Giugno 1977: la campagna Br contro i giornalisti e il black out su Montanelli

1 giugno 1977 Genova. Vittorio Bruno, vice direttore del Secolo XIX di Genova viene ferito a tarda sera alle gambe da un giovane armato di pistola. L’attentato avviene vicino all’ingresso della tipografia. Le Br rivendicano l’attentato con un volantino in cui dichiarano guerra a tutta la stampa.
2 giugno 1977 Milano. Indro Montanelli, direttore del Giornale Nuovo, viene colpito alle gambe da un uomo armato di pistola con silenziatore. L ‘attentatore e un suo complice raggiungono una macchina che li attendeva e fuggono. L’attentato è rivendicato con una telefonata al Corriere d’Informazione dal ” gruppo Walter Alasia” delle Br. A Firenze le auto di due cronisti della “Nazione” sono incendiate con congegni a tempo. L’attentato è rivendicato dalle Brigate Rosse
3 giugno 1977 Roma. Emilio Rossi, direttore del TG l, viene colpito da due giovani, un uomo ed una donna armati di pistola. L ‘attentato avviene in via Teulada a pochi metri dalla sede Rai di Roma. I due giovani dopo aver sparato si allontanano a piedi con un terzo colpice. L’attentato è rivendicato con un volantino fatto pervenire all’ANSA e al Messaggero dalle Br. Nel volantino Rossi viene definito “direttore del più grande giornale di regime”.

Contro la stampa di regime
Così, in rapida successione, si dispiega la campagna brigatista contro la “stampa di regime”, con gli attacchi eseguite da tre delle principali colonne della Br. Mancano soltanto i torinesi. A perenne vergogna, invece, della stessa stampa la vergognosa scelta di “oscurare” il fatto che una delle vittime era il più noto e prestigioso giornalista italiano, Indro Montanelli, all’epoca protagonista di una “scissione da destra” del Corriere della Sera per fondare il Giornale, organo di battaglia anticomunista ben prima che divenisse proprietà di Berlusconi.

Non solo il Corriere della Sera, che aveva dirette ragioni di bottega, ma anche numerosi altri quotidiani. Tra questi la Stampa (a sinistra) che il 3 giugno fa (del tutto volontariamente) un clamoroso “errore”, titolando in prima pagina sul ferimento di due direttori (Bruno e Montanelli) sull’articolo da Milano sulla gambizzazione del secondo, mentre il primo è stato ferito l’1 e in pagina c’è un altro articolo sugli sviluppi delle indagini. Viola così una regola ferrea: non si titola su elementi che non sono presenti nell’articolo. Correttamente, avendo pubblicato il giorno in prima solo un breve trafiletto per l’ora tarda dell’agguato,l’Unità dedicherà la prima pagina a Montanelli, l’apertura della prima di cronaca al “seguito” dell’agguato di Genova.
Fedele al suo personaggio di feroce anticomunista (all’epoca) Montanelli non farà la vittima per poi avviare un dialogo umano con il leader delle Br che gli aveva sparato alle gambe, Franco Bonisoli.
Il brigatista suicida
A sparare a Bruno è un brigatista irregolare, Antonio Fanciullo, detto “Pino”, un operaio già militante di Lotta Continua. E’ prassi della colonna genovese, infatti, coinvolgere gli irregolari nelle azioni armate, con il supporto e la copertura dei più esperti “regolari” (Baistrocchi, Nicolotti, Pianciarelli). “Pino” non è il giovanissimo di 17-18 anni di cui parla il giornalista ferito. Non siamo riusciti a stabilirne l’età ma dalla sentenza Calabresi (a pagina 230) sappiamo che già militava nel maggio 1972.
Il suo nome, infatti, è indicato, in un interrogatorio sul comizio di Adriano Sofri del 13 maggio (quello della presunta “benedizione” ad Antonio Marino) tra i possibili latitanti presenti.
Fanciullo è tra i primi militanti della colonna genovese: è lui infatti a distribuire i volantini di rivendicazione dell’omicidio Coco nella piazza del Carmine, nel cuore proletario della vecchia Genova, dove ha sede l’Autonomia. Un’azione che voleva essere una sfida e invece fu considerata dagli autonomi una provocazione. E’ coinvolto nel blitz di settembre 1980 che parte dalle confessioni di Roberto Garigliano, arrestato il 18 settembre 1980 e ferito per la caduta da un muro nel tentativo di fuga. Si decide a parlare perché commosso dall’umanità con cui lo trattano i poliziotti. Gli arresti cominciano il 24: tra i primi dieci il figlio dell’avvocato Arnaldi, Edgardo, la sorella di un olimpionico di pallanuoto, Clara Ghibellini (estranea alle Br), Gianluigi Cristiani. Il giorno dopo è la volta di Carlo Bozzo, ma quel nome non trapela: ha deciso di pentirsi subito. Farà gran danni. Comunque dai nomi che trapelano Fanciullo capisce che finirà anche lui in galera e si toglie la vita. Lo troveranno cadavare a casa quattro giorni dopo. Questa storia ce la racconta Andrea casazza nel libro “Gli imprendibili”, dedicato alla colonna genovese e pubblicato da Derive e Approdi
Lascia un commento