26 marzo 1982: la camorra sequestra Aldo Semerari, professore ‘nero’

Il professor Semarari pronuncia il giuramento di rito durante un processo

Aldo Semerari è stato un personaggio chiave, alla fine degli anni Settanta, di quell’area di confine tra fascisteria, apparati di Stato e organizzazioni criminali. Ne offre un ritratto grottesco e per alcuni aspetti caricaturali “Romanzo criminale”. Qui il professor Renato Sargeni è un ideologo di estrema destra, leader del gruppo Costruiamo l’azione, che, attraverso il Nero, tenta di coinvolgere la banda della Magliana in un disegno politico di disgregazione e di restaurazione dello Stato italiano, a suo pensare debole e pericolosamente esposto ad una svolta in direzione del centro-sinistra. Il primo incontro tra questi e la banda avviene in una riunione tenutasi nella sua villa.

Qui vengono esposte le linee da seguire per le azioni future. Chiede la collaborazione del Libanese e del Dandi per uccidere un magistrato di Firenze. In cambio offre perizie psichiatriche favorevoli, sfruttando la sua professione di psichiatra e la sua posizione di perito medico del Tribunale. Nella vita reale il professore è per un decennio il più autorevole e potente perito giudiziario del Tribunale di Roma, figura di cerniera tra servizi segreti e massoneria, personaggio di spicco dell’ultima aggregazione ordinovista. La sua storia l’ho raccontata nella prima edizione di Fascisteria.

Di traffici pericolosi con la camorra e la massoneria piduista è protagonista un docente universitario, il criminologo Aldo Semerari, da giovane iscritto al partito comunista, da adulto fanatico “nazista” .

La mente nera

La svolta la racconta Corrado De Rosa nella biografia che gli ha dedicato, “La mente nera”: “Avanguardista al crepuscolo del ventennio, poi comunista nella sua Puglia. L’intelligence rossa gli negò però il visto per la Cecoclovacchia dove l’allora giovane medico meditava di trasferirsi. Ripiegò su Roma e virò di 180 gradi. Si ritrovò uomo di destra all’ombra di Fernando Tambroni. Quando, molti anni dopo, lo spogliarono all’ingresso di quello stesso carcere dove era entrato mille volte per lavoro, si accorsero della svastica che si era tatuato. Se avessero frequentato il suo buen retiro a Castel San Pietro, nel reatino, si sarebbero accorti del letto a baldacchino nero con le croci uncinate e dei cimeli fascisti che teneva in bella mostra.

Nel mondo buio delle grisaglie ministeriali, lui si segnalava per il nero ostentato nell’abbigliamento con quel cinturone da Ss e la pistola appresso. Seduttivo e ipnotico, incantava studenti e giudici sciorinando la scienza che gli era arrivata per via indiretta da Cesare Lombroso, allevato com’era alla scuola del successore del Maestro, Benigno Di Tullio”.

La trappola della Nuova famiglia

Perito di parte di Raffaele Cutolo, è attirato in un tranello a Napoli il 25 marzo 1981 e sequestrato la mattina del giorno dopo. Sarà decapitato dopo pochi giorni per ordine di Umberto Ammaturo, compagno della portavoce della “Nuova famiglia”, quella Pupetta Maresca che aveva dichiarato guerra alla Nuova Camorra Organizzata in un clamoroso happening al Circolo della Stampa di Napoli.

Semerari si era affiliato alla massoneria di Palazzo Giustiniani anche se non figurava nel pie’ di lista: iniziato nella loggia Pitagora negli anni ’60, il suo fascicolo era stato avocato alla corte centrale del Grande Oriente e se ne erano perse le tracce. Il gran maestro Gamberini lo mette in contatto con Gelli: da allora la sua è un habitué ai riti di affiliazione alla P2. Il professore è con l’ex deputato missino Fabio De Felice l’eminenza grigia di Costruiamo l’azione, la rivista dell’area che nei suoi leader politici – Signorelli a Roma, Fachini in Veneto – rappresenta la diretta continuità politica e militare di Ordine nuovo.

