Caso Ramelli: cinque anni dopo, ancora sull’impossibilità di un confronto a tutto campo

Il giudice Salvini, concludeva il suo intervento sul ‘caso Ramelli’ con una considerazione che io condivido. Bisogna parlare con gli altri, mica con i propri simili …

Dal punto di vista politico invece, anche se non è la sede per dare lezioni, la presa di posizione “repressiva” del Sindaco, ragionare cioè solo in termini di divieti e non di dialogo, muove da un presupposto, anche se inespresso. Quello per cui le idee della destra, quella in particolare che ormai più che fascista, anche se in stretta continuazione con il fascismo, più precisamente si dovrebbe definire etno- nazionalista, non siano “politica” ma solo un problema criminale con cui non vale la pena di confrontarsi. Una posizione molto poco illuminista, un po’ retrograda, molto comoda e a lunga scadenza nemmeno redditizia. Quella posizione per cui si parla con i propri “simili” senza comprendere che sono gli “altri” con cui si deve parlare, se si hanno argomenti, per convincerne, e con fatica, magari anche un solo. Meglio avrebbe fatto il Sindaco, con una scelta etica e politica più alta, e proprio in previsione della tensioni e per disinnescarle, a decidere di recarsi il 29 aprile, con la fascia tricolore, sul luogo ove Ramelli è stato ucciso per tenervi una anche breve commemorazione.

Io, nel mio piccolo, ci ho provato, ma ho dovuto registrare un sostanziale fallimento. Tiro quindi fuori dall’archivio della memoria e ripropongo qui una storia vecchia cinque anni e mezzo (settembre 2008):

PERCHE’ PREFERISCO FARE UN PASSO INDIETRO

Poiché è impensabile che io possa partecipare a un dibattito segnato dalla stigmatizzazione antifascista e non ho alcuna intenzione di favorire l’innesco di deja vu + o – drammatici,  ho deciso di annullare la mia partecipazione a entrambi gli appuntamenti, oggi a Milano, domani a Torino. Vi invito a diffondere le mie motivazioni nelle forme e nei modi che riterrete opportuni.

A torto o a ragione (ma senz’altro, rivendico, “con purezza di cuore”, come suol dirsi) pratico da vent’anni l’esercizio difficile, più o meno riuscito, di un ‘viaggio antropologico’ nei territorî esistenziali , oltre che socioculturali, del cosiddetto radicalismo di destra, cioè di quella che ho chiamato, nel titolo del mio libro più noto Fascisterìa.

Ho pensato che, se “la verità è rivoluzionaria”, capire è la prima cosa da fare, ben più emancipatrice che il gioco delle identità e appartenenze, dell’esibizione della propria moralità pubblica, in una sorta di estetica dell’indignazione.
Ho provato a camminare su un’asse d’equilibrio sottile come il filo di un rasoio: tra una ostilità costitutiva ai fondamenti ideologici dei fascismi, e l’inevitabile quota di empatia e di rispetto che si stabilisce con la persona che è oggetto singolare, esemplificativo della propria ricerca; tra una pratica di resistenza irriducibile e l’estraneità rispetto a un antifascismo che si fa “Vulgata”, regime spirituale, religione civile, e funziona sempre più come “prodotto di sostituzione” della radicalità critica di ogni “ricerca”, ho creduto di poter articolare cosi i termini della contraddizione, come dire, ‘logico-passionale’.
Evidentemente l’esercizio non era possibile, o superiore alle mie forze e capacità. Prendo atto che, per un concorso di elementi che entrano in sinergia, un dibattito, una ricerca sui bordi di questioni brucianti non è possibile. Non esistendone le condizioni, vi rinuncio, e ritengo di annullare la partecipazione alle pubbliche riunioni di presentazione del mio libro, in programma oggi a Milano con il “comunista” Scalzone, domani a Torino con i “fascisti” Adinolfi e Murelli.
Se esse devono servire a offrire la controprova di una coazione a ripetere riti di altre stagioni, meglio non tenerle.

Alla nota seguì un’intervista con Mia Grassi dell’Adn Kronos in cui contestualizzavo la vicenda:

