Caso Battisti. Scalzone: Considerazioni ‘a caldo’ dopo un respiro di sollievo

[Nel progetto di pamphlet sul caso Battisti – di cui ho già pubblicato la versione più breve di una lunga intervista a Paolo Caratossidis – un pezzo importante sarebbe toccato naturalmente al contributo di Oreste Scalzone che di quella battaglia libertaria e vittoriosa è stato indubbio protagonista. Quello che segue è una sorta di prefazione, di messa in guardia, secondo il metodo a lui caro, una scaletta di argomentazione ancora in forma abbastanza anacolutica]

Cominciamo dalla fine, dal secondo giorno andando a ritroso, come nei Curriculum. 15 gennaio 2009 “Quando [un] Dio vuol perdere qualcuno, lo acceca…“: sarà un adagio divenuto frusto per l’uso e l’abuso – come quell’altro, “Chi di spada ferisce…”, o i proverbi popolari su apprendisti stregoni, pifferi di montagna, “Chi è causa del suo mal…”. Saranno logori, come qualificativi tipo “kafkiano” o “ubuesco”, ma qualche volta sono perfettamente pertinenti, semanticamente pregnanti e neanche iperbolici, come l’abusatissimo “in-audito” utilizzato a sproposito per cose udite, per déja vu, déja entendu fino alla nausea… Punto uno: basterebbe andare a leggere il letamaio delle reazioni popolari che i siti de La Repubblica, il Giornale, il Corriere della Sera (e non abbiamo guardato altri ‘ridotti’ del “giustizierismo”, nella fattispecie “antiterrorista”, da Libero a L’Unità, & compagnia cantando), per non poter non pensare che essi ‘chiudono il cerchio’, rappresentano un palpitante riscontro alla tesi del pericolo di vita che Battisti correrebbe se fosse estradato.

imagesLa cosa è talmente flagrante, che non mi stupirei se qualche “meta-paranoico” pensasse che queste reazioni sono una ‘fiction’ inscenata ‘dalla nostra parte’, da parte di chi si è battuto contro le estradizioni, da parte di chi ha sostenuto Cesare Battisti, da parte sua: tanto questo coro osceno e briàco conferma le cose di cui si duole quando vengono evocate…

E’ infatti tutto un rutto di white shit, che trasuda puzzo di turba, linciatori da KKK preceduti da forche e urla di “Morte ai negri!“, di SA scatenate al grido di “Morte agli ebrei!“, di teppa di “Cekisti” in senso salamoviano, e roba simile. Non mi si accusi di iperbole, perché è chiaro che si tratta di “cazzimme” da poveracci frustrati, ovviamente anche vili, che vogliono uccidere a parole, si imbrancano anonimi nella turba, esalano passioni tristi malvissute e irrisolte… [Non mi si faccia l’obiezione sulla banalizzazione (epperchénnò, “negazionista”…) di cose ben più grandi, fino ad esser percepite come male assoluto… Perché, tra i berci laidi di questa teppa, uno dei suggerimenti è quello di “fare come con Eichmann” – dunque sono loro che “banalizzano Auschwitz” : forma di negazionismo per comparazione (mah, già…. quello viene, dagli uni e dagli altri, usato e denunciato a corrente alternata : cioè, vi si incorre, e/o ricorre, ad ogni passo, e lo si rinfaccia al dirimpettaio, all’Altro in faccia…quello che la peste “legalista” vieta di chiamare “Nemico” e ingiunge di chiamare “avversario”, che in realtà è concorrente, e che la “propaganda di GuerraSanta e Giusta” rispettiva e reciproca presenta come mostro, dèmone, fuori-dell’-umano …). ]

Punto due: ma, a parte le reazioni, che potrebbero essere accollate a “popolaccio”, “bue”, a “plebaglia” … come le Animebelle-con-puzza sotto il naso a buon bisogno altezzosamente sanno fare, per esportare responsabilità quando vedono ‘maleparate’… – a parte questo, c’è dell’altro. Opinion-Makers e Maîtres-à-penser – e qui parliamo in particolare di quelli di sinistra – si stracciano le vesti, perché il buon nome dell’Italia verrebbe infangato…

