10.12.81: Br uccidono in carcere Giorgio Soldati (ex PL)
Una delle storie più agghiaccianti degli anni di piombo
Il 10 dicembre 1981, nel carcere di Cuneo, i brigatisti uccidono Giorgio Soldati, un giovane compagno uscito da Prima linea. Stava cercando di entrare nel Partito Guerriglia. Lo fermano, assieme a un altro militante, Nando della Corte, subito pentito, durante un controllo alla stazione centrale di Milano. Nel conflitto a fuoco il napoletano Della Corte uccide un poliziotto, Eleno Viscardi.
Torturato, si affidò ai compagni che lo uccisero
Catturati e portati in questura erano stati sottoposti a violenze. Sotto le botte, Giorgio aveva ceduto e dato qualche informazione. Terminati i pestaggi, aveva ritrattato tutto e chiesto di essere mandato in carcere con gli altri compagni. I magistrati l’avevano irresponsabilmente accontentato e spedito a Cuneo, un carcere speciale. Lì aveva domandato di stare nella sezione dei brigatisti e non in quella dei piellini. Una decisione tragica ma coerente con la sua scelta di campo, in un momento in cui la contrapposizione tra le organizzazioni in carcere era diventata fortissima. Così i piellini avevano rinunciato a difenderlo. Stante il clima, facilmente prevedibile l’esito: il processo e la sentenza, eseguita da alcuni brigatisti. Lui si era limitato a dire: fate presto, porgendo il collo ai suoi aguzzini.
Il padre: meglio morto coerente che traditore
Al processo che si tenne cinque anni dopo, il padre di Giorgio Soldati, Mario si costituì parte civile – come scrisse in una lettera – «non contro gli esecutori, come molte persone si sarebbero aspettate, compreso il PM Giraudo, ma contro lo Stato […]. Mio figlio è stato costretto dallo Stato a collaborare con la cosiddetta giustizia con dei mezzi coercitivi, illegali, poi dato che di quello che ha detto niente è stato messo a verbale, l’hanno mandato nel carcere di Cuneo senza l’adeguata protezione […].
Indubbiamente, la sopravvivenza dei genitori ai propri figli è la cosa più brutta che possa capitare, ma sono sicuro di interpretare anche il pensiero di mia moglie, preferiamo piangerlo morto ma coerente con i suoi principi e la sua moralità, piuttosto che vivo ma traditore o delatore dei suoi compagni, un pentito pagato dallo Stato per tradire i propri compagni con i denari di Giuda». [ Al processo, cinque anni dopo, due leader di frazioni delle Br, dissociati, si assumono la responsabilità del delitto: Giorgio Semeria (Partito Guerriglia) e Vittorio Alfieri (Colonna Walter Alasia), ndb].
FONTE: Sergio Segio, Una vita in prima linea
Paroli: abbiamo fatto cose inammissibili
P.S. Interessante la testimonianza di un componente del “nucleo storico”, il reggiano Tonino Paroli, condannato solo per reati associativi e la fuga di Curcio dal carcere di Casale Monferrato:
Ho un ricordo ancora molto vivido di un compagno, si chiamava Giorgio Soldati, militava in Prima Linea, stava nel carcere di Cuneo e aveva parlato mandando un po’ di gente in carcere. I compagni lo hanno strangolato. Erano gli anni difficili, gli ultimi colpi di coda delle Br, gli anni della disperazione, dove tutto ciò si traduceva in un odio cieco nei confronti dei dissociati. Sono state fatte cose inammissibili in quel periodo, ma mediare a un certo punto diventa difficile, i confini tra l’ammissibile e l’inammissibile divengono sempre più indefiniti. Ricordo che dopo la morte di Soldati suo padre venne in tribunale pieno di rabbia e di dolore. Non accusò i compagni, ma il potere. Accusò lo Stato di aver torturato il figlio e infine di averlo consegnato ai suoi giustizieri.
Lascia un commento