Da giornalista e scrittore con una storia politica ben precisa di sinistra, e un passato nell’Autonomia Operaia – dichiara Tassinari all’ADNKRONOS – ho svolto per anni un’approfondita indagine sul mondo della destra radicale del nostro paese, nelle sue molteplici espressioni, e vicende culturali, politiche, storiche. Durante questa ricerca, compiuta con la distanza delle mie idee e convinzioni rispetto a quell’universo e allo stesso tempo senza demonizzazioni, ho creato anche una rete di rapporti umani abbastanza solidi con rappresentanti di quella realtà. Questo è il quadro psicologico in cui mi trovavo quando abbiamo organizzato i due incontri di Milano e di Torino. E’ poi successo che a Torino gruppi di antifascismo militante abbiano organizzato presidi, manifestazioni e scontri con le forze dell’ordine contro questa iniziativa, scimmiottando e riesumando un clima da anni ’70 di contrapposizione violenta e ideologica, come purtroppo accade sempre più spesso oggi”.
“In tale contesto – prosegue lo scrittore – partecipare all’incontro mi sembrava gettare benzina sul fuoco, e mi è sembrato corretto rinunciare anche all’appuntamento di Milano: scegliere solo uno dei due incontri mi sembrava un atto vile. Io ho una concezione alta della politica e del confronto, e voglio un dibattito aperto e sereno su queste tematiche, anche per una piena comprensione e conoscenza del fenomeno della destra ‘radicale’. E’ un compito assai importante nell’Italia di oggi, nella quale la destra e i suoi temi forti, a partire da quello della sicurezza e della paura dell’invasione di ‘clandestini’, sono assolutamente egemoni, capaci di dettare l’agenda politica quotidiana. Esiste una destra di governo estremamente forte, che la sinistra riesce solo a inseguire, perdendo puntualmente su quell’agenda. Tuttavia mai come ora la ‘destra radicale’ è debole, ridotta al lumicino”.
“Sorrido se mi si dice che nel nostro paese esiste un pericolo neo-fascista – aggiunge Tassinari – Anche le manifestazioni violente e criminali più diffuse oggi non sono attribuibili a un’azione politica di forze di estrema destra: si possono ricondurre a motivi quali la xenofobia e il sessismo, come accade nella mia Napoli, città che era famosa per la sua ‘temperatura profondamente umana’, ma non a specifiche identità politiche di destra radicale. Di fronte a tutto questo l’estrema sinistra, traumatizzata dalla disfatta elettorale, marginale e incapace di iniziativa, si ancora a logiche identitarie: da un lato quella giustizialista, e dall’altro riesumando l’antico totem dell’antifascismo militante. Sono logiche del tutto inadeguate alla battaglia politica e culturale che una vera sinistra deve intraprendere, studiando, lavorando e intervenendo nel cuore della società odierna. Sono passati 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino, e abbiamo avuto radicali mutamenti, anche sul piano istituzionale e politico in Italia: è mai possibile che oggi dobbiamo resuscitare questa vecchia contrapposizione fascismo-antifascimo?”.

 

 

Ugo Maria Tassinari è l'autore di questo blog, il fondatore di Fascinazione, di cinque volumi e di un dvd sulla destra radicale nonché di svariate altre produzioni intellettuali. Attualmente lavora come esperto di comunicazione pubblica dopo un lungo e onorevole esercizio della professione giornalistica e importanti esperienze di formazione sul giornalismo e la comunicazione multimediale

1 Comment on “Caso Ramelli: cinque anni dopo, ancora sull’impossibilità di un confronto a tutto campo

  1. I due eventi di ieri a confronto :
    cosa è che distingue i due cortei , le due mobilitazioni di ieri ,
    le due visioni del mondo l’una dall’altra ?

    Semplicemente “la forma”.

    Da una parte la testimonianza assoluta, immobile, perfetta, ordinata, sacrale , rituale, priva di qualsiasi odio ma colma traboccante di Amore Solare …

    D’altra l’atteggiamento disordinato, rancoroso, mutevole, vendicativo, scomposto, plebeo, assolutamente scarso di contenuti ma soprattutto “di forma”, vecchio nello stile e nella partecipazione. Si fiuta subito il tanfo della stessa borghesia milanese finta-proletaria e radical-chic che uccise Ramelli, da come si muove, da quello che dice, da come si pone.

    La stessa trama sacrale del corteo di ieri a Milano per onorare i camerati caduti, è leggibile nella ricorrenze della morte di Juan Ignazio Gonzalez in Spagna, di Sébastien Deyzieu in Francia di Manolis e Yorgos in Grecia . Non esiste mai un nemico assoluto o eterno, non esiste il male, esiste invece il senso della tragicità innata nella nobiltà di chi muore combattendo. L’Iliade eterna ….

    La stessa scompotezza e la stessa rancorosità falsa ed inacidita è presente da sempre in tutte le mobilitazioni anti-fasciste , fatte solo di avversione per “un nemico assoluto e totalizzante” e colme di vendetta, e ovunque si pongano purtroppo nella stessa orribile maniera: senza forma , senza senso, senza sacralità.

    Tutto questo fà la vera differenza : che è la vera DIFFERENZA ESISTENZIALE, ANTROPOLOGICA, “RAZZIALE” ancora prima che dottrinaria ed ideologica.

    E per questo che molti ci odiano, e per questo che molti ancora ci temono . Percepiscono il senso di un ‘assoluto irrazionale’ che squarcia, che irrompe dentro la grigia realtà , qualcosa che non si puo’ controllare , che affascina e terrorizza allo stesso tempo, e che sfugge alle categorie della secolarizzazione politica e religiosa …

    Osservare, riflettere ….

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