Cesare_battistiMa chi ha per anni alimentato una lettura “complottista”, cripto-crato-fòbica, tessuta di paranoia e di razzismo morale, verbalmente “iperterroristica”, grondante non già qualcosa di limpido, come la critica e l’inimicizia, ma qualcosa di buio e abietto… risentimento, demonizzazione, “sotto-umanizzazione”… con un misto di sottoprodotti di padronalità, di razzismo colonialista, di stalinismo e di nazi-fascismi, seppure in sedici…millesimo? Chi è venuto per anni a vociferare, sulle colonne di Le Monde, alle radio, nelle emissioni culturali, di un’ “Italia mai uscita dal fascismo”, di un Paese luogo geometrico di “strategie della tensione”, servizi segreti deviati, scorribande della Cia, tentativi golpisti, stragismi, “piduismi”, mafie, corruzioni, Gladii vari, clerico-fascismi & quant’altro… tutto questo visto come la dominante, come l’elemento più forte che definiva la natura dell’ “Italia del regime democristiano”? Chi ha per anni tirato le royalties di questo tipo di rappresentazione, di questa “scenarizzazione” da disinformacjia kagebista?

Questa ‘vulgata’, noi operaisti, e in particolare noi altri dell’operaismo insurrezionalista di Potere Operaio, l’abbiamo con le unghie e coi denti sempre contrastata, non solo “per amor di veridicità”, di pertinenza critico-analitica (e, direi, di rispetto dell’intelligenza…), ma anche per il suo carattere intrinsecamente contro-rivoluzionario: primo, perché “autoterroristica” e disfattista; secondo, perché non c’è provocazione o repressione che possa essere più efficace e rapida del virus del sospetto generalizzato, della spiegazione di fatti e cose ‘via’ il concatenamento di sofismi paranoici; terzo, perché una lettura del genere consolida l’idea di una impensabilità di qualsivoglia gesto ribelle, di qualsivoglia sommossa o sassaiola, se non come “provocazione” il cui segno è “tutto il contrario”… [come quelli che vociferano “Viva la Resistenza X o Y!!!” eppoi, non appena viene registrato un atto, e non qualcosa di virtuale ; e a scorrere sia emoglobina per davvero, non anilina o simili, trovano che non possono che esserselo fatto “Loro”…]. Questa vulgata, che finisce per suicidare il pensiero critico riducendolo a pensiero-Propaganda (in ciò esaltando una costitutiva subalternità “omologica” in vera e propria concorrenza mimetica, e divenendo un ‘calco’, una grottesca speculare caricatura di procedimenti logico, concetti, “Valori” dominanti), noi l’abbiamo attaccata ogniqualvolta – certo, con perfetta buonafede e migliori intenzioni – qualcuno ha pensato di farvi ricorso per la buona causa, comune, della difesa di qualche compagno/a. Nella fattispecie, abbiamo ritenuto che certi scenari di ispirazione “girotondista” finissero per diventare una sorta di “fuoco amico”

questo perché certa ciurmaglia “giustizierista”, che aveva contrabbandato certi temi all’estero, per esempio in Francia, quando ciò che avevano sparso a piene umani, con una buone dose d’improvvida ingenuità, veniva usato (credendo di far bene, ma sbagliandosi di nemici per difetto, e di amici per eccesso; e non considerando quanto carogne potessero essere certe “fonti” ispiratrici) come argomentario propagandistico a difesa. Ma, ora che essa costituisce un argomento ad abundantiam per un rigetto d’estradizione, non possiamo che dire ai giustizieristi: ben vi sta, tanto peggio per voi! Soprattutto sapendo che – al di qua e al di là di quest’argomento, ce n’è abbastanza per fondare un rifiuto d’estradizione incontrovertibilmente. Oggi, è più che legittimo dire: come? Adesso venite a fare gli offesi perché si parla di mafia, colpi bassi, stragismo, illegalità di Stato e di “poteri forti”? Dunque, di colpo, col solito “contrordine (eppoi contro-contr’ordine, e contro-contro-contr’ordine, e…), ci venite a dire che, non so, “la mafia non esiste”?