I rapporti con la Loggia

De Felice è un’altra figura chiave dell’intreccio tra estremismo nero, partito del golpe e P2. Ex presidente della Giovine Italia e poi deputato missino, insegnante di storia e filosofia (tra i suoi allievi nel liceo di Poggio Mirteto c’è Paolo Aleandri, poi suo pupillo) in pensione. A ventisei anni, nel 1953 è gravemente ferito nei tumulti di Trieste e perde una gamba (a sei giovani missini andrà peggio: perdono la vita) e da allora ha bisogno della carrozzella. Aderisce nel 1965 al movimento neogollista Nuova Repubblica, promosso dal leader repubblicano Randolfo Pacciardi, eroe della guerra di Spagna e della Resistenza. Alla fine degli anni Sessanta De Felice è con il fratello Alfredo tra i “cervelli” del partito del golpe.

Da una posizione un po’ defilata Fabio mantiene rapporti strettissimi con l’area ordinovista. Alfredo è redattore unico di Ordine nuovo-Azione. Nell’estate ’75 i fratelli si sottraggono alla cattura nell’ultimo blitz per il golpe. La latitanza di Fabio è di breve durata. Alfredo invece si stabilisce in Sud Africa (dove collabora a Noi Europa, la rivista dei fuoriusciti fascisti italiani che invia soldi ai detenuti “politici” anticomunisti: Batani, Concutelli, Freda, Pozzan, Tuti, Ferro, Spiazzi, tutti di area ordinovista) e inizialmente è proprio per mantenere i collegamenti con il latitante che Aleandri comincia a frequentare la suite di Gelli all’Excelsior.

I racconti di Aleandri

Al professor De Felice Aleandri attribuisce la teoria dell’arcipelago, caratteristica della nuova fase del terrorismo nero, cioè la promozione di una linea politica che avrebbe prodotto intorno a parole d’ordine precise un insieme di azioni armate da parte di gruppi non direttamente collegati con l’organizzazione.

Ecco perché – spiega Aleandri in un interrogatorio – possedere un giornale dove far politica era un punto essenziale del nostro gruppo () Fabio De Felice improntava la sua visione politica ad un freddo realismo: egli era interessato ai luoghi del potere reale e tentava di influenzarli e di inserirvisi anche attraverso la promozione di azioni che gli consentissero tale progetto. In altri termini egli da una parte era contrario alla lotta armata contro il potere, che riteneva velleitaria; dall’altra agiva su due strade, l’uso del terrorismo come strumento che incuteva paura e creava consenso; ma anche un uso strettamente finalizzato alla conquista, mantenimento e stabilizzazione di quelle fette di potere reale a cui De Felice tentava di accedere”.

Il rapporto con De Felice

Fabio De Felice è tra gli arrestati nel blitz del 28 agosto 1980 poi di nuovo nell’inchiesta contro l’area ordinovista e infine è accusato di aver fatto parte della direzione strategica del terrorismo nero – una realtà unitaria al di là del fittizio gioco della proliferazione delle sigle – il cui progetto politico sarebbe stato alle origini della strage della stazione. Dopo lunghi anni di carcere preventivo e di detenzione domiciliare, al processo di Bologna il professore è assolto con formula piena, mentre il pubblico ministero aveva chiesto dodici anni di condanna.

Nelle ricostruzioni dei pentiti De Felice e Semerari costituiscono una coppia fissa. Nella villa del criminologo alla fine del 1977 si svolge il summit di fondazione del gruppo, che ha ai vertici il professore De Felice, il responsabile di Ordine nuovo clandestino, Paolo Signorelli, espulso soltanto l’anno prima dal comitato centrale del Msi, l’alter ego di Franco Freda, Massimiliano Fachini, dirigente del Fuan e consigliere comunale missino fino al 1973 e i responsabili delle rete militamte, Sergio Calore e Paolo Aleandri.

I traffici con la malavita

All’evidente inadeguatezza operativa dei camerati rispetto all’ambizione progettuale pensa di trovare una risposta Semerari: per i “lavori sporchi”ci sono i “bravi ragazzi”della banda della Magliana, una gang metropolitana in ascesa, con la quale è entrato in contatto tramite un cliente: i “bravi ragazzi” sono ben felici di stringere i rapporti con gli amici del “professore”. Lui assicura impunità e condizioni di favore in carcere con perizie fasulle e loro in cambio si rendono disponibili per le necessità del gruppo. A gestire il rapporto è ancora una volta Paolo Aleandri, che rivela una morbosa attrazione per i giochi (e i sistemi) di potere occulto. Altri preferiranno mettersi in proprio, dando vita al MPR.

