovesciate alcune provette all’istituto d’Igiene e c’è una campagna di stampa contro il pericolo del contagio. Titoloni, quasi come per Vallanzasca. L’Unità tra i migliori. Prevalgono i duri, quelli per cui il pluralismo va bene fino a un certo punto, e poi devono spuntare le mani callose. Viene organizzata una prima «spedizione» di attivisti dentro la città universitaria per ristabilire l’ordine, condotta con arroganza e ottusità. Gli studenti la condannano tutti. Il PCI non riesce a crearsi una base di massa e di consenso e allora va alla ricerca di soluzioni cecoslovacche.

Il supporto della stampa mainstream, da Mieli a Bocca

I giornali della borghesia gli danno spago: sul Corriere della Sera, Giuliano Zincone (16 febbraio, terza pagina, grande rilievo) scrive : «siamo vicini all’epilogo dell’occupazione, scontato, inevitabile: gli sprinter del Movimento hanno esaurito le riserve di ossigeno, i maratoneti del PCI avanzano con passo rotondo e regolare, si apprestano a celebrare il trionfo». Il giorno dopo La Stampa di Torino fa eco, prima pagina, apertura, Giovanni Trovati: «impreparato a capire la contestazione del 1968, subito all’inizio degli anni Settanta ha cominciato a lavorare per un recupero e per questo, a differenza degli altri partiti, si è trovato pronto all’appuntamento del 1977».

Potete andare, anche se il giornale della FIAT è in genere materialone, questa volta gli da’ pure il crisma della cultura. Poi c’è il disincantato ex militante di Potere Operaio, Paolo Mieli giornalista dell’Espresso che disserta sugli «indiani» e analizza, a prezzo di saldo, la disoccupazione intellettuale; c’è Giorgio Bocca che sforna il pezzo settimanale vomitando su Mario Capanna, sul 1968, sulla Scala, sulla Bussola. C’è gente che perde il pelo, ma non il vizio. Si era tanto parlato di come i comitati di redazione dei giornali avessero capito che non era più il tempo di «Valpreda mostro» e «la polizia ha trovato l’università piena di preservativi e devastata con scritte blasfeme», ma molti hanno pensato bene di rispolverare il vecchio armamento.

Il sindacato ritira la disponibilità offerta

Nel pomeriggio di mercoledì il sindacato si mostrava disposto a permettere che alcuni compagni dei collettivi parlassero. La proposta appariva insufficiente (pare che il sindacato intendesse tentare una selezione « politica » dei collettivi cui concedere il diritto di parola!) ma andava comunque nel senso di quanto contenuto in due successive mozioni approvate in assemblea dagli studenti. Sta di fatto che all’appuntamento previsto con alcuni compagni a lettere alle ore 21 Misin segretario provinciale della CGIL-Scuola ha pensato bene di non presentarsi rendendosi successivamente del tutto irreperibile. Era chiaro il tentativo intanto di disinnescare la rabbia studentesca e poi di non offrire alcuna contropartita. E così, riflettori accesi su Luciano Lama, arriva il maratoneta con passo rotondo e regolare (1-continua)

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.