E l’articolo 41 bis, allora? Vabbe’ che avete la faccia come… [omissis] e pretendete che venga disconosciuto il carattere di “nemico politico-sociale” a qualcuno a cui avete applicato le aggravanti per reati decretati in sentenza come compiuti “per finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine costituzionale”. Almeno, Cossiga ha scritto a Lula dicendo che per lui noialtri siamo stati del “delinquenti politici”, magari “criminali” o “terroristi”, ma che, certo, è indecente pretendere adesso che si sia trattato di “delinquenza detta “comune”, cioè endemica, ordinaria e privata, per fini utilitaristicamente “privati”!

[Certo, qualcuno che vuol fare il sofisticato può dire che, al fondo, sotto a tutto, nei ‘sottobasamenti’, nei territorî per lo più inconfessati e il più spesso insospettati, al di sotto del livello cosciente, giocano sempre delle “economie politiche”, “economie libidinali”, in cui, a quello che in altre economie è percepito e dichiarato come “utile”, “utilità”, corrispondono “beneficî secondarî”, e che dunque sempre c’è un “interesse privato”, privatissimo, anzi più profondo ed intimo… Ma questo vale anche – anzi, soprattutto, per santi, martiri, eroi – e allora? Allora è solo occupandosi degli esiti, valutandone con l’arma della critica la natura, che si può evitare di perdersi in un gioco di scatole cinesi, in una vertiginosa matrioska d’illazioni, a proposito di intenzioni, di rivendicazioni di “razionalità” e diagnosi di “razionalizzazioni” in senso clinico, di ragioni o delirî, di meta-delirî, buonefedi e false coscienze… , per cui cui ogni giudizio è illazione, permutabile, in un gioco di “vero”, verosimile, falso, falsovero…].

La forma, la fase, della penalità dell’Emergenza, si legittimava su uno “stato di necessità” sociale [“la necessità fonda la legittimità“, come teorizzava Santi Romano attorno al terremoto di Messina e alle misure eccezionali che – pretesto e/o “psicosi” per gli uni, necessità razionalmente motivata per gli altri – venivano decise]. L’extra- o anti-giuridismo (nel senso della messa in mora, sospensione o stravolgimento, restrizione, cancellazione di criterî, procedure formali, “regole”, forme di autolimitazione della forza per poter fondare e rifondare la prerogativa dello Stato a detenerne l’uso “legittimo” in regime di monopolio, per poter sacralizzare-naturalizzare e in qualche modo rendere tanto più invisibile quanto più vigente la forza di coazione, di controllo, di repressione, di punizione, di distruzione di parte istituita, istituzionale) dell’Emergenza, nella forma giudiziaria innanzitutto e in ultim’analisi, che si fa ‘Governo’ , del suo essere “stato d’eccezione” non dichiarato, non limitato nello spazio e nel tempo, senza linea d’inizio né di fine, senza uscita, eccezione sfacentesi regola, regola normalmente eccezionale, specialità ordinaria… […], si autodecretava legittima ponendosi come incarnazione di un interesse sociale leso, ponendo la “Ragion di Stato” come forzosamente coincidente col “Diritto”, emettendo sentenze – con tutto il grado si mi[s]tificazione “in nome del “Popolo sovrano” …

Ma si è passati poi ad una fase e forma ulteriore e formalmente, in punto di logica, opposta : mettendo al centro come sorgente del “Diritto penale” la parte lesa – cioè comunque una parte privata, che nella pregressa architettura processuale e penale in genere (in norma, in dottrina, in giurisprudenza) era limitata, “accantonata” in luoghi, ruoli, facoltà rigorosamente limitate […] –, si finiva per chiudere un circolo vizioso. Una volta teorizzato un “diritto/dovere assoluto” dei rappresentanti “le Vittime” ad esigere l’individuazione di colpevoli, la loro punizione massima, sistematica, certa, senza fine, pena l’impossibilità di elaborare il lutto e dunque la realizzazione di un crimine continuo e crescente, le conseguenze diventavano vertiginose. A rigore, si dovrebbe reintrodurre – se si deve sempre individuare e designare un colpevole – il capro espiatorio, con in più (come nota René Girard) la sua stigmatizzazione come colpevole, dentro l’ibridazione di codici con quello della dialettica dell’innocenza e della colpa, della Vittima e del carnefice.