L’arresto per Bologna

Spregiudicato, pieno di sé, Aldo Semerari non esita a giocare a tutto campo: alla banda della Magliana offre una lista di “sequestrabili” e perizie compiacenti in cambio di attentati da compiere su ordinazione. I “bravi ragazzi” respingeranno le sue offerte, anzi saranno loro a reclutare parecchi giovani camerati, tra i quali alcuni di ClA. Il criminologo resta il punto di riferimento per un giro “alto” di malavita all’ultima spiaggia giudiziaria: anche il boss dei marsigliesi, Jacques Berenguer, quando è arrestato a New York nel 1980, si ricorda del professore romano per ottenere l’infermità mentale.

Dichiaratamente pagano, adoratore del Sole, gran consumatore di fegato crudo in occasione del Solstizio, il professore Semerari è arrestato dopo la strage di Bologna, come componente del vertice unitario dell’eversione nera. In carcere riceve altri provvedimenti restrittivi, per un omicidio commesso da Calore e una fuga di notizie connessa all’uccisione del giudice Amato, il grande “nemico” dell’ultradestra armata. È scarcerato dopo otto mesi, giusto in tempo per assistere allo sfacelo della P2.

Il pasticcio con la Magliana

Intanto Paolo Aleandri si è messo nei pasticci nella gestione di un arsenale affidatogli dai “bravi ragazzi” della Magliana e da lui prestato agli amici napoletani del professore, un clan cutoliano. È sequestrato dalla banda e liberato, grazie alla mediazione di Massimo Carminati. I camerati, per risarcimento, consegnano pistole e fucili (tra cui il MAB che sarà usato per il principale depistaggio sulla strage di Bologna). Questi ultimi, inferociti per il suo comportamento pericoloso e scorretto, decidono di trattenerlo per farsi chiarire i rapporti ambigui con malavita organizzata e ambienti di Palazzo. Alla fine lo liberano e lui ripara al paesello natio. L’episodio è raccontato anche nella saga televisiva di “Romanzo criminale”.

La replica di Aleandri

Qualche anno fa Paolo Aleandri mi ha scritto per contestare questa versione ed offrire la sua testimonianza, che dà sicuramente qualche notizia e si tiene a distanza dal confutare opinioni e giudizi (è una bella testa …). Potete leggerla qui

La trappola di Napoli

La morte di Semerari s’intreccia con uno dei più intricati e sporchi “affari” della storia repubblicana, il sequestro di Ciro Cirillo e la trattativa intercorsa su piani diversi tra Brigate rosse, Democrazia cristiana, camorra e servizi segreti. Il “falso” rapporto di polizia, confezionato dall’entourage cutoliano e fatto pubblicare dall’Unità per depistare le indagini, è in un primo momento attribuito ad Aldo Semerari e considerato la ragione della sua esecuzione. Si scoprirà poi che, banalmente, a costargli la vita è stata la presunzione di poter fare impunemente il doppio gioco tra clan rivali della camorra. Il professore è torturato e decapitato (con un seghetto) nel bagno di casa di uno dei killer più crudeli, Ciro Garofalo.

Il sequestro, la morte

Il 25 marzo 1982 il criminologo arriva nel solito albergo sul lungomare napoletano. Deve incontrare Ammaturo. Gli basta poco per capire che tira brutta aria. La sera telefona a Roma al suo vecchio amico Renato Era, ex presidente dell’Itavia. Amministratore delegato di una clinica, dal dopoguerra collabora con i servizi. Chiede di mandargli un agente per riferire notizie importanti ma il Sismi stacca la spina. Alle 11 di mattina del 26 due individui lo prelevano per accompagnarlo all’ultimo appuntamento.

Il cadavere decapitato è ritrovato a Ottaviano, il paese natale di Cutolo, il 1 aprile. Il giorno dopo la sua segretaria, Fiorella Maria Carrara, è trovata cadavere, uccisa da un colpo di Magnum 357 sparato in bocca. E’ stato classificato come suicidio. Pochi ci credono

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

2 commenti su “26 marzo 1982: la camorra sequestra Aldo Semerari, professore ‘nero’

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