A rigore, si dovrebbero trarre le conseguenze formali, e cancellare dalle Costituzioni e dalle norme istituti come l’amnistia, l’indulto, nonché la prescrizione – innanzitutto quella della pena ; nonché l’onere della prova e quant’altro ancora… […]. Forse più ancora – o comunque in sinergia con essa – che la vertiginosa applicazione di un’escalation di controllo, di sorveglianza, come forme di prevenzione spinte dal nefasto delirio di un in attingibile “rischio-zero” (quello che si usa chiamare psicosi securitaria, sorta di delirio fobico in larga misura provocato come forma di “populismo penale”, nel grumo di demagogie del mercato integrato politico/spettacolare), non può che arrivare a degli esiti da incubo una tossicomania punitiva che in parte è, con abietta majeusi, “pescata” dai viscere dell’umano, troppo atrocemente umano, e in parte è instillata, “fabbricata” dall’esterno, ‘dall’alto’… [Nota : su questo punto – in particolare su una rivelatrice estrapolazione al limite, oltre il paradossale e l’estremo, compiuta a fini euristici, del discorso sulla “certezza della pena” ; sul mercato – che inevitabilmente tende al massacro – vittimario, punitivo, memoriale col suo gioco di “patriottismi” all’unisono, di egotismi “eguali&contrarî epperciostesso dannati ad essere l’un contro l’altro armati in un avvinghiamento ‘a morte’, per Coppie di manicheismi speculari – anche semplicemente noi abbiamo scritto e riscritto, detto e ridetto… Se qualche persona tra gli eventuali “nostri 16 lettori” dovesse essere interessata al ragionamento, non ha che da chiederci di inviarle dei testi]

Punto tre: vogliamo concludere questo “preambolo” con un giudizio sferzante, e di sfida. Non solo il coro orrendo e osceno che emerge da orridi bassifondi e sottosuoli antropologici, ma anche e soprattutto l’accanimento, crescente, vendicativo, anomalo, che la “società politica” nella sua quasi interezza, nonché i piani alti della cosiddetta “società civile” che allo Stato è articolata, che si pone come interfaccia fra esso e la società, ogni giorno conferma quello che è un fumus persecutionis che ogni minacciato d’estradizione può accampare.

Non si tratta della parola di qualcuno contro la parola di qualche altro: è che, nel farsi di questo stesso contenzioso, che sono “LorSignori” che danno la prova che il diffidarne è fondato. “Incaprettatisi” da sé, se continuano non possono che scavarsi la fossa : più continuano, più danno la prova di una necessità di mettere i dispositivi che costruiscono, in quarantena. Né varrà dire che chi in quarantena li tiene, magari contro il suo proprio “nemico interno” fa come, se non “peggio”, di loro: che non sanno che questo è un discorso spuntato? Che è della natura di ogni Stato, quando è in gioco una sua facoltà e prerogativa sovrana, esigere dall’altro ciò che lui stesso vïola ? Il loro guaio, è che loro hanno conosciuto un’onda d’urto, un lungo periodo di latenza insurrezionale (che qualcuno ha chiamato “piccola guerra civile strisciante, di bassa intensità” ), e che non avendo dato ad essa un esito “classico”, quello di una soluzione politica amnistiale, si condannano ad essere questuanti. Non essendoci simmetria e reciprocità, gli altri, i numerosi “Paesi richiesti”, quanto più loro torneranno alla carica, tanto più gli risponderanno “picche”… Credo si possa dire che ci si può contare.

[testo parzialmente editato da umt]

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